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sam

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    Varese
  1. franz, lascia perdere, tempo perso, da queste parti c'è troppissima gente con un triangolo ottuso al posto del cervello. così è, così sarà sempre: boh, saranno questioni di genetica. pace all'anima nostra
  2. I Mastini, l'Hockey Club Varese, esistono eccome e, anzi, incrociando le dita potremmo essere a uno sputo dal rientro in grande stile ai vertici con la partecipazione alla A2. Se non fosse stato per una serie di sventure piccole e grandi, prima fra tutte la querelle sulla gestione del Palalbani, una squadra pro forse ci sarebbe potuta essere già quest'anno. Annata, quella attuale, che ha comunque visto il rientro giallonero (finalmente di nuovo con un main sponsor, la Fim Group) in un campionato nazionale più o meno senior, ovvero il torneo under 26 (coach Matteo Malfatti, ammessi se non erro 4 fuori quota, Varese è farm team dei Milano Vipers) terza competizione in ordine di importanza dopo A1 e A2 nella quale, sinora, si sta viaggiando a gonfie vele al secondo posto di uno dei 2 gruppi in cui è divisa. A livello di settore giovanile, il sodalizio varesino permane almeno tra i primi 5 d'Italia con circa 130 atleti tesserati, 80 in più considerando l'avviamento all'hockey, impegnati in tutti i campionati dall'under 8 alla 19: pochissime società tricolori possono vantare una tale copertura. La serietà dell'attuale gestione pare assodata (se ci fosse stata anche negli ultimi anni in cui i soldi giravano per davvero, sarebbe stata una pacchia) e alto è anche il livello di professionalità: in soldoni, alla morte della vecchia società presieduta dalla famiglia Colombo (giugno 2005, uno sputo di tempo dopo l'eliminazione per 4-2 ai quarti playoff per mano del Bolzano in quella che resta, si spera per poco, l'ultima apparizione varesina in A) è nato il nuovo sodalizio (agosto 2005, nella prima stagione ci si è pure tolti lo sfizio di vincere il campionato nazionale under 16 di II divisione), appunto l'Hockey Club Varese che, nel novembre 2006, ha anche riacquisito lo storico cagnone per concessione gratuita decennale della famiglia Colombo rimasta in possesso del logo. I Varese Killer Bees nascono nel luglio 2006 appoggiandosi alla società Ice Sport Varese (pattinaggio su ghiaccio) e disputano il campionato regionale di serie C. Nulla hanno a che vedere con l'Hc Varese.
  3. Clap, clap, clap: hai fatto bene a buttare giù questi che sono punti fermi. Perché? Perché, senza offesa, non tutti hanno ancora metabolizzato soprattutto la lettera c. La lettera fondamentale. Do ut des: volenti o nolenti, così gira il fumo. Unico innocente tra parentesi per il punto d: vero verissimo nell'area stazioni e nella quasi totalità del territorio, meno vero in altre seppur assai ristrette zone. Per fortuna, se no saremmo uguali a Biella, Forlì e non so cos'altro.
  4. 'sti cazzi! Mi accodo a chi da anni sostiene «Franzetti è il numero 1»
  5. In mezzo al piattume cosmico padano si fa fatica a sposare qualunque cosa con un contesto geografiche che, semplicemente, non esiste. Insomma, viva la montagna. Ps: mettiamola così, dalla cima dei ponti reggiani, magari, se c'è bel tempo il varesino medio potrebbe scorgere il Sacro Monte. La sua unica ragione di vita. Quindi, se lo copiamo nell'area stazioni possiamo anche fare il palazzo più alto d'Italia: il ponte di Calatrava come chiave di volta. Yeah! Aiut...
