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VareseFansBasketNews

  • simon89
    Chiarezza si chiedeva e chiarezza è stata fatta, sulla vicenda Jaron Johnson. L’articolo di VareseNews pubblicato giovedì pomeriggio ha smosso una situazione che in tanti non avevano capito fino in fondo, perché troppi erano i lati poco comprensibili. Oggi – venerdì – sulla situazione è stata messa in modo chiaro la parola “fine”: “Nino” non giocherà più con la maglia della Openjobmetis.
    A spiegarlo sono stati i due gm biancorossi, Max Horowitz e Zach Sogolow, insieme a Ioannis Kastritis, l’allenatore greco che da metà febbraio ha preso in mano la patata bollente che è, in questo momento, la Pallacanestro Varese in piena lotta per non retrocedere. I due dirigenti e il tecnico hanno spiegato come la decisione sia irrevocabile e sia stata presa di comune accordo («Non siamo qui per mettere i problemi nelle mani di Kastritis ma per supportarlo in tutti i lati del suo lavoro») sia per motivi tecnici – e questo era stato detto – sia disciplinari.
    La vicenda disciplinare non è stata spiegata nei dettagli, anche per rispetto a Johnson (del quale, è stato più volte detto, si parla come giocatore ma non a livello personale o privato), ma la direzione presa è stata quella giudicata migliore per il gruppo-squadra. In pratica, si intuisce, negli ultimi mesi all’interno dello spogliatoio ci sono state una serie di situazioni e divergenze che evidentemente hanno minato la stabilità e non sono sanabili.
    Perché, dunque, Johnson resta tutt’ora un tesserato della Pallacanestro Varese tanto da avere diritto a un campo per allenarsi? «Per definire una risoluzione del contratto bisogna accordarsi in tre: club, giocatore e agente. Stiamo lavorando da giorni per arrivare a un accordo e ci auguriamo che vada in porto» spiegano Orowitz e Sogolow, interpellati proprio per il fatto che tenere a libro-paga un giocatore dallo stipendio non indifferente è anche una perdita monetaria rilevante, specie per una società che non è certo tra le più ricche. Soldi che si potrebbero poi reinvestire.
    La risoluzione di contratto, in realtà, non è stata la prima opzione nel senso che le parti hanno inizialmente sondato la possibilità di una cessione di “Nino” sul mercato come è avvenuto per Keifer Sykes, altro americano tolto dai radar con l’arrivo di Kastritis (l’ex avellinese è ora in Polonia, al Legia Varsavia: 11 punti e vittoria all’esordio in campionato). Sfumata poi questa possibilità si è cominciato a discutere di interrompere il rapporto. Che, paradossalmente, è ancora in vita anche per un altro motivo: tra infortuni (vedi Gray) e malanni di stagione, c’è sempre la possibilità che Johnson possa essere convocato per avere a referto il numero minimo di giocatori ma è una ipotesi remotissima e comunque non cambia il veto su di lui.
    Intanto – garantiscono i dirigenti – la ricerca sul mercato prosegue per trovare la famosa “ala forte” che andrebbe a incastrarsi nell’organico, oggi ridotto, a disposizione di Kastritis, ed è lo stesso allenatore greco che è conscio delle ristrettezze della rosa. Il parere condiviso da quelle parti è sempre lo stesso: senza visti e in questo momento della stagione i nomi disponibili sono assai limitati e quindi la società affonderà il colpo solo quando sarà individuato un profilo di sicuro rendimento, avallato dallo stesso allenatore greco. A Treviso, quindi, si andrà con gli stessi di domenica scorsa salvo che Gray («Su Justin non nutriamo alcun dubbio: siamo certi stia facendo il meglio per tornare in campo») all’ultimo momento possa rendersi disponibile.
    Damiano Franzetti

  • simon89
    Con la squadra completamente impantanata nella lotta per non retrocedere, tra i tifosi della Pallacanestro Varese tiene banco in questo periodo il “caso” che riguarda Jaron Johnson, ala texana di 32 anni tornata quest’anno all’Openjobmetis a stagione iniziata ma attualmente fuori rosa e – di fatto – non a disposizione di coach Ioannis Kastritis.
    Johnson, che aveva fatto parte della squadra di due anni fa (quella allenata da Matt Brase) capace di vincere 17 partite su 30 (il team non disputò i playoff per la penalizzazione di 11 punti causata dal “caso Tepic”), era stato riacquistato da Varese ad ottobre per rafforzare una formazione partita male in campionato che, nel frattempo, aveva messo in discussione l’ala Gabe Brown (poi ceduto a Trapani).
    In maglia biancorossa “Nino” (questo il suo soprannome) ha giocato 15 partite realizzando 13 punti di media con 4,4 rimbalzi, il 39,7% nel tiro da 2 e il 34% in quello da 3. In alcune occasioni è stato decisivo per la vittoria, specie con le due corazzate Bologna e Milano (18 e 21 punti), in altre ha un po’ deluso le aspettative. Ma la sua situazione è precipitata in occasione della pausa di campionato a febbraio: Johnson è stato tra i giocatori tornati in ritardo dalla “licenza” (non l’unico) e da quel momento è stato estromesso dal gruppo tanto da non essere mai nemmeno provato in allenamento dal nuovo allenatore, Kastritis.
