[color=rgb(0,0,0)][font=Verdana][size=3]Come andar via in un sacco e tornare in un baule. Un viaggio breve per un derby compromesso in partenza, per assenze pesanti ed a corto di rotazioni, anche se gli uomini di Sacripanti - non proprio aquile al di là del simbolo sociale - potevano essere impallinate, com'è accaduto in parte pur senza l'esito sperato. Le attenuanti, che si possono invocare a favore di Varese, sono tali da mitigare ogni colpa o imputazione restando dura la sentenza di una sconfitta nel derby più sentito, quindi indigeribile da parte dei tifosi ma, soprattutto, di una classifica che oggi come oggi la condanna a un mortificante quattordicesimo posto.[/size][/font][/color][color=rgb(0,0,0)][font=Verdana][size=3]
Fortunatamente non mancheranno atti nuovi e relative sentenze per una riabilitazione piena, a ribaltamento di un campionato sin qui opaco, volendo indulgere nel termine: se certe sensazioni contano, fanno supporre buone prospettive pur avendo l'avvertenza di non vivere (o morire) di illusioni.[/size][/font][/color][color=rgb(0,0,0)][font=Verdana][size=3]
Se i tanti se i molti ma susseguitisi sino alla fine del girone di andata, per dire di disappunti a pioggia, hanno reso la verità più amara e sofferta, le recriminazioni del dopo-derby - tingendo il futuro con il colore della speranza - poggiano su un ragionevole fondamento. Regalare Diawara (che fra l'altro salterà altre gare) e Kangur, tanto per citare due pezzi grossi di questa squadra, non può non balzare agli atti come un potente alibi, soprattutto contro Cantù la quale, se non avesse trovato un Jones paranormale (se non soprannaturale), probabilmente sarebbe caduta, trafitta dalla sua pochezza di squadra, che balza all'occhio, anche di un orbo.[/size][/font][/color][color=rgb(0,0,0)][font=Verdana][size=3]
Ben diversa, nonostante i fatti avversi, sembra invece l'identità di Varese, capace di trovare squarci di forza e bravura, soprattutto per reazione, salvo prima ficcarsi nello stretto... di tante leggerezze. D'altra parte, se la formazione di Pozzecco non avesse sprecato i suoi ruggiti con belati (prolungati), sicuramente avrebbe mostrato ben altro spessore nei tanti appuntamenti in cui è stata attesa al varco per un cambiamento effettivo di rendimento.[/size][/font][/color][color=rgb(0,0,0)][font=Verdana][size=3]
Che il play, come lo si immagina, non fosse l'ideale, lo si sapeva, come non sono mai mancati dissensi sul conto di Daniel, troppo alterno e lunatico per essere stimato compiutamente. Perlomeno, d'ora in poi, sapremo calcolare cause ed effetti d'una nuova regia. Eccoci a Maynor, debuttante alle nostre latitudini (dopo cinque stagioni NBA): ebbene il primo sentore di un progresso nel ruolo-chiave della pallacanestro (ovunque la si giochi) lo si è avuto dopo pochi minuti. Eric ha spaccato la difesa per innescare un volante (o svolazzante) Daniel, poi ha scaricato sul fronte opposto per Rautins (peraltro con qualche polvere bagnata) che ha insaccato dall'arco. Due iniziative in punta di piedi, senza adrenalina agonistica addosso, hanno fatto capire come s'assiste il pivot e un tiratore. Poi, però, Maynor - dopo aver dato un'idea della qualità della sua merce - ha richiuso il campionario e s'è messo un po' in disparte in attesa, essendo nuovo del posto, di capire interlocutori e ambiente. Rieccolo alla distanza, a distribuire palloni puliti e in sicurezza, al di là dei tanti assist attribuitigli (come s'usa oggi definirli tali, anche per semplici rimesse laterali se il destinatario segna dalla distanza), concedendosi anche conclusioni personali. I suoi sono parsi canestri silenziosi, ottenuti senza ardimento, restando identiche le sue movenze, mai tambureggianti, fors'anche poco comprensibili in un finale da caduta libera per Cantù. Più professore che condottiero, così ci è sembrato il nuovo play biancorosso nella sua prima uscita italiana, magari non così fragorosa come a qualcuno è parsa ma, indubbiamente, indicativa di quel benedetto valore di cui Varese aveva bisogno e che egli ha fatto intravedere.[/size][/font][/color]
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