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VareseFansBasketNews

  • simon89
    L’Openjobmetis riavvolge il nastro tornando alle difficoltà del mese di ottobre. Ma dopo 10 giornate, i limiti rimessi a nudo da Brescia e Cremona - pur con l’attenuante della perdita del collante McDermott, sono ormai palesi.
    Sterile procedere ora alla “caccia al colpevole”, rinviando a maggio 2024 l’analisi di cosa non ha funzionato nella catena di comando e delle decisioni. Se i problemi sono chiari, si cerchino le soluzioni: e a farlo deve essere solo Luis Scola. Che in estate ha delegato molto (troppo?), ma ora deve dettare la rotta per uscire dalle secche della zona retrocessione.
    SISTEMA E GIOCATORI
    L’OJM in crescita vista contro Sassari, Napoli e Scafati era in gran parte il riflesso delle difficoltà altrui (Dinamo) o dell’indole non “distruttiva” delle difese avversarie. Appena Varese ha incontrato una squadra aggressiva (Brescia) o una squadra tattica (Cremona) sono riemerse carenze evidenti. Che ci azzecca questo roster, senza un atleta che salti l’uomo, con un sistema che in attacco prevede di attaccare il ferro come prima soluzione, e le triple come seconda, ed in difesa di sopperire alla taglia fisica limitata con l’aggressività e l’atletismo? Il 2022/23 ha dimostrato che l’algoritmo funziona alla grande, se hai i giocatori adatti per metterlo in pratica.
    Nel 2023/24 il sistema è rimasto lo stesso, ma sono cambiati gli interpreti, molti dei quali inadatti a quello stile di gioco. E l’OJM attuale tiene fede ad una regola base dell’informatica: “Garbage in, Garbage out”. Il computer elabora in modo acritico i dati inseriti: se sono sbagliati gli input...
    COACH ALL’EUROPEA
    Sul banco degli imputati il primo chiamato dai tifosi è Tom Bialaszewski, per la mancanza di gioco offensivo ed identità difensiva della squadra. Sulle quali però il coach di Buffalo ha margini di intervento alquanto ristretti, dovendo rispettare i rigidi vincoli tecnico-tattici imposti dall’algoritmo. Se il sistema è inadatto ai giocatori, si provi a cambiarlo proponendo una svolta con un allenatore all’europea, con schemi che prevedano l’uso del gioco spalle a canestro per Cauley-Stein, e di una tattica difensiva con scelte “ad personam” sulel caratteristiche degli avversari, evitando i cambi sistematici sui blocchi e reintroducendo zona e raddoppi. Così avrebbe senso cambiare guida tecnica; ma se per Scola l’algoritmo è un dogma di fede, non è una soluzione praticabile.
    SI INTERVENGA SUL ROSTER
    Se il problema di fondo è che Varese ha scelto giocatori inadatti al suo sistema, le soluzioni disponibili sono solo due: o si cambia il modulo, o si cercano correttivi più adatti alla sua filosofia, per renderla maggiormente applicabile rispetto alle criticità attuali. Rinnegare l’algoritmo sembra fuori discussione, dunque si torna al discorso mercato: il correttivo James Young non sembra in alcun modo risolutivo, anzi in realtà - per l’urgenza di operare e la rigidità dei vincoli di bilancio - la prima cartuccia, per quanto di piccolo calibro, è stata utilizzata piuttosto male.
    Ma senza un esterno che salti l’uomo, creando vantaggi per i tiratori e aprendo spazi per Cauley-Stein, l’OJM attuale è un’automobile senza spinterogeno: la scintilla non scocca e il motore non gira. E questo è il problema primario da risolvere, che alleni Bialaszewski, Legovich, Mandole, Sacchetti o Vattelapesca.
    Giuseppe Sciascia

  • simon89
    IL COMMENTO DI DAMIANO FRANZETTI
    In una delle più celebri puntate del telefilm Happy Days – ci scuseranno i lettori più giovani – il mitico Arthur Fonzie Fonzarelli, il personaggio più amato e popolare, non riusciva a pronunciare la frase «Ho sbagliato». Non che non ci provasse, ma dopo un paio di «Mi sono sbbbuhm… mi sono sbbbbmm…» se ne usciva con «avevo le idee un po’ confuse», in modo da evitare le parole tanto odiate.
    Ecco, dopo la settima sconfitta in dieci partite di campionato, alcune in formato mareggiata (quella su Brescia prima di tutte), forse è giunto il momento che anche Luis Scola si sforzi come Fonzie e pronunci quella frase, «Mi sono sbagliato» indirizzandola alla costruzione della Openjobmetis 2023-24.
    Intendiamoci: il progetto complessivo che il Generale ha pensato per la Pallacanestro Varese rimane, secondo noi, una perla. La base giovanile allargata, l’ottimizzazione delle strutture, lo sfruttamento commerciale futuro del palazzetto, la squadra di sviluppo in Serie B, la fidelizzazione e il coinvolgimento del pubblico, i risvolti sociali del basket cittadino sono tutte idee eccellenti, da portare avanti con convinzione.