    La società non ha mai dato una spiegazione ufficiale per questa scelta che, a quanto pare è stata presa dalla coppia di gm Sogolow-Horowitz; Kastritis ha giustificato la questione a livello tecnico spiegando che Varese era alla ricerca di un giocatore più adatto a giocare nel ruolo di ala forte. E Nino in effetti è un’ala piccola adattato da secondo lungo: era perfetto per il gioco rapido scelto dalla OJM in precedenza, meno per un basket più tradizionale come quello del tecnico greco. Però i dirigenti – che hanno “bruciato” tutti i visti per giocatori extracomunitari – non hanno ancora trovato (e acquistato) un giocatore con le caratteristiche necessarie.
    Nel frattempo poi l’altra ala americana, Justin Gray (peraltro estremamente deludente nel suo rendimento in campo) si è fermata per un problema al polpaccio, ha saltato le ultime due partite e al 90% non sarà del match neppure a Treviso. Ciò nonostante Johnson continua a essere trattato da reietto: ha a disposizione il parquet del Campus per un’ora ogni pomeriggio nel quale il giocatore va regolarmente a tirare da solo (la società dovrebbe affiancarlo con un allenatore ma non ci risulta che questo avvenga…) ma non è più stato coinvolto dalla squadra neppure in allenamento.
    Una situazione che sta facendo ribollire i tifosi che vogliono bene a Nino e soprattutto non capiscono perché togliere una pedina comunque di valore, per altro ben pagata (è sotto contratto e percepisce regolarmente lo stipendio) nonostante la squadra stia giocando con cinque stranieri dopo aver scelto la formula “6+6” (e aver pagato per questo una tassa ulteriore…). E sia davvero a un passo dalla retrocessione in Serie A2 come accadde per l’ultima volta nel 2008.
    All’inizio di questa settimana sembrava che qualcosa si potesse smuovere e lo stesso Johnson aveva espresso il proprio disappunto dopo la brutta sconfitta con Reggio Emilia, pubblicando una stories su Instagram con uno sfondo tutto nero e una “faccina” arrabbiata. Ma in realtà il club è rimasto sulle proprie posizioni, intransigenti e… silenti, dimostrando ancora una volta di non essere in grado di comunicare come si deve le proprie scelte. Se infatti ci fosse un motivo molto serio per questa esclusione, andrebbe spiegato (alla gente che paga il biglietto, l’abbonamento, la maglietta e le infinite experience varate dall’ufficio marketing…) anche perché i tifosi potrebbero per lo meno farsi un’opinione sull’accaduto.
    Invece la situazione continua a essere nebulosa a scapito di una Openjobmetis che avrebbe bisogno di presentarsi in campo unita e serena per strappare quelle vittorie necessarie a evitare la retrocessione. Da più parti, intanto, si spera in una retromarcia da parte di Sogolow e Horowitz (non si hanno notizie da Scola che però avrebbe demandato ai due gm le decisioni) prima della trasferta di Treviso. E prima che sia troppo tardi
    Damiano Franzetti

  • simon89
    IL COMMENTO DI FABIO GANDINI
    Lo strapotere fisico e difensivo di Reggio Emilia ci uccide qualsiasi fantasia questa sera, ora che ci tocca prendere “la penna” in mano.
    Avversaria indigesta se ce n’è una per Varese, con le sue torri corpulente e verticali sotto canestro, con le sue ali fisiche ma duttili, con le sue guardione che soffiano come dei mastini napoletani cui hanno tolto un osso da sotto il naso, la batte con la stessa perentorietà dell’andata, almeno nella sostanza. 
    Le uniche differenze si sono rinvenute nello spirito e nella disciplina dei biancorossi, fratelli difensivi di quelli che per un pelo non sbancavano la Trapani che ieri ha riscritto contro Trieste il libro dei record della pallacanestro italiana e che sono arrivati a un fallo non commesso dall’espugnare Casale Monferrato. Ma stavolta mettere ogni goccia del proprio sudore nel tentativo di proteggere il canestro amico, però, non è bastato, fondamentalmente per due ragioni.
    La prima è che la Openjobmetis odierna non è stata all’altezza del compito offensivo richiesto, producendo nei numeri e negli occhi una delle prove peggiori del campionato. Mani gelate, troppi palleggi, pochissime incursioni a canestro, non poche palle perse e, in generale, scarsissima pericolosità, oltre alla risaputa mono-dimensionalità. Merito di Reggio, certo, ma l’impressione più preoccupante la dà la ricognizione dell’impalpabile dose di talento residuo in casa prealpina.
    E allora, rivoltata come un calzino la retroguardia, sarà possibile sistemare anche l’attacco, in un deserto in cui solo Hands è in grado di tirare fuori giocate estemporanee? E che alternative ha questo gruppo alle giornate balisticamente asciutte o alle difese aggressive? E come si combina tutto questo con l’atavica mancanza di chili e centimetri? 