  6. No buon Spiff, perchè 75 milioni di euro per rifare il comparto stazioni non li ha nessuno: men che meno la municipalità, la provincia, la regione, Ferrovie Nord o Ferrovie Stato. L'unica è rendere appetibile l'investimento a finanziatori privati che, guadagnandoci, consentano di mettere a disposizione opere pubbliche altrimenti irrealizzabili. Così va il mondo: vuoi il palasport? Cuccati multisala e centro commerciale. Vuoi fare rinascere una zona di Varese che fa schifo ed è funzionale a nulla? Metti a disposizione di potenziali investitori 122mila metri quadrati. Se no, ciccia e si resta come si è. Il mio cruccio, basta leggere i commenti dei lettori su VareseNews, è che tanta (troppa) parte della nostra città permanga con una visione periferica a triangolo ottuso e il bloccasterzo mentale inserito 24 ore su 24. La regnante mentalità de "l'antenna per i telefoni no" (salvo poi lamentarsi se il cellulare non prende), de "non si vede il Sacro Monte" (spostati di 50 metri e lo vedi), dei commercianti che "la zona pedonale fa schifo" ma quando 15 anni fa (rileggere le cronache dell'epoca è meravigliosamente comico) il comune ha rifatto tutto hanno pianto in sanscrito perchè "con 'sto casino non si può lavorare" (e come diavolo li faccio i lavori? Chiamo il mago di Oz?) è assurda. Il "mio Dio hanno adibito un pezzo del giardino di Villa Recalcati a parcheggio" quando 200 metri più a nord stanno costruendo un autosilo che risolverà i problemi di sosta di Casbeno e tutti sanno che, tempo 1 anno, il praticello tornerà tale è ridicolo, esattamente come l'efficienza dei professionisti della protesta ogni qual volta si voglia modificare qualcosa (c'è chi starnazza anche per il possibile abbattimento di un'oscenità come la Caserma Garibaldi): bisogna partire dal presupposto che tutto ciò che noi consideriamo vecchio una volta era nuovo, nulla è o deve essere immutabile, l'unica cosa è essere in grado di conservare il passato quando esso merita integrandolo con qualcosa di possibilmente bello che diverrà il passato delle generazioni future. Quello che facciamo adesso, i nostri interventi, saranno prima o poi patrimonio storico: vediamo di non fare vaccate. Punto. Ma sul fatto che bisogna fare, non ci devono essere dubbi, l'alternativa è la morte economica del nostro tessuto sociale. Il mondo è pieno di città che si sono rinnovate completamente in maniera splendida accostando il contemporaneo all'antico, non vedo perché solo qui a Varese non si possa mai tentare uno sprint mentale verso qualcosa che sia un pochetto di più del solito brodino; per come la vedo, probabilmente pazzo idealista, punterei ancora più in alto. Esempio: c'è un investimento da 150/200 milioni di euro per rivoltare 122mila metri quadrati? Bene, voglio il palazzo più alto d'Italia. Siamo fermi a Palazzo Pirelli (30 piani, 1956/1960) il quale verrà superato non di molto dalla nuova sede sempre milanese della regione Lombardia, chi vuole avere l'investimento varesino mi deve garantire 1 piano in più dei 40 e spiccioli dell'erigendo palazzo della regione. E' una follia, forse, ma è una follia che costa poco o niente e garantirebbe un ritorno di visibilità enorme: inoltre, 10 piani in più su una torre, essendo i volumi edificabili quelli, equivarrebbero a un palazzotto di 10 piani in meno da un'altra parte; quindi più spazio per verde, infrastrutture viarie e quant'altro. Già che siamo in preda alla follia, mi viene in mente la celeberrima Città Ideale (meravilgiosa opera di Leon Battista Alberti conservata a Urbino raffigurante la rappresentazione prospettica di quella che, secondo i canoni rinascimentali, doveva essere appunto lo sviluppo ideale di un ambiente urbano) che nessuno ha mai realizzato, neppure a Las Vegas: beh, non è per nulla grande (sono una decina di edifici di dimensione media), nei 150/200 milioni ci starebbe comoda e, costruirla affiancata da costruzioni contemporanee possibilmente allo stato dell'arte, vorrebbe dire avere messe di turisti costantemente a Varese. Sul riempimento dei 10 marmorei fabbricati pochi dubbi: biblioteca, sala della musica, spazi per l'università ecc ecc. A Reggio Emilia potevano costruire un semplice attraversamento in viadotto dell'autostrada del Sole ma non si sono accontentati e hanno investito in quelli che sono, almeno 1 volta tutti li abbiamo visti, gli stupendi 3 ponti di quel geniaccio di Santiago Calatrava; inutile dire che, in valore aggiunto, a Reggio hanno guadagnato molto più di quello che è stato speso. Insomma, e chiudo perché ho veramente esagerato, il concetto è che solo pensando positivo, pensando grande, si ha la possiiblità di fare qualcosa. Per come la vedo io, se fra 5 o quelli che saranno anni, l'attuale zona delle stazioni sarà saturata da 11 edifici di 8 piani in più invece che accoglierne 3 da 30 con molto più spazio per verde, strade e aree di divertimento vorrà solo dire che Varese sarà destinata a rimanere per sempre la micragnosa dama fuori dal tempo che è. Scusate l'occupazione indebita di spazio. Sam