    E anche quel modo di giocare scelto seguendo i dettami di Daryl Morey e indirizzato studiando le statistiche avanzate è una pensata molto interessante e piacevole, come ha dimostrato la scorsa stagione.
    Quel che in questo momento non funziona però è la squadra che sta disputando la Serie A. Un complesso di giocatori che – ormai sembra evidente – con quel gioco frizzante, rapido, fatto di scelte nette ma vincenti c’entra davvero poco. Manca un costruttore di gioco (che fosse Ross o De Nicolao, poco avvezzo al tiro ma bravo a mettere in ritmo gli altri), mancano esterni che sappiano saltare l’uomo in uno contro uno creando vantaggi e costringendo ai raddoppi la difesa, manca quella fisicità non debordante ma che permetteva di cambiare marcatura senza i patemi visti fino a oggi.
    Troppi errori di costruzione del roster ma anche troppi azzardi: perdere in poche settimane tutte le figure di riferimento – l’allenatore (per scelta, esecrabile, altrui), general manager, primo assistente e capitano – ha tolto tutte le basi su cui si era fondato il progetto. “Tutti sono importanti, nessuno insostituibile” è una frase comprensibile e condivisibile, ma non quando tutti i pezzi vengono sostituiti in un colpo solo. E avere messo a capo della panchina un allenatore 1) esordiente da head coach 2) con poca esperienza italiana 3) senza la personalità necessaria, è stato un azzardo ulteriore che il General ha voluto imporre. Libero di farlo ma oggi, a inizio dicembre, Varese si trova poco sopra la zona retrocessione, in crisi tecnica e con giocatori che rendono molto poco rispetto alle attese. Un quadro che sembra quello di 24 mesi fa, quando alla guida c’era Vertemati e i risultati, la squadra e l’ambiente erano altrettanto depressi.
    Quella volta Scola azzeccò tutte le mosse a costo di svuotare la squadra (che non aveva fatto lui) e riempirla di nuovi interpreti, vincendo ogni scommessa. Oggi bisognerebbe percorrere una strada simile, ammettendo l’errore (non come Fonzie) e reagendo con forza e intuito. La prima mossa (Young) non ha convinto ma c’è tempo di rimediare. Prima che sia troppo tardi.
    PS: no Luis, chiudere le porte degli allenamenti ai tifosi non ha migliorato la squadra.
    Damiano Franzetti

  • simon89
    IL COMMENTO DI FABIO GANDINI
    Si rischia di morire di invidia, ultimamente, a Masnago. 
    Un paio di scommesse azzeccate (Zegarowski e Golden, classe 1998) messe vicino però (e fa tutta la differenza del mondo) a giocatori di esperienza (Pecchia, Lacey, Zanotti, Adrian…) e a stranieri che conoscono il basket europeo (Mccullogh). In panchina un allenatore che può dettare un gioco - semplice, efficace, onesto: nessun apparente “obbligo di sistema”, nessuna pericolosa pervicacia su idee che non funzionano sul breve e medio periodo. Al loro posto duttilità, creatività da contadini del basket (ed è un complimento), visioni che non vanno oltre qui e ora (ed è un bene, talvolta).
    Ah già, anche un budget che sarà forse superiore a quello di Varese - sinceramente non lo sappiamo - ma di certo non assomiglia a quello di Paperon dei Paperoni.
    Vedi Cremona e pensi: perché Varese no? E la risposta viene prima dei fischi e delle aggressioni verbali a Bialaszewski e a Cauley-Stein, frutto di un’adrenalina che non vede che in un rapporto di causa-effetto le disgrazie hanno una paternità più certa.
    Proviamo una grande empatia nei confronti dell’attuale allenatore della Pallacanestro Varese. Metterlo in discussione alla settima sconfitta in campionato è legittimo dei costumi nostrani e lo faremmo a cuor leggero anche noi, ma solo se qualcuno prima ci spiegasse due o tre cose. 
    Ci spiegasse per esempio perché è stata costruita una squadra che non è in grado di giocare il basket che si vuole giocare, in quanto mancante dei presupposti che c’erano lo scorso anno. E allora uno non può essere uguale a uno.
    Ci spiegasse perché è stato scelto un centro che non vede un pallone in attacco (oggi due tiri dal campo per Cauley-Stein…), difende non più di due azioni a partita e approccia ogni impegno agonistico con timore e sonnolenza. 
    Ci spiegasse perché non è stato preso un giocatore in grado di servire i compagni con continuità o perché - e sono gli errori più gravi - è stata messa sul piatto una schiera di esordienti senza mischiarli con un vissuto cestistico consistente e senza salvaguardare l’apporto di chi conoscesse l’ambiente, la pressione, i tifosi, le salite e le eventuali discese.
    E poi, ancora più importante: quanto spazio ha per incidere davvero chi sta in panchina? Dove e come sbagliano Bialaszewski e chi allena con lui se lo spartito non si può cambiare? In che cosa e in quanto pesa l’allenatore sull’insufficiente - finora - cammino stagionale? 