    Quanto pesano i peccati originali…
    Qui arriviamo alla seconda ragione: è troppo difficile far diventare tonda una compagine costruita quadrata. Kastritis è entrato nelle vene di Librizzi e sodali - si vede, si sente, si apprezza - ma Varese ogni domenica da ottobre a oggi sta regalando a chi la incontra un’ala forte come ruolo vorrebbe, un centro di esperienza, una guardia un po’ più pesante… 
    I voli pindarici del Moreyball, che ha dettato in maniera sconsiderata il mercato estivo, si stanno facendo insomma maledettamente sentire e si uniscono all’estrema difficoltà di trovare un sostituto al rinnegato Johnson, figlia dei visti finiti a novembre, altro errore enorme, decisivo, tramortente.
    Il dio del basket non voglia, ma un’inopinata retrocessione sarebbe tutta qui, in queste “mele rubate” quando tutto era ancora possibile.
    Ora non lo è più.
    Fabio Gandini

  • simon89
    Difendere meglio, difendere perfino forte serve a poco, nel basket, se poi non si fa canestro. E Varese non ha fatto canestro troppo spesso nel match interno che doveva essere quello del rilancio e invece si è rivelato quello di una pericolosa retromarcia. La squadra di Kastritis non sfrutta lo sperato “effetto Masnago” e, quasi a ripetere vecchi peccati mortali, si impantana ancora di più nel terzo periodo: è lì che Reggio Emilia, comunque sempre avanti nel punteggio, prende il largo nel match e si mette in tasca due punti (63-78) che sarebbero serviti come l’ossigeno ai biancorossi di casa.
    Difficile anche capire da dove cominciare ad analizzare una partita del genere, in cui Varese davanti al proprio pubblico si ferma alla miseria di 63 punti realizzati. Le percentuali, certo, sono un primo indizio con Reggio che ha messo tanto fisico ma anche parecchia zona per sporcare l’azione della Openjobmetis, caduta anche nel tranello del ritmo. L’impressione è infatti che la squadra di Kastritis abbia “accettato” di rallentare il gioco andando così sui binari reggiani senza però riuscire a incidere. E la cadenza più bassa ha forse tolto certi meccanismi, certi automatismi che permettevano a Librizzi e compagni quella produzione d’attacco che finora aveva sempre dato un supporto.
    E così, con l’uomo in difesa sempre più vicino, è venuto fuori un drammatico 6/26 da 3 (con due canestri di Virginio a partita finita) che tra l’altro fa scopa con l’altro dato da profondo rosso, quello dei rimbalzi. Che Reggio fosse una macchina, in questo senso, era cosa nota ma il 47-28 finale è una conferma tremenda sotto questo aspetto, reso ancor più evidente dall’assenza di quel “4 di ruolo” di cui tanto si è parlato ma senza riscontri concreti. Con Alviti spostato verso l’area, con Assui costretto a giocare minuti inattesi, con Bradford in un ruolo poco suo, i nodi stavolta sono venuti al pettine più che nelle precedenti partite. E il tempo per rimediare è sempre più stretto.
    Ultimo accenno ai singoli, perché anche studiando le prestazioni dei giocatori emergono le magagne. Se Hands (23) ci ha provato, se tutto sommato Mitrou Long ha fatto il suo, la prova opacissima di Librizzi ha limitato il reparto guardie così come quella – stavolta – faticosa di Alviti ha inciso sul risultato. E sotto i tabelloni, per un Kao che si è guadagnato la pagnotta pur con il suo stile naif, c’è un Tyus tornato indietro nella condizione, nelle idee e nei risultati. E con troppe stecche nel coro per Varese non c’è stato nulla da fare.
    PALLA A DUE
    È un lunghissimo e commovente saluto a Sandro Galleani il momento più bello del pre-partita, con la signora Egidia e i figli Claudio e Gabriele che ricevono l’omaggio e l’applauso incessante a centro campo. Bello anche il gesto dell’AIAP (associazione arbitri) che ha ricordato con un mazzo di fiori quello che è stato il dirigente addetto ai fischietti per diversi anni.
    L’altro applausone è per Ioannis Kastritis accolto da Masnago come un Messia: il coach greco conferma il quintetto con Assui e con Alviti ala forte mentre il connazionale Priftis tiene di rincorsa Faried iniziando con Faye sotto i tabelloni.
    LA PARTITA
    Q1 – Reggio esce meglio dai blocchi cercando (e trovando) Faye in area con il lungo che segna i primi 7 punti dei suoi. Alviti impatta con l’unica tripla e l’equilibrio regge anche al giro dopo ma la OJM fatica tantissimo con la palla in mano. Reggio lo capisce e allunga concedendo appena 14 punti nel primo periodo, contro i 20 di Smith e soci.
    Q2 – Si prosegue con il più tradizionale degli “elastici”: Reggio allunga un poco, Varese prova a replicare anche se a un certo punto il vantaggio esterno tocca il +12 con Barford protagonista e con Librizzi che, invece, fa 1 su 3 in lunetta. La scossa arriva dalle mani di Hands che di riffa o di raffa riporta la OJM sino al -4, fallendo un libero ma segnando sul rimbalzo. Solita tripla di Smith e 29-33 alla sirena di metà gara.
    Q3 – Ma il “caro vecchio terzo quarto”, un po’ a sorpresa torna a fare capolino a Masnago. Al rientro in campo Varese perde subito contatto con uno 0-7 reggiano che fa male. Un canestro di Bradford fa ripartire i biancorossi che dopo qualche minuto ritrovano slancio e accorciano con Alviti e Hands; il solito Smith però imbuca la tripla che riallontana i suoi. Nuovo -10 appena migliorato da una schiacciata di Kao, 45-53.
