
C’è anche Mike Green nella lista della spesa di Varese nel ruolo nevralgico di playmaker. Il regista degli “Indimenticabili” è stato proposto alla società di piazza Monte Grappa, che riflette sulla possibilità di puntare sul mix di leadership, visione di gioco e carisma ben noto ai tifosi biancorossi che lo ricordano giocatore-capo della stagione 2012/’13.
Al momento si tratta solo di un’ipotesi che deve passare al vaglio di almeno due aspetti fondamentali prima di essere esplorata in maniera concreta. Il primo riguarda ovviamente il discorso economico: Green è giocatore fuori portata per le casse di Varese anche ai costi dell’era Vitucci (circa 210mila dollari), e nelle ultime tre stagioni ha viaggiato ben al di sopra quelle cifre (500mila al Khimki 2013/’14, poco più di 300 al Paris-Levallois 2014/’15 e poco meno di 300 nell’annata appena conclusa a Venezia, con 11.4 punti e 5.3 assist di media).
Ma, al di là della buonuscita incassata dalla Reyer per esercitare l’escape dal contratto 1+1 stipulato la scorsa estate, Green a Varese è stato benissimo e il gradimento per la piazza - visto che al momento non ci sarebbero alternative italiane - potrebbero giocare in favore della società biancorossa. Chiaro, però, che il mercato degli americani non si ferma ai nostri confini: c’è da capire quali alternative internazionali potrebbe trovare un play di 31 anni con molto più appeal in Italia (dove ha giocato 4 delle sue 7 stagioni da professionista) che nel resto di Europa.
Lo scoglio economico è ovviamente quello più importante da superare, e anche compiere uno sforzo importante potrebbe non essere sufficiente se qualche estimatore russo o turco (Paesi nei quali anche club che non giocano le coppe hanno disponibilità superiori a 300mila dollari per gli americani) s’innamorasse di Green. Di certo l’identikit tecnico del play di Philadelphia corrisponde alla perfezione a quel che cerca Moretti dal sostituto diChris Wright: l’investimento su un giocatore dal rendimento garantito permetterebbe a Varese di prendersi qualche rischio in più sulla scelta di uno degli altri due americani da individuare tra guardia e ala piccola. Economie di scala per assecondare il coach aretino, che già era il primo sponsor dell’operazione Moss, nel suo desiderio di aggiungere un altro veterano in grado di dare un’identità marcata dentro e fuori dal campo alla sua Varese. Però Paolo Moretti non è Frank Vitucci nello stile della gestione tecnica della squadra: quanto è compatibile il basket votato alla coralità e alla circolazione di palla tanto caro al coach toscano con la gestione personalistica della cabina di regia di Green, sicuramente molto più a suo agio senza briglie sul collo che in un sistema controllato come dimostra la differenza di rendimento tra la Cimberio 2012/’13 e la Cantù 2010/’11? Idee da sviluppare nei prossimi giorni sull’asse Coldebella-Moretti: certo, se maturassero le condizioni economiche perché l’affare possa avere un senso per entrambe le parti, la suggestione di rimettere la bacchetta del comando nelle mani del play di Philadelphia sarebbe irresistibile...
Giuseppe Sciascia
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