    L’impressione è che prima di essere sbagliato B., siano sbagliate tante altre cose. E che sia difficilissimo ammetterlo.
    Fabio Gandini

  • simon89
    Encefalogramma piatto. Neppure la scoppola di Brescia, nemmeno un nuovo arrivo, neanche (soprattutto) il terreno che si sbriciola sotto i piedi rivelando una voragine tremenda alle spalle riesce a risvegliare l’Openjobmetis. Una squadra che nella sconfitta con Cremona (68-75) riesce addirittura a trasformare l’ira, la rabbia, il dolore (i sentimenti che dovrebbero accompagnare un’esibizione simile) in scoramento, rassegnazione, apatia.
    Sembra tutto scritto: a Cremona, che non aveva mai vinto a Masnago, basta una prova lineare e intelligente per mettere in croce Varese, una squadra che con l’avvicinarsi del 40′ non riesce a tenere il ritmo degli avversari e si spegne, pian piano, senza sussulti e soprattutto senza trovare un’alternativa a un gioco piatto, prevedibile, marcabile. Un basket affidato quasi solo al tiro da 3 punti che però stavolta è deficitario (vi ricordate la partita interna con Goettingen?) e accompagna nel baratro i biancorossi.
    Due anni fa, in questo periodo, una sconfitta con Napoli convinse Luis Scola a iniziare un casting per cambiare allenatore, sfociato nella scelta inattesa e rivoluzionaria di Roijakkers. Ecco: forse è il caso di pensare a una soluzione del genere perché Bialaszewski appare inadeguato tanto quanto il Vertemati di allora, e come il Vertemati di allora se ne esce con parole che sono un’ammissione di impotenza. Non basta “essere scontenti”, non basta promettere di “lavorare per migliorare”: servono fatti perché il fondo della classifica ormai è a un passo con Treviso che si è sbloccata contro Brindisi e con la trasferta della OJM in Salento tra sette giorni.
    Poi, intendiamoci, se l’allenatore ha tante colpe (perché va bene applicare un tipo di gioco, ma bisognerebbe anche attivare le alternative quando le cose girano male) non è che i nostri eroi in canottiera sono esenti da critiche. Le prove di Woldetensae e Brown lasciano attoniti, quella di Cauley-Stein è quasi sconfortante (tanto che Ulaneo gioca quasi gli stessi minuti), Shahid è preda dei suoi limiti. E a livello di intensità, di atteggiamento, di grinta si resta sui minimi: un dato su tutti è quello dei rimbalzi offensivi, zero (ZERO) nei primi 20′, quattro alla fine. Appena 12 gli assist, segnale che la palla gira poco e male, appena 4 recuperi a fronte di 11 perse, e poi il 29% dall’arco a certificare la resa. Contro una Cremona che tira peggio da 3 ma fa meglio tutto il resto, con italiani incisivi (Pecchia, Eboua, Denegri) e un impatto maggiore in tutte le zone del campo.
    Una debacle che non è paragonabile nei numeri a quella di Brescia ma se possibile altrettanto fastidiosa, perché dopo una mazzata come quella del PalaLeonessa ci si attendeva un ruggito, un graffio, un colpo di coda. Invece no: encefalogramma piatto, lo abbiamo detto all’inizio. E la classifica fa paura.
    PALLA A DUE – Bella notizia all’angolo biancorosso dove c’è anche Matteo Librizzi, a referto anche se non utilizzato. Bialaszewski accoglie il nuovo arrivato Young anche se manda – prevedibile – in quintetto Woldetensae. Sul fronte opposto Cavina recupera sia Zegarowski sia Adrian con quest’ultimo che parte tra i primi cinque; regia inizialmente affidata a Denegri, il varesino Piccoli inizia dalla panca. Tanta gente a Masnago con discreta rappresentanza di tifosi ospiti.
    LA PARTITA
    Q1 – Una tripla di Hanlan è seguita dal primo black out biancorosso con la specialità della casa (rimesse sbagliate) offerta ben due volte. Il canadese è l’unico terminale offensivo affidabile e tiene in piedi l’attacco della OJM mentre dalla parte opposto la Vanoli non sfonda ma resta costantemente avanti. Young entra e segna subito da 3 (ma poi sbaglierà gli altri tiri), Varese stavolta difende abbastanza bene e all’intervallo gli ospiti sono avanti di un’incollatura, 16-18.
    Q2 – Al rientro Bialaszewski tiene in campo Ulaneo ma Varese per diversi minuti fatica a sbloccarsi. Cremona trova buone giocate da Eboua ma non riesce a fare il break e così ci vuole la solita invenzione di Hanlan per riattivare la OJM. Poi tocca a Moretti: il play segna 8 punti nel finale di periodo e propizia un nuovo, minimo vantaggio. Nel finale canestro strano ma caparbio di Brown punito con un fallo tecnico assurdo per l’esultanza: Cremona sbaglia l’ultimo tiro e al 20′ è 32-30.