    IL FINALE
    Ancora Kao, imbeccato da Mitrou, porta sotto Varese ma in un amen la squadra di Kastritis si ritrova con lo svantaggio in doppia cifra. Il primo timeout del coach non ha effetto, il secondo neppure perché le mani, i volti e gli occhi dei padroni di casa sono quelli della truppa che ha alzato bandiera bianca. Solo nel finale un paio di squilli di Virginio migliorano il divario (63-78) ma sono cose utili giusto alle statistiche: qualcuno lascia in anticipo, qualcun’altro fischia, c’è chi protesta ad alta voce. Tutti sono però accomunati da una cosa: il timore di finire al piano di sotto.
    Damiano Franzetti
     

  • simon89
    Quando si sta con l’acqua alla gola – e Varese è con l’acqua alla gola – le scommesse andrebbero lasciate da parte. Bisogna fare la cosa più semplice e, parlando di basket ed essendo a +3 con 11” da giocare, la cosa più semplice è il fallo, tanto più che la palla è in mano a un giocatore forte e preciso al tiro. Uno preso per fare quello: segnare da 3 punti. Invece la Openjobmetis a Tortona ha giocato con il fuoco e si è regolarmente scottata: i biancorossi hanno deciso di affidarsi alla difesa di Bradford su Vital in occasione dell’ultima azione dei tempi regolamentari e l’asso della Bertram non ha sbagliato la bomba del 75-75. Mandata la gara all’overtime, per i piemontesi è stato relativamente facile superare (89-82) una Varese con i giocatori contati, il serbatoio in riserva e, almeno inconsciamente, il morale crollato in basso.
    Casale Monferrato resta quindi campo tabù per Varese che si conferma di tutt’altra pasta rispetto al passato, affidata alle cure del colonnello Kastritis, ma che torna a casa con il proverbiale pugno di mosche in mano, come da Trapani, dopo partite molto convincenti. E la zona retrocessione, l’inferno, è ancora lì a bruciare troppo vicino alla Openjobmetis che stavolta ha letteralmente gettato al vento un’occasione gigantesca per cambiare direzione.
    Una Varese, lo ripetiamo, tostissima tanto che coach De Raffaele ha ripetuto più volte in modo sincero (per intenderci: non gli era stato chiesto un giudizio sugli avversari) i complimenti per come i biancorossi si stanno muovendo in questo momento. Una squadra che ha avuto certamente alti e bassi (avvio a bomba, poi pesante break subito), che ha giocatori dai tabellini altalenanti, che a rimbalzo è stata travolta dalla cavalleria pesante piemontese. Ma nonostante tutto è rimasta lì incollata, desiderosa di dare una gioia a un popolo in trasferta che ha provato in ogni modo a sostenere Librizzi e compagni e onorare la memoria di Sandro Galleani.
    L’apporto generale di Mitrou Long è stato senza dubbio importante nell’economia della squadra perché al netto delle percentuali il greco-canadese è l’uomo in grado di tradurre ai compagni i dettami di Kastritis. Brave a sacrificarsi le ali nonostante la differenza di tonnellaggio (Assui ormai è una certezza) mentre l’assetto con Kao in campo a lungo alla fine è stato preferito a quello con Tyus. E il tiramolla con il numero 0 ha fatto meglio del solito pur con i suoi limiti.
    Ma anche in Piemonte tutto questo non è bastato e c’è davvero da flagellarsi per aver fatto correre via due punti così importanti, in questa maniera. Ora l’elenco degli avversari di livello prosegue con l’arrivo di Reggio Emilia: vediamo se almeno l’effetto-Masnago cambierà il vento. Dei risultati, perché quello del gioco e dell’atteggiamento è davvero differente.
    PALLA A DUE
    C’è mezza Varese sugli spalti del PalaEnergica: i tifosi biancorossi, a centinaia, occupano mezzo rettilineo dietro alle panchine e si fanno sentire in maniera potente fin dal prepartita. Commovente il ricordo di Sandro Galleani, con la squadra e i tifosi di casa gentili e corretti nell’unirsi all’omaggio che prevede anche lo striscione degli ultras varesini.
    In campo Kastritis non ha a disposizione Gray (a referto ma fuori uso) e propone il quintetto di Trapani con Mitrou Long ed Hands in guardia. De Raffaele manda Baldasso sulle tracce di quest’ultimo ma non rinuncia all’asse Kuhse-Kamagate.
    LA PARTITA
    Q1 – I primi minuti di Varese sono da favole: la difesa aggredisce, stoppa (con Kao) ruba palla e forza all’errore, l’attacco produce un parziale di 0-11 con le triple di Assui e Alviti che costringono al timeout De Raffaele. La Bertram cambia faccia con la zona e con l’ingresso di Vital e Candi che trova due triple. Momentaccio per Librizzi: antisportivo ed errori da fuori, così Tortona sorpassa e chiude il quarto 18-14.