  7. Copio incollo quanto ho già scritto nei commenti dei lettori di VareseNews: Infinitamente meglio 3 edifici da 30 piani che 9 da dieci: saturare il territorio è perfettamente inutile. Inoltre, non porre vincoli significa dare impulso alla libertà creativa di ingegneri e architetti per disegnare qualcosa di moderno, funzionale e, finalmente, veramente bello da vedere: una nuova immagine per una città mentalmente vecchia, ancorata al tempo che fu e, importante, che in tutti gli ultimi grandi interventi urbanistici ha stupidamente rinunciato a osare. Sperem
  8. Tanto per proseguire: I MONDI VIRTUALI EDUCANO I BAMBINI Secondo alcuni esperti determinati giochi potrebbeso aiutare i bambini nell'apprendimento dei valori LOS ANGELES Come sulla televisione, anche sui giochi virtuali circolano luoghi comuni che ne sottolineano i pericoli di alienazione o di negazione dell’infanzia. Ma gli esperti incontratisi alla University of Southern California non sono d’accordo: come qualsiasi forma di intrattenimento anche i cosiddetti mmorpg (Massively Multiplayer Online Role-Playing Game) vanno dosati, capiti e soprattutto il bambino non va lasciato solo di fronte a tanti stimoli, ma il valore dei giochi virtuali è alto e attraverso queste forme ludiche i più piccoli possono imparare a socializzare e a dare un valore al denaro, alla vita, al tempo. Insomma, a crescere. IMPARARE DAI METAVERSI I genitori dovrebbero temere meno i pericoli e capire che i bimbi grazie ai metaversi (ovviamente quelli più adatti alla loro età) imparano importanti valori: essere dei buoni cittadini, utilizzare il pc, dare valore dei soldi, prendere decisioni sulla propria vita. A organizzare il convegno è stata la MacArthur Foundation, che da tempo dedica energie e capitali per cercare di capire e quantificare l’impatto dei mondi virtuali sull’infanzia. Doug Thomas, professore associato alla USC's Annenberg School of Communication, elogia i metaversi e porta come esempio la loro natura propriamente commerciale, che insegna, giocando, concetti difficili da incontrare per i giovanissimi, con il pregio di una simulazione, ovvero senza un’esposizione reale. ESEMPI Sono tanti i giochi che incarnano i valori citati. Uno degli esempi più calzanti è Club Penguin , ribattezzato il MySpace dei bimbi: questi ultimi controllano i loro pinguini-avatar, lanciano palle di neve e stringono amicizie. Gli animali hanno differenti caratteristiche e differenti occupazioni. C’è il pinguino bagnante, il pinguino cameriere e il pinguino che fa sci nautico. Inoltre, con l’argent de poche in dotazione, i ragazzini possono dare loro un igloo e vestirli, oltre che provvedere ai loro bisogni. Altro esempio è Webkinz, che offre la possibilità di animare i propri peluche preferiti, scegliendo per loro il sesso e un nome. I bimbi devono poi provvedere a una casa e alle spese di salute e per i divertimenti e hanno la possibilità di accrescere il budget a loro disposizione superando dei quiz educativi. In tutti questi giochi esiste inoltre la possibilità per i grandi di filtrare le conversazioni dei figli, scegliendo frasi preselezionate dal menu. BULLISMO E’ l’altra accusa ricorrente rivolta ai mondi virtuali, ovvero quella di insegnare atteggiamenti di prevaricazione e violenza attraverso il gioco. La risposta degli esperti è corale e dettata dal buon senso: «Sì, esiste il bullismo nei mondi virtuali, ma non è poi così diverso dal mondo reale». Il consiglio ai genitori per difendersi dai rischi dei giochi virtuali è sempre il solito: «Accompagnate i vostri figli in quei mondi, andateci con loro, non lasciateli soli». Emanuela Di Pasqua 16 novembre 2007