    Q3 – McCullough chiude subito il minimo vantaggio biancorosso, ma verso la metà del terzo periodo arriva un sussulto che fa ben sperare: Varese tocca il +6 (massimo vantaggio) con Moretti e con gli unici 2 punti di Cauley-Stein (schiacciata in contropiede). Timeout Vanoli e nel giro di pochi istanti le speranze dei tifosi di casa sono sfumate. Una tripla di Shahid ridà fiato a Varese che poi però paga caro l’unica prodezza di Zanotti, subito dopo uscito per cinque falli (54-56 al 30′).
    IL FINALE
    Il punteggio dice che la partita è ancora aperta, l’atteggiamento biancorosso però non fa dormire sonni tranquilli. Cremona si spinge a +6 prima dell’unico centro di Brown da lontano. Moretti si fa largo, converte i liberi ed è ancora -1 ma Varese è sempre appesa a un filo: l’ultimo pareggio è una prodezza da lontanissimo di Hanlan ma poi il capitano deve uscire per cinque falli (fischio molto dubbio su Eboua). Senza il capitano Bialaszewski deve andare con Shahid; rientra anche Cauley-Stein per Ulaneo ma le forzature di Moretti e Brown vanificano anche un bel canestro di un impreciso Young. Il canestro di Pecchia sul filo dei 24” spegne le ultime speranze, al pari dell’1 su 2 di Brown in lunetta. Finisce 68-75 con la squadra di Cavina che si merita i due punti. Bialaszewski esce tra i fischi mentre il pubblico “salva” i giocatori. Ma la barca affonda per tutti.
    Damiano Franzetti

  • banksanity6
    Partita se c’è n’è una che rispecchia lo stato di salute di Varese. Il malato è grave e probabilmente le cure non stanno migliorando il paziente. Cremona riesce a incanalare l’andamento dell’incontro nel piano che avevano studiato e riescono a vincere meritatamente, per la prima volta nella storia, sul parquet di Masnago. Varese rimane in partita fino all’uscita per falli di Hanlan, poi perde completamente fiducia. Lacey e Denegri mettono i chiodi sulla bara della OJM e ora si che la situazione si fa davvero pericolosa.  Ma veniamo alle valutazioni dei singoli:
    Shahid 4,5 : da fuori si esulta quando riesce a prendere almeno il ferro. Se tenta la penetrazione la stoppata non è nemmeno quotata. Eppure era entrato in campo con il piglio giusto. AUTOSTOPPATO
    Young 5,5 : partenza che fa ben sperare. Peccato che il primo canestro rimanga per lungo tempo anche il solo, perché le sue percentuali scendono vorticosamente. Dimostra una condizione fisica rivedibile anche se questa pesantezza lo aiuta nel tenere in post basso. RALLENTATO
    Cauley-Stein 4 : prestazione evanescente. Non riesce mai a dimostrare di voler lottare, di far valere il suo strapotere fisico, sembra davvero essere capitato qui per caso. INDOLENTE
    Ulaneo 6,5 : Scott anche questa volta si fa apprezzare per tutto quello che riesce a mettere sul campo a differenza del il suo compagno di ruolo. SOLIDO
    Woldetensae 4,5 : Tomas sembra entrato in un tunnel dal quale non si riesce ad intravedere la luce. Cerca di rendersi utile dal punto di vista difensivo ma si spegne subito e in attacco non entra mai in ritmo. DISPERSO
    Zhao N.E.
    Moretti 6 : parte in sordina, innesta le marce alte nella parte centrale dell’incontro e poi torna nell’ombra quando Hanlan deve uscire per falli e sarebbe servito un leader a tutto tondo. GEMELLO MANCATO
    Librizzi N.E.
    Virginio N.E.
    Hanlan 6,5 : partita in cui è decisamente il più ispirato dal punto di vista realizzativo. In fase di costruzione combina qualche pasticcio ma è l’uomo a cui i suoi compagni si aggrappano per restare in partita. Un quinto fallo molto dubbio lo mette fuori nei minuti decisivi e i suoi compagni naufragano. NOSTROMO
    Brown 5 : Gabe viene impiegato sia da ala grande che da ala piccola per la prima volta in stagione. Forse il dover difendere anche su piccoli della Vanoli gli tolgono lucidità e precisione al tiro. SBALLATO

  • simon89
    Varese aggiunge James Young per sopperire all’infortunio di Sean McDermott. La 28enne ala in uscita da Treviso, dove aveva prodotto 9,7 punti e 2,4 rimbalzi in 8 gare con la maglia della Nutribullet, firmerà nelle prossime ore il contratto con l’OJM che lo ingaggerà senza bisogno di visto e tesseramento ex novo.