    Q2 – Un margine piccolo ma che regge per tutto il secondo periodo: Varese continua a faticare in attacco contro una Bertram tentacolare che, per fortuna, non scappa nel punteggio pur allungando con Vital e Weems. Tocca a Hands rivitalizzare i biancorossi, pur con qualche errore: una tripla frontale della guardia vale il -2, poi De Raffaele e Kastritis (che prova anche la zona) si rispondono con i timeout nel finale di periodo quando Kamagate riceve troppo facilmente sotto canestro e firma il 41-33.
    Q3 – Hands e Assui in due azioni dimezzano lo svantaggio ma la storia del terzo quarto è simile per tutti i 10′: Varese vicina, quasi incollata, e Tortona capace di fare l’elastico prima di farsi acchiappare. Ci prova Alviti da 3, ci prova Mitrou Long, ci prova Hands dalla lunetta per il -1 ma Baldasso imbuca l’unica tripla della sua gara. Prima della sirena la Bertram riallunga ma ancora Mitrou-Long ricuce per il 54-53 mentre Tyus pasticcia con il pallone del possibile sorpasso.
    Q4 – La spallata buona arriva da Librizzi: sei punti consecutivi e sorpasso consolidato poi da una tripla di Hands per il +6 biancorosso al 33′. Tortona si rifugia in timeout e riaccende il motore con Vital, ma anche Bradford colpisce da lontano e insieme a Mitrou Long (sottomano vincente) permette di mantenere qualche lunghezza di margine. Non basta: tripla di Weems, liberi di Baldasso e nuova parità, poi qualche altro canestro sino al 71 pari. Un fallo di Kamagate vale tre liberi per Alviti che ne segna due, Weems dalla parte opposta fa 1 su 2 e Mitrou Long imbuca i suoi personali per il 72-75. Ultimo timeout, rimessa Tortona e palla a Vital che palleggia sul posto, Bradford non commette fallo e la guardia di casa imbuca la tripla del 75-75 per la disperazione dei tifosi varesini.
    OVERTIME – Desonta prova a farsi perdonare con due canestri a inizio prolungamento ma il timore è che Varese abbia troppe poche armi nel proprio bagaglio e infatti va così. Finché i biancorossi trovano qualche giocata vincente la partita resta in bilico ma al primo errore Tortona la gira. E un tiro dall’angolo di Kuhse inizialmente dato da 2 e poi convertito in trepunti al replay è la mazzata definitiva: finisce 89-82 tra tanto, troppo rammarico.
    Damiano Franzetti

  • simon89
    Forse la prima cosa da fare ora è quella di chiedere permesso, di bussare alla porta di questa grande storia al cospetto della quale ci sentiamo minuscoli, inadeguati, finiti davanti a chi ha scritto l’infinito.
    Alla Pallacanestro Varese da quando sognare di essere i più forti del mondo non era né un peccato capitale, né una forma di delirio, ma una realtà consolidata da appuntarsi al petto ogni giorno che il Signore mandava su questa terra. E poi la Nazionale, cinque Olimpiadi, due Campionati Europei vinti, la firma nella Hall of Fame del basket italiano e in quella prealpina.
    Leggenda alla seconda.
    E poi ancora, uno scrigno di segreti, racconti e vita vissuta che avrebbero potuto diventare il copione del film più bello e completo mai scritto sulla pallacanestro tricolore, raccolti tra un massaggio e l’altro, tra una seduta fisioterapica e quella successiva: mano santa che sapeva lenire il dolore e farlo diventare speranza, ma anche orecchio fino, pazienza e discrezione per arrivare sempre al cuore, il “muscolo” più difficile e importante da guarire. Con te, caro Sandro, si sono confidati i miti: quante ne hai sentite, quante ne hai risolte, con quel tocco di umanità fusa a saggezza che sapeva parlare così bene alle anime?
    E quante ce ne hai raccontate, così orgoglioso com’eri - giustamente - della tua parabola professionale, di essere stato il co-protagonista di tante pellicole d’autore, sempre lì, sempre un passo di lato, ma visibilissimo,  anzi fondamentale. E quante ce ne avresti raccontate ancora, se il tempo non avesse fatto calare - in questo pigro sabato pomeriggio di un giorno qualunque, altro che i tuoi giorni da leone… - il suo sipario?
    È permesso, Sandro? 
    È la stessa formula che usammo qualche anno fa, quando ci accolsi nel piccolo ambulatorio della tua casa di Gazzada, degno di un museo della palla al cesto, tra foto, medaglie olimpiche, retine tagliate, articoli di giornale, dediche: al confronto la prima volta a Gardaland, da bambini, ci parse una gita noiosa. Ti ricordiamo come se fosse oggi: in piedi, in mezzo alla stanza, Lacoste verde, pantaloni della tuta e sorriso compiaciuto nel vedere un “cucciolo” della tua stessa passione passare in rassegna con occhi sognanti i tuoi memorabilia, ascoltando nel mentre - fortuna alla seconda - le tue didascalie. Avremmo dovuto fare un articolo sull’Italia alle Olimpiadi, ti avevamo chiesto un’ora del tuo prezioso tempo: entrammo con la luce, uscimmo con il buio.
    È permesso, Sandro?
