
Di solito, certe partite indegne, si concludono con qualcuno che chiede scusa per lo spettacolo offerto, con un cambio di rotta nel modo di giocare e preparare gli incontri e – magari, perchè no? – con una decisione drastica. Ovvero, nel caso della Varese attuale, le dimissioni o il siluramento dell’allenatore visto che tutti i possibili correttivi alla squadra sono stati già effettuati.
Invece nel dopogara di una delle prestazioni più scadenti e irritanti della storia della Pallacanestro Varese, non accade nulla di tutto questo. Come al termine del match di Cremona, come dopo l’infausto ribaltamento di Pistoia. Brescia demolisce l’Openjobmetis a Masnago, la straccia di 41 punti (77-118) e mette in luce tutte le pecche, i peccati, la supponenza di una squadra e di una società che forse non si rendono conto dello spettacolo offerto né del baratro dove si stanno ricacciando.
È inconcepibile che la squadra di Mandole – attaccato alla cadrega come il più determinato assessore della Prima Repubblica – si sia presentata in questa maniera in campo contro la Germani. Incredibile pensare come, alla vigilia, l’allenatore abbia fatto l’elenco delle cose che avevano condannato Varese all’andata senza trovare nessuna contromisura per la gara di Masnago. La pericolosità di Bilan, la superiorità a rimbalzo della Leonessa, il rischio di subire contropiedi: ecco, tutto questo si è riproposto puntualmente e ripetutamente anche questa volta.
Bilan ne ha segnati 27 senza che su di lui ci sia stato uno straccio di aiuto, di gabbia, di variazione tattica. Il dato dei rimbalzi dice 27-46, come se di fronte ci fossero squadre con un divario di due categorie. E i contropiedi? Beh, è proprio con quelli che Brescia ha scavato il solco nel secondo periodo con Burnell e soci a correre rapidi mentre i biancorossi restavano a guardare. La sublimazione di tutto ciò è un contropiede condotto dallo stesso Bilan e concluso dopo una cavalcata (il buon Miro chiama 35 anni, 2,13 e 121 Kg) senza che nessuno provasse a rincorrerlo.
Ce n’è abbastanza? Forse no, perché se andiamo ad analizzare le singole prestazioni troviamo il deserto presso quei giocatori che dovrebbero trainare il gruppo. Hands 4 punti, Johnson 2, Tyus 4 senza guizzi a rimbalzo: una siccità incredibile cui i soli Librizzi, Alviti e Kao hanno provato a mettere una pezza almeno in attacco, Ma, appunto, gocce nel mare mosso da una Germani perfetta (attenzione: anche Peppe Poeta è all’esordio da capo allenatore, se qualcuno volesse dare quest’alibi a Mandole). Ci permettiamo quindi di suggerire una cosa a Scola e ai suoi general manager: di solito quando i leader vanno a sbattere in questa maniera vogliono lanciare un segnale. Quello della necessità del siluramento di chi comanda. E con il calendario che attende la OJM, non è difficile ipotizzare che nelle prossime settimane, se si prosegue così, arrivino prestazioni (prima ancora che risultati) simili.
PALLA A DUE
Il momento più emozionante di una partita disastrosa è senza dubbio il “prima”, la festa per il ritorno – attesissimo – di Giancarlo Ferrero. Uno che nell’attuale spogliatoio sarebbe preziosissimo come dimostra l’enorme ovazione e la gigantesca ondata d’affetto al momento della sua premiazione a centrocampo.
Nessuna segnalazione particolare al momento di fare le formazioni: Mandole conferma il quintetto con Alviti e Kao (e Librizzi, stante l’assenza di Sykes), Poeta ha il totem Bilan sotto canestro e recupera Ndour – subito dentro – che aveva avuto qualche problemino settimana scorsa. Solito pienone, oltre 4.500, con Tete Martinenghi tornato da Verona per assistere alla gara.
LA PARTITA
Q1 – Pronti-via e Brescia fa la cosa che tutti si aspettano: dare palla a Bilan. Varese gli oppone il solo Kao, senza aiuti o raddoppi (figuriamoci una zona…) e il pivot croato va a nozze con 10 punti nel quarto. Il povero Akobundu in attacco fa il possibile con un paio di balzi vincenti ma il punteggio dice presto 8-16. Una fiammata di Alviti riporta a contatto la OJM ma la partita finisce poco dopo sull’accelerazione ospite con Mandole che usa il primo timeout a 40” dalla sirena, toccato il -10. Che diventa -11 alla pausa, 19-30, grazie a Cournooh.
Q2 – Anche nel secondo periodo si può registrare una timida risalita biancorossa – due triple di Librizzi – seguita poi dall’ennesima grandinata sulle scarne difese mandoliane. Quel che irrita è il modo con cui Brescia va a segno a ripetizione: forzatura varesina, dominio a rimbalzo, apertura, corsa in contropiede, canestro facile con Burnell protagonista. L’ABC del basket cui Varese non trova alcune contromossa e il punteggio alla pausa è significativo, 40-58, con Hands e Johnson a quota zero.
Q3 – A Varese non si può dire, però, che non piacciano le tradizioni: il terzo periodo è comunque il peggiore per punti subiti (35) e per divario (-17) rispetto a una Brescia che ha in Dowe, Rivers e Ndour i propri guastatori. Tra i biancorossi è Alviti a muovere il punteggio con un paio di triple che servono, però, giusto per la statistica: Brescia valica addirittura quota 90 e chiude con una circolazione perfetta per la bomba del 58-93.
IL FINALE
Si riparte con una novità: diverse decine di persone in meno sulle tribune perché questa squadra e questa partita farebbero perdere la pazienza al proverbiale Giobbe. Il copione non cambia fino a quando Poeta rimette in campo Ferrero: il “Gianca” ha due palloni sull’arco, li manda a segno e scatena il boato e gli applausi dei tifosi di Varese. Mandole fa sparire definitivamente dal campo i vari Hands e Tyus, in parte anche Johnson e Bradford e solo la volontà di Assui (7 punti) abbassa di qualche centimetro un distacco che era arrivato a -46, un solo punto dallo storico -47 di Treviso. Solo che quella volta, dopo poche settimane, arrivò lo scudetto: qui invece c’è da accendere un cero alla Madonna del Sacro Monte e speriamo che basti (77-118).
Damiano Franzetti
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