    Il giocatore del 1995, compagno di Willie Cauley-Stein nella stagione 2013/14 all’università di Kentucky, siglerà un accordo per due mesi con possibilità di estensione fino al termine della stagione 2023/24. Si tratta di un’ex prima scelta NBA – numero 17 dei Boston Celtics nel 2014 – che non ha “sfondato” tra i professionisti (2,3 punti in 4 stagioni, un passaggio anche a Philadelphia quando Zach Sogolow era già direttore delle basketball operations). In Europa è stato capocannoniere del campionato israeliano 2019/20 col Maccabi Haifa; non ha più l’atletismo devastante dei suoi 20 anni, ma si tratta di un tiratore mancino con ottime doti balistiche (nella stagione in corso high di 28 punti con 6/7 da 3 a Scafati). Sopperirà all’assenza di McDermott, rispetto al quale è più potente (201 centimetri per 98 chili) ma meno agile, giocandosi la chance di una conferma se convincerà entro fine gennaio. Il giocatore arriverà a Varese in tempo per essere tesserato per il derby di domenica contro Cremona, probabilmente domani – giovedì 30 novembre – il primo allenamento con i nuovi compagni.
    Giuseppe Sciascia

  • simon89
    Chi si aspetta di leggere sentimenti forti, dure prese di posizione, aspre critiche, nette risoluzioni e nomi di salvatori da annunciare coram populo, farebbe bene a passare all’oroscopo piuttosto che proseguire con questa intervista.
    Perché chiacchierare con Zach Sogolow e Maksim Horowitz - rispettivamente GM of Basketball Operations e GM of Basketball Strategy - nel momento più duro della stagione, all’indomani della stentorea scoppola presa da Brescia, significa fare i conti ancora una volta con il netto cambiamento culturale che ha ammantato la Varese secondo Luis.
    Le sei domande de l’Ultima Contesa - leggi QUI - sono state prontamente recapitate al mittente, nella fattispecie - confermata la non disponibilità alle interviste locali del capo supremo - ai due giovani manager che si dividono il compito (tra gli altri loro ascritti) di raccordo tra il campo e il fuori campo. E le risposte sono arrivate tutte, a raccontare quello che abbiamo già provato più volte a spiegarvi (tipo QUI)…
    E allora ecco che una delle peggior sconfitte in 78 anni di storia - pur nella consapevolezza dell’infimo livello raggiunto - diventa una partita da valutare insieme alle altre. Ed ecco che il mercato, che metà dei giornalisti varesini aggredirebbe con furore, è invece un qualcosa da soppesare su più fattori, ecco che la leggerezza strutturale della squadra non va corretta perché si è perfettamente consapevoli dei vantaggi e degli svantaggi che comporta, che Cauley-Stein sta soddisfacendo per i miglioramenti messi in mostra e per la sua disponibilità, che il playmaker non manca e… so on…
    Non è sottovalutazione dei pericoli (o almeno tutti speriamo che non lo sia). Non è presunzione, anzi l’impressione è di aver avuto davanti due persone umili e molto competenti. È semplicemente un misto di cose che solo i chilometri di Oceano Atlantico possono spiegare: la volontà di perseguire fino in fondo un’idea anche quando manifesta dei limiti, l’estrema convinzione nel rifiutarsi di valutare il breve periodo, la fiducia quasi cieca in ciò che va oltre le singole persone - ovvero la regola -, l'attitudine a vendere il proprio prodotto fino a prova estremamente contraria, una dose di continenza che noi latini mediamente non sappiamo nemmeno dove stia di casa e anche un pizzico di quella riservatezza rispetto al mondo esterno che nel “Big Country” è sacra.
    Così è, anche se non vi pare, la Pallacanestro Varese odierna. Con un limite però, perché qui, nessuno è fesso (chissà come si dice a New York il proverbio napoletano...): se la squadra non darà segni di vita dopo Brescia, nessuno probabilmente si potrà dire salvo. Nemmeno un Bialaszewski per il quale vengono spese parole di estrema fiducia, anche se... «come risponderemo dopo Brescia ci dirà molto di noi stessi e di come lo staff tecnico sappia gestire momenti delicati come questo». 
    In un “American way” di rispondere, suona molto più di un avviso.
    Ma ripartiamo da Brescia: «Vorremmo dire - rispondono prima Sogolow e poi Horowitz - che prima di tutto non giudichiamo la nostra squadra dalle singole partite, sebbene quello che ogni singola partita “dica” in termini di sforzo messo in campo e di qualità del gioco sia molto importante per noi. Vorremmo che questo fosse chiaro… Come i nostri tifosi, siamo naturalmente frustrati dal risultato: sappiamo che la nostra squadra è capace di fare molto di più di quello che ha mostrato domenica. È normale che non ogni partita vada nella direzione da noi sperata, ma abbiamo bisogno di metterci nella condizione di combattere sempre fino alla fine e ciò succede solo se sei competitivo fin dall’inizio».