    Se per una sola volta potessimo ancora sentire la tua voce, il tuo “avanti” non arriverebbe a tardare. Perché dietro a quella professionalità che aveva anticipato i tempi, dietro alle vittorie in cui ci hai messo lo zampino, dietro a quella longevità che ti ha fatto travalicare il tempo e issato come eterna e inimitabile bandiera nel cielo della Pallacanestro Varese, c’erano l’educazione, la cordialità e la semplicità di un uomo di altri tempi. Tutti per te erano uguali, dai campioni come Dino Meneghin e Bob Morse all’ultimo dei figli di questa città, che dovessi trattarli con i tuoi magici polpastrelli o salutarli in un angolo del Lino Oldrini.
    Con i giornalisti, poi, eri speciale. La tua disponibilità e la tua giovialità erano un porto sicuro per ogni giovane cronista che si avvicinava timoroso alla Cattedrale biancorossa: eri paterno, buono, attento, ti ricordavi nomi, volti e pezzi. E allora come si poteva non entrare in confidenza con te, non ritrovarti sempre con il medesimo piacere, non chiederti un consiglio, un parere, un’opinione, un lume per percorrere una strada che tu già conoscevi come le tue tasche?
    È permesso, Sandro?
    Ora, al posto tuo, ci risponderà Egidia, l’altra metà della tua mela. “Tanti auguri di buon Natale da me e dall’Egidia”. Ogni 24 dicembre pomeriggio era questo il tuo messaggio. Stesso script al compleanno. Mai solo Sandro, sempre Sandro ed Egidia. E allora, se dovessimo ancora esprimere un desiderio in questa vita, sarà di trovare un amore così grande da permetterci di non scordarci mai, a ogni passo, a ogni gesto, a ogni respiro che non siamo più soli. Ma in due. Due di due, come te e l’Egidia. 
    È permesso, Sandro?
    Chissà perché, da quando abbiamo saputo quello che avremmo voluto sapere il più tardi possibile, ci ronza in testa una tua immagine ben precisa. Tre luglio 1999, Palasport di Bercy, Parigi, finale del Campionato Europeo tra Italia e Spagna: Andrea Meneghin, uno dei tuoi pupilli, vola in contropiede e subisce un fallo piuttosto violento che lo fa cadere. Rimane a terra. Sono gli ultimi minuti, gli uomini di Tanjevic sono avanti nel punteggio, i due liberi che verranno tirati aumenteranno il vantaggio, il titolo è un passo…
    Andrea però non si sta rialzando e il primo ad accorrere sei tu (chi altro, se no?). Perché solo tu sai come farlo rinvenire, stavolta con le parole: «È fatta, Andrea, dai che è fatta…».  
    Sì, era fatta. Come a Nantes, sedici anni prima, quando ti mettesti la retina al collo. 
    Tu, sempre lì, sempre un passo di lato, ma visibilissimo, anzi fondamentale.  
    Tu, che sei riuscito a essere l’essenza più pura, rappresentativa e fedele di quella meravigliosa evenienza del destino che si chiama Pallacanestro Varese e, al contempo, un simbolo del basket italiano. 
    Per questo la cartolina che stasera spediamo al Cielo ha i bordi colorati d’azzurro e racconta di un Monumento amato da tutti coloro che amano lo sport più bello del mondo.
    Fabio Gandini

  • simon89
    Da un lato la speranza, dall’altro l’incredulità. Da un lato una squadra ribaltata nelle sue regole ma soprattutto nella sua anima, dall’altro una direzione arbitrale che lascia sconcertati. Questo, in due righe, il sunto di Trapani-Openjobmetis, match che segna la sconfitta numero 5 consecutiva per Varese che esce condannata da innocente al termine di un processo iniquo. Perché, davvero, da metà del secondo periodo l’impressione generale è stata che i biancorossi non avrebbero mai potuto portare a casa i due punti dal PalaShark.
    I numeri, per rendere l’idea: due espulsi, uno dei quali (Librizzi, l’altro è Hands) per due falli antisportivi che gridano vendetta e che i signori in grigio non hanno neppure valutato al replay. Quattro giocatori (a uno) fuori per cinque falli, 44 tiri liberi contro 14 dopo che i signori Paternicò, Pepponi e Lucotti hanno fischiato 35 penalità contro gli ospiti e 21 ai padroni di casa. Che nell’ultimo periodo sono arrivati in fondo senza bonus (il primo fischio dopo 6′, con Varese già a “paletta rossa”). Mettiamoci pure l’antisportivo a Bradford, le mannaiate ignorate a ogni penetrazione mentre dall’altra parte Robinson ha potuto tirare 18 volte dalla lunetta e il quadro è completo.
    Per finire: la OJM termina la partita con in campo una guardia-ala, un’ala pivot e tre pivot: “tutti i vivi all’attacco”, per citare Alfio Caruso. Dicevamo, in presa diretta, che certe partite con Siena erano state decise con fischi chirurgici: qui no, stasera siamo proprio alla macelleria da parte dei fischietti.
    Detto questo – e davvero era una vita che non si vedeva una cosa del genere – è bello rendere merito alla nuova Openjobmetis per le cose di campo. Una squadra dura, caparbia, pronta a buttarsi su ogni pallone ma anche a disegnare circolazioni di palla sopraffine per armare il braccio dei tiratori. Insomma, non ingannino i 106 punti a referto degli avversari: per 45′ si è vista una Varese da battaglia, pronta a tutto per raggiungere l’obiettivo. Sperando che il verdetto di Trapani non abbatta troppo il morale della truppa di Kastritis, che ha avuto anche la capacità di restare (relativamente) calmo nella tempesta.
