Trovare una logica in sì tante illogicità stasera è davvero un’impresa. Ci proviamo per induzione.
67 punti segnati sono la peggior prestazione offensiva della stagione, al pari di quella esperita a Cremona. Era il 18 ottobre 2020: dopo 4 mesi Varese ha riscoperto cosa voglia dire non avere un’alternativa offensiva a Luis Scola. Lo ha riscoperto contro la valenza in retroguardia più inaspettata delle tante ospitate qui a Masnago: quella di una Fortitudo considerata farfallona quasi per antonomasia. È stata una grande lezione di coach Luca Dalmonte: anche chi non è portato per difendere può cambiare, se vuole. Anzi: se riesce.
Trentasei tiri da 3, 20 da due. Anche nella pallacanestro del ciapa e tira il dato evidenzia uno squilibrio non tollerabile, indice di una difficoltà estrema nel trovare soluzioni. Triplicato il Luis olimpionico, alla Effe è bastato osservare come la Openjobmetis riuscisse a complicarsi la vita da sola. Con passaggi molli e facilmente intercettabili (14 palle perse), con esitazioni incredibili, con la lentezza (salvo il primo quarto) della circolazione di palla. Poi hai voglia a non tirare da tre, via di fuga che i mali li nasconde solo quando le conclusioni entrano…
Dai tre minuti scarsi di Ferrero ai 33 abbondanti di Douglas, oggi hanno toccato il parquet ben 10 atleti. Bologna nel frattempo ha giocato in otto… Si è abusato dei quintetti piccoli, si è cercato di cavalcare l’opzione Scola-Egbunu, si è provato a spostare Strautins da ala piccola ad ala forte, si sono rispolverati dalla naftalina il capitano e De Nicolao, appurato che per alcuni dei loro compagni non fosse giornata.
Ebbene: nessun quintetto stasera ha dato l’impressione di poter essere meglio degli altri. E questo è tragico. I tre piccoli sono stati sovrastati dalla fisicità ospite, l’opzione Scola-Egbunu ha favorito il primo parziale a favore dei biancoblù, Strautins è ormai una causa persa ovunque lo si faccia giocare, il recupero tardivo dei due esodati non poteva che non produrre effetti: la frittata era già fatta.
Insomma: dal particolare al generale, le difficoltà che sta incontrando Massimo Bulleri sono davvero enormi. Evidenti. Non più celabili.
Le questioni tecniche sul piatto sono sempre le stesse (e oggi non stiamo trattando la difesa, nell’occasione non certo ermetica, infilzata a più non posso sotto canestro e nonostante la Lavoro Più abbia tirato con il 18% da tre… ). Gli acquisti in corsa, indispensabili a concedergli almeno una parte di “materiale” non scelto da altri, hanno cambiato poco o nulla: Beane, pur non malvagio, ha ingolfato il reparto guardie; Egbunu non è un giocatore pronto per giocare in Europa, tantomeno nella squadra più in difficoltà del campionato italiano.
In tutto questo le rotazioni sono aumentate a dismisura e il coach toscano ha dato prova di saperne beneficiare finora solo nella battaglia contro Cremona. Per il resto grande confusione: alcuni elementi si sono persi per strada (Strautins sicuramente e De Nicolao in parte), Morse è stato accantonato e la scossa dalla panchina non arriva quasi mai.
Una Varese che non riesce a risolvere i propri problemi non potrà mai salvarsi. Cambiare l’allenatore non è mai stata un’opzione contemplabile dalla società e non lo sarà mai più a questo punto. Ora ci sono due settimane per lavorare: la campanella dell’ultimo giro però è suonata stasera.
Stasera che Varese è davvero sul fondo. Con le scuse - pure quelle sacrosante, quelle che derivano da 6 partite in 17 giorni - a sfumarsi e poi perdersi nella nebbia del burrone che c’è sotto di lei.
Fabio Gandini
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