    Naturale chiedere anche se non ci siano problemi - singoli e collettivi - di approccio e di resistenza mentale alle partite, vista la facilità con cui i biancorossi si sono sciolti sul parquet del PalaLeonessa (e non è stata la prima volta): «Ogni giocatore sta lavorando duro sugli aspetti mentali del modo in cui gioca, al pari del resto. E a loro disposizione abbiamo messo delle risorse che permetteranno loro di continuare a lavorarci. Anche sotto questo profilo il passaggio all’Europa per la prima volta richiede adattamento e apprendimento: bisogna imparare che ogni partita è importante e richiede una certa intensità. Siamo sicuri che il nostro coach sta cercando di enfatizzare molto questi concetti e che i nuovi stiano a poco a poco imparando e stiano crescendo».
    Gli alti e i tanti bassi riscontrati finora vengono spiegati così: « Per una squadra giovane, nuova e in cui ci sono tanti giocatori a digiuno di Europa è normale che ci siano delle varianti del genere - spiega Sogolow - Ci vuole tempo, anche solo per capire le differenze che ci sono tra una partita di campionato e una di Fiba Europe Cup. In una situazione del genere ci sta giocare bene contro avversari che sono più forti di te, come male contro chi è invece ampiamente alla tua portata o peggio di te». Brescia quindi diventa quindi più che altro una tappa - seppur fastidiosa - in un percorso da sei vittorie su otto partite nell’ultimo mese e mezzo: «Al di là della delusione per ciò che è avvenuto a Brescia, è normale quanto sta accadendo e nel complesso siamo felici del trend che Varese ha preso prima del match del Palaleonessa».
    Andiamo dritti e chiediamo se non siano riscontrabili errori nella costruzione estiva della squadra, visto come la Openjobmetis di coach Bialaszewski sparisca dal parquet ogni volta che trova sulla sua strada difese asfissianti sulla palla e fisicità. La replica di coloro che il mercato, peraltro, lo hanno fatto solo in minima parte, in un’estate contrassegnata dagli addii progressivi (prima Arcieri, poi Brase), è la seguente: «Siamo leggeri, indubbiamente. Abbiamo costruito una squadra che rispondesse allo stile di gioco che vogliamo perseguire e stiamo imparando che ci sono alcune cose con cui dobbiamo fare i conti, senza porvi particolare enfasi. Siamo una squadra che vuole giocare veloce, che vuole prendersi i tiri giusti, che vuole logorare gli avversari con i suoi scatti e con l’atletismo: è chiaro che il compromesso sia la leggerezza e la minor forza rispetto ad alcune squadre» dice Horowitz, come a confermare che certi grattacapi sono stati pienamente in conto.
    Sia lui che il collega, però, tengono anche a precisare che «sia per me che per Zach questa è la prima volta in Europa e stiamo imparando cosa serve per giocare bene in Italia, cosa serve per giocare bene nelle Coppe e cosa invece non va. Non ci riteniamo perfetti e non pensiamo di sapere già tutto in virtù della nostra esperienza passata: valutiamo le nostre scelte e cerchiamo di imparare dagli errori». 
    Chiediamo conto delle venti statistiche - per la maggior parte difensive - che vedono Varese all’ultimissimo posto della Serie A: «I numeri parlano chiaro, la difesa non è a posto, ma lasciamo che siano i nostri allenatori a capire cosa fare dal punto di vista strategico: noi stiamo dando loro tutte le informazioni statistiche di cui hanno bisogno e loro stanno certamente lavorando duro per migliorare questi numeri - dice Zach - Il punto è che bisogna valutare la difesa nella sua interconnessione con il resto del gioco: se forzi una palla persa, dall’altra parte vai a segnare un facile layup, se concedi un rimbalzo offensivo, ti precludi la possibilità di andare in transizione. Questi per noi sono gli aspetti importanti». Ecco invece Makx: «Siamo in costante comunicazione con i nostri allenatori e con il front office e tutti insieme cerchiamo di capire quali sono i nostri punti di forza e quali le nostre debolezze. È chiaro che siamo una squadra più offensiva, ma questo non significa che non possiamo essere una squadra che difende anche bene, pur senza diventare i migliori sotto questo aspetto. Il talento nel roster c’è per fare molto meglio».
    Su Willie Cauley-Stein e il suo rendimento: « Willie si sta abituando a quello che lo circonda, al gioco e a quelli che sono i nostri bisogni - è l’idea di Makx - C’è un continuo scambio con lui, perché anche da parte sua arrivano suggerimenti su come lui ritiene di poter essere utile al team. Ci stiamo lavorando, così come fa il coaching staff per metterlo nella posizione dove possa rendere al meglio». 
    Sì, ma non manca un play che lo sappia attivare? «Riteniamo di no. Possiamo trovarlo così come siamo nelle posizioni in cui può far male alle difese avversarie: ci sono situazioni in cui i suoi compagni devono essere più “playmaker”. Anche qui le discussioni sono continue nel tentativo di cercare le soluzione migliori: nessuno rifugge i problemi». E Sogolow aggiunge: «Molto del suo rendimento dipende anche da come le altre squadre decidono di difendere su di lui: alcune avversarie gli mettono due giocatori addosso per impedirci di arrivare al ferro, ma questo ci apre delle opportunità sull’arco. Altre volte è più libero. Abbiamo imparato che bisogna essere pazienti e capire quale sia il piano partita altrui, sfruttando le opportunità che da esso discendono».
