Lo sguardo è sempre quello, la stretta di mano – una tenaglia – pure, per non parlare del piglio sempre vivace. Giusto i capelli sono un pizzico meno scuri e più radi rispetto a un tempo, rispetto a quella notte stellata – era l’11 maggio del ’99 – in cui gli incorniciavano il volto insieme a una barba folta che, oggi, è appena accennata.
Oggi, appunto, è il giorno in cui Andrea Meneghin compie cinquant’anni e fa una certa impressione scriverlo, dirlo, leggerlo, vista la sua indole da eterno guascone, il suo abbigliamento quasi sempre informale (domenica ha condotto la telecronaca della finale di Coppa Italia indossando una t-shirt con l’effige del fantozziano Geometra Calboni), la battuta sempre pronta che, però, nulla toglie alla grande competenza con cui il Menego racconta le partite di basket.
Ma se oggi Andrea è una delle voci più apprezzate dei canestri italiani, c’è stato un tempo in cui ha letteramente dominato il gioco in Europa. Arrivato giovanissimo in Serie A (esordio: 23 settembre del 1990), portando sulle spalle un cognome che lo ha messo fin da ragazzino sotto i riflettori, Meneghin si è poi guadagnato uno spazio di primissimo piano nel basket italiano. Risulta quasi inutile ricordare la scalata dei Roosters fino allo storico decimo scudetto del ’99, tanto fu l’impatto di quella squadra sul campionato italiano.
Un impatto che venne poi proiettato sull’Europeo successivo in Francia nel quale Meneghin fu altrettanto protagonista: come per Varese, Andrea non era la prima punta della squadra né, a un occhio meno attento, il giocatore più appariscente. Ma la sua capacità di dominare in difesa, colpire in attacco, accettare ogni cambio di marcatura, tirare da fuori o andare al ferro fu decisiva sia per i Roosters sia per gli Azzurri. Che quella volta vinsero la medaglia d’oro.
Purtroppo, a limitarlo in campo, non furono gli avversari ma i problemi fisici emersi già nella sua esperienza alla Fortitudo Bologna: i guai alle anche lo hanno costretto a un ritiro anticipato dopo gli ultimi, godibilissimi, sprazzi con la sua Varese. Andrea, sposato con due figlie, è transitato dalla panchina e poi ha trovato la sua collocazione con il microfono e le cuffie da “spalla tecnica” su Eurosport-Dmax ma resta un simbolo per una generazione di varesini figli – ognuno a suo modo – dell’epopea della Ignis che con i Roosters del Menego hanno vissuto l’ultima, indimenticabile, pagina di gloria sotto canestro. Auguri Andrea.
Damiano Franzetti
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