  9. Tanto per restare in tema: Non potranno essere processati, ma rischiano 5 anni di riformatorio USA, STUPRATORI A 9 ANNI. VITTIMA UN'11 ENNE Tre ragazzini finiti in carcere per aver violentato una bambina. Loro si difendono: ma lei era consenziente ACWORTH (Georgia, Usa) Tre ragazzini statunitensi, tra gli 8 e i 9 anni, sono stati accusati di aver violentato una bimba di 11 anni la scorsa settimana in Georgia. «In più di vent'anni di vita professionale, non ho mai visto nulla di simile», ha dichiarato Michael Wilkie, commissario di Acworth, la cittadina teatro del nuovo episodio di cronaca nera. IN CARCERE Con indosso tute blu i ragazzini -due di 9 anni e uno di 8- sono apparsi dinanzi al giudice a Cobb County, a nord di Atlanta, lunedì pomeriggio, che ha deciso di lasciarli in carcere. All'udienza a porte chiuse, non sono stati ammessi i giornalisti. LA VIOLENZA Secondo l'accusa, la ragazzina ha subito la violenza giovedì pomeriggio, ma i genitori hanno presentato la denuncia solo sabato e domenica la piccola è stata a lungo interrogata dagli inquirenti. La difesa dei ragazzini è che il rapporto sessuale ci sia stato, ma consensuale; ma secondo la polizia, non può esserci consenso quando si è così giovani. «PUNIZIONE ESEMPLARE» Adesso la madre della bimba chiede giustizia: «Devono ricevere una lezione perchè se l'hanno fatto a lei, potrebbero farlo a qualcun'altra. E chissà cosa faranno quando saranno adolescenti». I ragazzini sono troppo giovani per essere processati perchè secondo il sistema giudiziario della Georgia (Usa) bisogna avere almeno 13 anni per essere processati; e invece rischiano cinque anni di riformatorio 20 novembre 2007
  10. E' il progresso, o presunto tale: una crescita accelerata che rischia di mandare fuorigiri chi è privo di basi decenti o di un po' di testa. Sino a non molti anni fa il mondo imparavi a conoscerlo per gradi: casa, cortile, quartiere, tua città e via di questo passo; altrettanto graduale era la conquista delle libertà individuali. Adesso no, cavolo: a 10 anni si vive già aggrappati al telefonino (tempo fa lessi non so dove che ora va di moda il sesso virtuale via sms, bah) e ancora da prima sugli schermi dei computer si impara a conoscere navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione (cit.) senza avere le chiavi di lettura per identificarle, per capire che sono o che significano. Senza averle perchè, fra genitori in abdicazione anche per colpe non loro e sdoppiamenti di personalità di scaltri ragazzini angeli o demoni a seconda che siano in presenza di mammà o in libertà di branco, ormai è anche difficile capire da dove partire per educare una persona. Nel mondo di second life, anche la first life è contaminata, perché 'sta gente, ormai, non la sorprendi più con nulla: tutto è vecchio, già visto, già fatto, superato, inutile per tanti di loro, perché loro sono avanti, hanno già fatto tutto senza capire niente. Meraviglioso. La selezione naturale? Mah, il rischio è che la standardizzazione vada a premiare questo modello e che, quindi, diventi dominante e, come tale, accettato. S.
  11. All'atto pratico cambia poco, ma a onor del vero i mesi sono 6. La Provincia di Varese, 17 aprile 2007. (s.g.) La curiosa datazione del Franco Ossola che, secondo Il Sole 24 Ore, è del 1934 e non del 1961 (tribuna coperta) e anni seguenti (distinti e curve) non cambia la sostanza di uno stadio, un palasport, una piscina comunale e un palaghiaccio del capoluogo necessari di, a essere gentili, una rinfrescata. Dato per scontato che per l’arena di Masnago abbattere e rifare sia l’unica soluzione economicamente redditizia, la stretta attualità si chiama adeguamento al decreto Pisanu: a giorni è previsto un vertice fra Comune, Pallacanestro Varese e Commissione Provinciale di Vigilanza per discutere dell’installazione al PalaWhirlpool di un impianto di video sorveglianza, di barriere di separazione per la zona ospiti e di un corridoio di accesso protetto, sullo stadio (capienza 9.926 posti) pende invece la mannaia (decreto 8/2007 convertito con modifiche dalla legge 41/07) dell’abbassamento a 7.500 posti per gli impianti che dovranno sottostare alle norme che prevedono anche nuove recinzioni esterne. Il palaghiaccio? «Attendiamo che dal Comune - avvisa Stefania Busnari del Nuoto Club Milano - licenzino il nostro progetto di ristrutturazione». Migliore la situazione a Busto Arsizio dove il relativamente recente PalaYamamay con la nuova gestione di Agesp, Futura Volley e Inticom S.p.a. pare lanciato verso un buon futuro e lo Speroni (capienza 3.999) non necessita di adeguamenti.
  12. Il problema del posto venduto ad altri, mia esperienza, si è cominciato a manifestare abbastanza frequente da quando (anno x, mi spiace non ricordo) è stata informatizzata la gestione di abbonamenti e biglietti. Prima, quando si andava alla Giuliani & Laudi in via Leopardi dove mettevano una croce con la matita sulle piantine del palazzetto (le stesse che andavano poi in biglietteria durante l'anno), non mi è mai successo alcunché. Boh, misteri dell'informatica. S.
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