    Arriviamo a due argomenti centrali, l’allenatore e la supposta, immutabile schiavitù al “sistema”. Sul primo abbiamo già anticipato: né Sogolow, né Horowitz rifuggono la realtà. «Nessuno si sente bene per come è andata la partita contro Brescia - parla Sogolow - ma vediamo il lavoro che Tom e il suo staff fanno ogni singolo giorno, e crediamo che sia lui, sia tutta l’organizzazione stiano facendo di tutto per muoversi nella giusta direzione. Come risponderemo dopo Brescia ci dirà molto di noi stessi e di come lo staff tecnico sa gestire momenti come questo». Sul secondo tema ecco Horowitz: «Posto che anche qui si tratta di un qualcosa che riguarda il lavoro degli allenatori, penso che per noi sia molto importante essere coerenti con il nostro modo di giocare. Come possiamo crescere e apprendere se poi cambiamo o ci aspettiamo cose diverse dai nostri giocatori di volta in volta? Penso che alla fine se noi saremo in grado di eseguire ai massimi livelli il sistema che abbiamo messo insieme con Luis e con i coach, avremo successo. Naturalmente ci sono momenti in cui i cambiamenti sono necessari in base agli infortuni e ad altre cose che accadono ed è qui che i nostri allenatori hanno lo spazio per intervenire: spetta a loro la valutazione». Queste parole vanno a certificare ancora una volta l’enorme mutamento rispetto a un passato fatto di intendimenti tecnici classici, variabili ed adattabili…
    Certo, riprende Zach, «questo non significa che ignoriamo come giochi o come sia la squadra che ci gioca contro, ma accettiamo pienamente che il nostro modo di giocare miri a prendere alcuni vantaggi e ad accettare alcuni svantaggi. E con questo dobbiamo convivere». Discorso chiuso.
    Il mercato: «Valutiamo ogni giorno le opzioni del mercato: è il nostro lavoro, lo prendiamo seriamente e lo stiamo facendo al di là delle circostanze. Nessuno deve pensare che siamo qui decisi a non cambiare nulla al di là dei risultati. Ora ci sono gli infortuni di Librizzi e di McDermott, ma per loro natura gli infortuni sono una cosa dinamica: le prospettive possono cambiare tra il giorno in cui essi occorrono e le settimane successive, anche in termini di durata. In questo momento quindi stiamo cercando di distinguere tra ciò di cui possiamo avere bisogno a breve termine e ciò che invece potrebbe servirci a lungo termine». Traduzione nostra: se l’assenza di McDermott (Librizzi potrebbe, il condizionale è d’obbligo, tornare già fra due domeniche) dovesse effettivamente essere consistente, il ricorso a un’aggiunta potrebbe avvenire. Altrimenti si valuterà ancora, ma per un cambiamento.
    Le ultime battute sono per i tifosi, per le loro paure: «Capiamo i tifosi - afferma Sogolow - Nulla di quello che potremmo dire loro in questo momento potrebbe rassicurarli più di avere una squadra che gioca con il cuore e che si batte per questa fantastica città e per questa fantastica gente. L’unica rassicurazione che possiamo dar loro è che continueremo a lavorare giorno e notte e ci aspettiamo che lo stesso facciano i giocatori ogni partita». «Nel poco tempo in cui siamo stati qui - conclude Makx - Abbiamo visto l’amore che i tifosi hanno per questa squadra e tutti - io, Zach, gli allenatori, il front office - vogliamo lavorare duro per renderli orgogliosi e avere alla fine una stagione positiva. E questo non significa retrocedere, ma competere per i playoff».
    Fabio Gandini

  • simon89
    Il tracollo di Brescia spedisce Varese sul mercato. L’area d’intervento pare individuata nel reparto esterni, provando ad aggiungere il tanto invocato elemento con gambe fresche in grado di saltar l’uomo e creare vantaggi per la sua batteria di tiratori e per Willie Cauley-Stein. Sarà Taveion Hollingsworth, 25enne combo-guard realizzatrice attualmente all’AEK Larnaca nel campionato cipriota? È una pista, non l’unica, che Varese sta seguendo nelle ultime 48 ore.
    LA CARRIERA EUROPEA
    L’ipotesi Hollingsworth sarebbe legata a un escape dall’attuale contratto in essere coi campioni in carica di Cipro dopo l’eliminazione dalla FIBA Europe Cup, in cui il cestista del 1998 ha viaggiato a 14,0 punti più 6,2 rimbalzi e 3,7 assist. Lo statunitense, miglior realizzatore di sempre nella storia dell’università di Western Kentucky, ha percorso una carriera europea nel sottobosco di campionati non d’alto livello (Austria, Croazia e l’attuale passaggio nella lega cipriota, dov’è sbarcato a febbraio 2023). Non è un playmaker puro - non lo era neppure Colbey Ross - ma rispetto ai giocatori del roster attuale ha garretti esplosivi per attaccare il canestro (5,7 liberi di media in 14 gare tra campionato e FIBA Cup). Ma ha sufficiente qualità per essere l’uomo della svolta al cambio del salto tra Cipro e Italia, o il rischio è che possa fare la fine di Vinnie Shahid, i cui numeri in FIBA Cup (15,5 punti e 3,5 assist) sono molto simili ai suoi?
