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Tutto come previsto. I miracoli sono merce rara e a Varese sono già accaduti quest’anno in un paio di occasioni: impensabile ripetersi contro una Trento prima in classifica troppo solida per poter essere abbattuta, ma anche solo impensierita, da questa Varese. Brutta e deludente proprio come ci si attendeva, appena un po’ migliore di quella del tutto disastrata scesa in campo con Brescia e Milano ma tant’è, il discorso non cambia.

Basta una accelerazione, alla Dolomiti Energia, per separarsi dalla Openjobmetis: sul finire del secondo quarto (come a Milano) gli ospiti si scrollano di dosso i biancorossi – fino a quel momento alterni ma accettabili – e poi li tengono a distanza fino al 40’ (finisce 79-92) senza doversi mai spaventare.

Chi si spaventa, una volta di più, siamo invece noi, e “noi” è inteso tutto il pubblico varesino, la gente che per questa maglia soffre, paga il biglietto, spende del tempo e ormai ci rimette anche un bel po’ di salute. Si spaventa chi capisce il momento, chi sa che al di sotto c’è il baratro. Chi mai si sognerebbe di dire che «la squadra ha lottato e deve continuare a lavorare»? Parole completamente avulse dalla realtà che però provengono dalla bocca di chi, da diversi mesi dovrebbe trovare le soluzioni allo spettacolo imbarazzante che da un mese si vede sul parquet: Herman Mandole. Che commenta la partita come se nulla fosse invece che parlare con il terrore negli occhi come farebbe chiunque, in questa condizione.

Invece no: il dopo partita sembra quello di una serata qualsiasi, come se prenderne 13 (o 20, o 40) in casa fosse una cosa normale. È incredibile, ma paradossalmente si preoccupa molto di più l’allenatore avversario (Paolo Galbiati, commosso nel parlare della sua ex squadra) della situazione dell’Openjobmetis rispetto all’attuale titolare della panchina. Che non fa retromarce (non c’erano dubbi) né si scusa (non c’erano dubbi) dicendosi tutt’al più dispiaciuto per il pubblico. Che non lo ha risparmiato.

E se alla vigilia i proclami di lotta e di difesa sono stati i soliti, in campo c’è stato davvero poco da salvare. Tyus stato è di gran lunga il migliore mettendo così a nudo lo squilibrio di ogni quintetto con all’interno Kao ma il veterano è stato il solo straniero a salvarsi. Gli altri vanno dal male al malissimo e questo non è accettabile: Sykes passeggia, Hands e Johnson sbagliano tutto lo sbagliabile e a tutti pare che verso l’allenatore ci sia sempre minor fiducia dentro alla squadra. Ma Mandole nega. E Scola – che ha lasciato la sua postazione a 6′ dalla fine, pur restando al palazzetto – preferisce non esporsi a fine partita come dovrebbe fare un graduato responsabile di questa squadra. Figuriamoci un Generale.

PALLA A DUE

Il tentativo di risparmiare Mandole dai fischi – chiamarlo prima, e non dopo i giocatori – fallisce perché il tecnico viene preso di mira dal momento in cui mette piede sul parquet. A livello di squadre è Bradford l’escluso mentre Sykes parte dalla panchina con Librizzi che resta titolare. Trento recupera Zukauskas (ma ha perso Baheye) e si affida a uno starting five con Ellis a menare le danze e Mawugbe sotto i cristalli. Applausi per l’ex Paolo Galbiati.

LA PARTITA

Q1 – L’avvio della serata sembra il seguito delle partite recenti: Trento ci mette un amen a salire a +10 perché a ogni attacco segna, al primo o al secondo tentativo. Mandole stavolta ferma subito il gioco ma per qualche attimo sembra non arrivino reazioni. Invece i soliti Librizzi e Alviti suonano la carica, c’è anche Gray a segnare dall’arco e sull’unica tripla di Hands la OJM sorpassa. Peccato per un errore di Tyus e per il pareggio, 25-25, alla pausa.

Q2 – Pur tornando sotto nel punteggio, quelli a cavallo del primo intervallo sono i migliori minuti dell’ultimo mese per la Openjobmetis che ha in Alviti il leader dell’attacco (spettacolare tripla del -6), a mascherare le assenze della pattuglia americana dove il solo Tyus garantisce rendimento. Trento per un po’ fatica ad attaccare ma poi, quando Ford detta legge e Zukauskas raddrizza la mira dall’arco, si scava il solito solco senza che i biancorossi trovino contromosse. A fine periodo il conto dice 13-27 (38-52 il totale) per gli ospiti con Hands e Johnson che non ne imbroccano mezza.

Q3 – Una minima reazione nei modi, al rientro dagli spogliatoi, non corrisponde a risultati palpabili sul tabellone per la Openjobmetis che inizia una lunga e vana rincorsa senza particolare ferocia. Librizzi fatica a segnare ma alimenta bene un Tyus lucido e preciso, poi finalmente si vede Nino Johnson che dopo gli zero punti dei primi 20′ ne infila 7 consecutivi. Lo sforzo riporta Varese a -10 ma due giocate di Ford e qualche sbavatura biancorossa rimettono subito il distacco su piani più pesanti. Alla terza sirena è 57-74, partita virtualmente finita.

IL FINALE

L’elastico prosegue nel quarto conclusivo: Galbiati ruota i suoi (ma sono tutti giocatori che valgono minuti importanti), Mandole pure ma le poche risposte positive sono quelle dei soliti Alviti e Tyus imbeccato da Librizzi. Per il pivot anche 18 rimbalzi, ma Varese perde ugualmente anche in questa statistica. Nel finale minimo riavvicinamento mentre gli ultras se ne vanno e con loro tanti altri tifosi normali, stufi di questa situazione. Poi, alla sirena del 79-92, ecco un boato di disapprovazione bissato da quello sull’uscita dal campo di Mandole. Chissà se Scola, dal suo ufficio, li ha sentiti.

Damiano Franzetti


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