    A trascinare il gruppo un Alviti meraviglioso: 23 punti con il 100% al tiro, autore di una prova irreale. Gli altri hanno fatto il possibile: Mitrou Long ha palesato qualche problema dovuto alla scarsa conoscenza dei compagni, gestendo però la regia a lungo, Virginio si è ritagliato minuti importanti mentre Hands è partito a razzo finendo poi per reagire alla provocazione di Alibegovic (espulsi entrambi dopo appena 16′). E anche Librizzi ha dovuto lasciare prestissimo, mentre stava galoppando molto bene. Ci sarà modo di rifarsi, magari dal campo-tabù di Tortona (Casale Monferrato) tra sette giorni. Altra sfida dura come poche, ma che vale la pena provare ad affrontare.
    PALLA A DUE – Un coach “sopravvissuto” e uno nuovo di zecca: fin dalle panchine il match tra Trapani e Varese presenta risvolti interessanti. PalaShark ricco di pubblico dopo oltre un mese di assenza dei granata. La rivoluzione greca tocca anche il quintetto: con Mitrou ed Hands c’è addirittura Assui con Alviti da “4” e Kao sotto canestro contro Horton, rimasto unico pivot di ruolo per i siciliani. A referto anche l’ex Gabe Brown.
    LA PARTITA
    Q1 – Due triple di Robinson permettono subito un break a Trapani ma è proprio il tiro pesante l’arma che Varese usa per risalire e, a metà periodo, sorpassare: da lontano colpiscono Alviti, Assui e Librizzi, poi tocca a Hands accendere i motori dell’attacco di Kastritis. La Openjobmetis una volta davanti allunga, lavorando abbastanza bene a rimbalzo e – come si sperava – in difesa: così la prima pausa segnala un 23-32 che è oro colato per i biancorossi.
    Q2 – Il motore di Varese gira ancora bene e il vantaggio lievita anche se al 16′ arriva un punto di svolta importante: poco dopo la metà campo Alibegovic e Hands si accapigliano. Comincia l’ala, Jaylen reagisce con una spinta e la doppia espulsione è inevitabile. Però da quel momento Paternicò e compari sbilanciano di brutto la direzione e a farne le spese è Librizzi con un antisportivo che al massimo è un colpetto spalla a spalla. E così negli ultimi 2′ del quarto Trapani rosicchia 8 punti sfruttando un momento di sbandamento ospite: la sirena suona sul 49-55.
    Q3 – Si rientra e poco dopo Librizzi perde palla a centro campo: lui e Petrucelli si buttano, un arbitro sventola il segnale dell’antisportivo diretto di nuovo al capitano varesino che lascia incredulo la contesa. Kastritis resta con il solo Mitrou Long in regia e Bradford in guardia mentre Trapani, quasi stordita dall’ennesimo regalo, getta al vento più di un’azione. Per questo la OJM riesce a tenere botta, viene raggiunta ma gira in testa al 30′ con due liberi di Mitrou (67-69).
    Q4 – Sembra fatta per la Shark e invece no, perché al vantaggio di Notae replicano Virginio e ancora Alviti da 3 punti oltre a Bradford in penetrazione. Desonta è protagonista di un altro fattaccio: Rossato sbaglia dall’arco ma ricade sul piede dell’ala varesina, il fallo può anche starci ma los tres amigos optano per l’antisportivo. Quando invece il dubbio è dalla parte opposta (Kao travolto in area), il controllo televisivo serve a dare fallo normale con Trapani lontanissima dal bonus. La Shark passa a condurre una, due, tre volte e l’ultima è quella buona: si arriva in volata con 3 punti di vantaggio granata e con Gray che sbaglia due volte. La rimessa resta biancorossa e qui arriva l’unico fischio “al contrario”: tecnico a Robinson che mette le mani oltre la linea immaginaria. Alviti segna il libero e sull’ultimo tiro Tyus imbuca l’89 pari da centro area.
    OT – Trapani scappa subito sul +5 e sembra chiudere la contesa ma Alviti ruba due volte palla e la OJM risale sino al -1. Poi però la totale assenza di regia diventa ingestibile (Mitrou fuori dal 39′: unico a portare palla è Bradford). Quando anche Alviti e Gray escono per falli il quintetto di Kastritis è completamente assurdo, ma è il solo possibile. Robinson si butta dentro a ripetizione, riceve due liberi a ogni contatto e allunga sino al 106-93. Bugiardissimo.
    Damiano Franzetti

  • simon89
    Difesa, difesa, difesa. E ancora difesa. Sembra di stare in un’altra sala stampa, in un altro palasport, in un’altra società rispetto agli ultimi tre anni, perché la parola più utilizzata nel corso della presentazione di Elijah Mitrou-Long (il nuovo playmaker della Openjobmetis) è proprio quella, la stessa già risuonata a lungo quando a svelarsi è stato coach Ioannis Kastritis.
