IL COMMENTO DI FABIO GANDINI
ll catalogo delle follie, per noi boomer della pallacanestro, per noi farisei del sistema, per noi groupie del control game, è stato aggiornato anche oggi. La mano scrivente è quella di Hanlan, tu quoque, che invece di collegare il suo timer agonistico al cronometro della partita decide di assecondare il “pace” gradito ai piani alti e di schiantarsi tre volte contro la difesa meneghina negli ultimi due minuti. Hines e compagni - che consci di poter davvero perdere a Masnago, nell’ultimo quarto hanno edificato le barricate dietro - alzano allora il ditone, dicono di no e il derby finisce lì.
Si può buttare la croce addosso a un giocatore che è stata l’ancora di salvezza della sciagurata stagione sin qui? Non solo non si può, nemmeno si deve. Soprattutto perché Hanlan sarà ancora una pedina fondamentale della Varese che ha iniziato oggi il suo cammino di rinascita, alla ricerca di una difficile salvezza da raggiungere senza lasciare prigionieri sul campo.
Il primo oggi era in tribuna, in attesa di nuova destinazione. Un pittore del basket, l’ha definito qualcuno, azzeccandoci: al suo posto è arrivato un banalissimo ma volitivo writer, che al tocco di pennello sulla tela preferisce le secchiate di vernice sui vagoni dei treni. A noi e al 100% dei giornalisti varesini (una congrega di complottisti, mangia americani, leccaculo del potere, gente brutta, che non va letta, alla forca…) e chissà a quali caterve di tifosi insani di mente che hanno dalla loro l'unica colpa di vivere con gli occhi ben aperti e la mente libera, la sua apparizione è parsa più gradita di quella di Cindy Crawford (facciamo i boomer fino in fondo) a un appuntamento al buio.
Spencer è tecnicamente grezzo: oggi si è lanciato in un paio di tocchi da chi i pianoforti non li può suonare, ma solo spostare, e in più ha perso 4 palloni di cui almeno un paio abbastanza dolorosi. Eppure la sua sola presenza ha completamente cambiato la difesa biancorossa, non per caso facente segnare nel derby il record stagionale di minor numero di punti subiti. Atteggiamento, reattività sui cambi, show invece che pascolate in mezzo all’area, aiuti, soprattutto fisico usato come si deve (per esempio sui blocchi o su tagliafuori energici, che contano quasi più delle carambole prese effettivamente in mano).
Le buone azioni sono contagiose? Ebbene sì, perché con l’ombrello finalmente aperto dietro, anche gli esterni hanno fatto il loro dovere in difesa, guadagnandoci - e non è cosa così facile da scrivere - anche nel cambio Librizzi-Moretti: l’ex Pesaro, quando tornerà dal maledetto infortunio, dovrà pensare seriamente ad alzare i giri del suo motore posteriore se non vorrà disfare il tanto che produce dall’altra parte della luna.
Spencer è il primo, agognato, puntello agli errori di una squadra costruita malissimo. Ora ne serve un altro, lo sa anche piazzale Gramsci che le sta provando tutte per riprendersi Colbey Ross dopo aver tentato addirittura con Mannion. Se non sarà lui, sarà un altro: il bisogno di un giocatore in grado di giocare con continuità i giochi a due è pressante quanto lo era quello di porre fine alla molle era di WCS. Lo ha detto, ironia della sorte, anche una delle migliori partite di Vinnie Shahid, uno che a differenza del centro tagliato mette tutto se stesso nell’agone.
Il suo problema? Essere una guardia nel corpo di un playmaker. Vinnie gioca per se stesso, non ce la fa a giocare davvero per gli altri.
Fabio Gandini
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