    LE VALUTAZIONI E I COSTI
    Le interlocuzioni con l’agente di Hollingsworth non sarebbero state approfondite nelle ultime ore: il giocatore del 1998 è sceso in campo ieri pomeriggio con Larnaca nel match di campionato cipriota, con l’OJM che starebbe facendo le sue valutazioni sull’operazione. Se le caratteristiche tecniche, a dispetto della taglia minuta (75 kg per 188 cm), potrebbero essere quelle ricercate, la riflessione riguarda l’opportunità di investire su un cestista tutto da scoprire in Italia. C’è pure una questione meramente economica: il nuovo tesseramento di uno straniero costa 15mila euro di tassa federale, al di là dell’eventuale buyoutda versare al club di origine. Ne vale la pena? Al momento il colpo non è stato affondato e resta da vedere se lo sarà mai.
    Giuseppe Sciascia

  • simon89
    IL COMMENTO DI FABIO GANDINI
    È tutto molto semplice, in realtà. Primo: ringraziamo Brescia, l’emozione dei suoi ragazzini in campo nel finale e Zhao (che non sappiamo ancora quanto valga, vista la sua giovane età, ma di sicuro non così poco da essere mandato in campo sul -50…) per aver lasciato intatto il record del 18 marzo 1999: Treviso-Varese, -47.
    Secondo: chi darà la colpa all’assenza di McDermott e di Librizzi o al viaggio della speranza a Tbilisi guarderà il dito e non la luna: con la squadra al completo, oggi sarebbe finita ugualmente con una sconfitta nettissima.
    Terzo: pensiamo alla prossima, subito. Perché interrogarsi troppo sulla vergognosa sconfitta del PalaLeonessa non è tanto utile come si possa credere - temiamo - nell’ottica di questa nuova società. E cerchiamo immediatamente di spiegarvi il perché.
    L’autentica debacle bresciana è semplicemente, banalmente, inesorabilmente nel DNA della Varese 2023/2024. Bologna, Venezia, oggi: tre indizi per una prova che nemmeno serve. Contro le squadre fisiche, contro le difese fisiche, la squadra di coach Bialaszewski non ha diritto di cittadinanza, non è costituzionalmente in grado di reggere nemmeno lo stesso metro di confronto.
    Non ci sono percentuali che tengano, né prestazioni incidentalmente negative a determinare il risultato e forse nemmeno la sua ampiezza: contro Brescia, Venezia, Bologna, pensiamo anche Milano, e vedremo se mancherà ancora qualcuno all’appello, la Openjobmetis non può nemmeno condividere lo stesso campo di gioco.
    Sai che novità, penserà pincopallo, sono lustri che ciò accade. Vero, ma qui si sta trattando di qualcosa di diverso, non del fatto che alla fine vince sempre chi è più forte e chi ha più soldi: nel caso di specie si tratta di un’impossibilità che non ammette eccezioni, nemmeno nella singola partita.
    E chi ha costruito il tutto lo sa, lo ha messo in conto. 
    Altrimenti non avrebbe edificato una casa così leggera, così atipica, così destrutturata per certe battaglie. Altrimenti non avrebbe scelto elementi così inesperti, così a digiuno di Europa e di Italia, così giovani, così proni - quindi - agli alti e ai bassi che più bassi non si può. Altrimenti non seguirebbe un sistema che vale più di tutto: più dei giocatori - che dall’anno scorso a quest’anno sono stati considerati praticamente intercambiabili - più dell’allenatore, più anche del solo pensare a un minimo tentativo di correzione o di uscita dallo spartito durante le gare. Altrimenti non si affiderebbe così tanto allo studio dei numeri, considerati però su gruppi di partite: il singolo evento non conta nulla per le analytics, sappiatelo.
    La Varese sventrata e umiliata oggi è la stessa che ha vinto contro Scafati e Sassari, che ha fatto soffrire Napoli, che ha passato il turno in Coppa, che ha portato all’ultimo tiro Tortona e Trento, che dall’inizio della stagione ha fatto dei piccoli passi avanti, tutti sottolineati con fiducia. Che problema c’è se ne prende 40 a Brescia o al PalaDozza?
     Solo noi, in questo ossessivo Stivale, in questa vecchia Europa, diamo importanza al qui e ora, alla singola partita, al singolo -40, alla pancia e non alla testa. Non funziona più così, sotto al Sacred Mountain (Sacro Monte, pardon…). Perché se fosse ancora così, invece, allora questa sconfitta e altre prima avrebbero fatto scattare allarmi che quasi sicuramente non scatteranno nemmeno stavolta. 
    Qui Varese, G-League: quand’è la prossima?
    Fabio Gandini

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