    Il neo-acquisto biancorosso (vestirà la maglia numero 3) ha giocato proprio per Kastritis in una stagione all’Aris Salonicco ed è chiamato a mettere sul parquet le idee e le indicazioni del tecnico ellenico. «Com’è Kastritis? Beh, è uno che pensa alla difesa come prima cosa – conferma Mitrou-Long, quasi a sottolineare il nuovo corso biancorosso – Costruisce tutto il sistema della squadra sulla retroguardia, poi l’attacco è un riflesso di quel che si produce nella propria metà campo».
    E lo stesso giocatore greco-canadese ha questa impronta nel suo DNA. «Nella prima parte di carriera nasco soprattutto come difensore. Poi, con il passare degli anni e con il percorso nel basket professionistico, ho affinato anche le qualità offensive. Sono prima di tutto un playmaker, amo mettere in ritmo i compagni ma se è necessario posso mettermi in proprio; posso giocare anche da guardia come è avvenuto lo scorso anno, e per questo ho segnato di più. Non penso di essere il salvatore della patria ma sono conscio della situazione della squadra e sono pronto ad aiutarla soprattutto per quanto riguarda la fase difensiva».
    A proposito di “guardie”, Elijah ritroverà in spogliatoio Jaylen Hands, già suo compagno per una decina di partite al Peristeri l’anno scorso. «Giocare con Jaylen è facile: è un ragazzo di grande talento, che sa leggere il gioco, capisce quando è il momento di tirare e quando di far girare la palla, non è un egoista. Non sarà difficile stare in campo insieme a lui ma nemmeno con gli altri compagni di squadra».
    Tra le curiosità legate a “EML” c’è senza dubbio il suo cane, Sage, un american bully con cui è inseparabile, e l’ammirazione per alcuni grandi play del passato (tutti undersize, come lui): Allen Iverson, John Stockton, Steve Nash. Ai quali – nel suo personale Pantheon – Mitrou-Long aggiunge un paio di veterani della NBA di oggi come Chris Paul e Kyrie Irving.
    E poi c’è il rapporto (ottimo) con il fratello Nazareth “Naz”, già in LBA con Brescia e con Milano. «Il fatto che Naz abbia giocato in Italia mi aiuta, perché conosco la lega, l’ambiente, e d’altra parte la Serie A, insieme al campionato spagnolo e a quello greco, è quello cui aspiravo a giocare perché è ricco di buoni giocatori, di grandi tecnici ed è molto competitivo. Rispetto a Naz, sono meno forte fisicamente e questo consente a lui di crearsi maggiori soluzioni in attacco rispetto a me. Ma in difesa – ci risiamo – sono più bravo io».
    Damiano Franzetti

  • simon89
    «Cerchiamo una combo-guard» aveva detto senza problemi Ioannis Kastritis lunedì pomeriggio, durante la conferenza stampa di presentazione a Masnago. Ma, probabilmente, l’avevano già trovata: la Openjobmetis ha infatti ingaggiato Elijah Mitrou-Long, play-guardia di 28 anni, nato in Canada (a Mississauga, alle porte di Toronto) ma di origini e soprattutto di passaporto greci.
    Una mossa che porta senza dubbio la firma del nuovo allenatore della Pallacanestro Varese. Mitrou-Long (fratello di Naz, visto a Brescia nel 2021-22, oggi all’Olympiacos) ha infatti già giocato per il tecnico ellenico all’Aris Salonicco nella stagione 2022-23 raggiungendo i playoff in campionato.
    Alto 1,85, formatosi nei college americani (Texas e Nevada Las Vegas), Elijah Mitrou-Long ha sfruttato il passaporto greco per giocare soprattutto in quell’area. Paok per cominciare, poi Patrasso, Aris e Peristeri cui ha aggiunto “sortite” a Sofia, in Canada e in Israele visto che in questa stagione stava giocando nell’Hapoel Holon (quarto in classifica) dove viaggiava a 12,1 punti e 4 assist di media con il 36,1% da 3 in 27′ di impiego.
    Con i gialloviola israeliani ha disputato anche la Basketball Champions League terminata però con l’eliminazione nei play-in che davano accesso alla seconda fase. Nella competizione europea le cifre di Long hanno ricalcato quelle di campionato tranne per una percentuale minore al tiro pesante.
    La Pallacanestro Varese ufficializzerà probabilmente in giornata un’operazione che va considerata fatta ed è possibile che il nuovo giocatore si possa unire alla squadra in tempi brevi. Ma è evidente che, entrato Mitrou-Long qualcun’altro dovrà lasciare la comitiva. Il nome in bilico pare sempre più quello di Keifer Sykes che oltre a dover ritrovare la forma percepisce uno stipendio assai rilevante (ma se venisse tagliato bisognerebbe trovare una formula per transare il contratto). Poi c’è Desonta Bradford in scadenza e anche su di lui andranno fatti dei ragionamenti, anche se toccherà a Kastritis vagliare per bene la situazione.
    Di certo l’arrivo di Mitrou-Long è possibile dal punto di vista regolamentare. Il passaporto greco del 28enne nato a Mississauga evita di dover chiedere un visto lavorativo (è infatti cittadino comunitario), cosa non più possibile per la Openjobmetis che ha esaurito questo genere di manovre di mercato.
    Damiano Franzetti
     

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