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«Voltiamo pagina con Ramagli»


Lucaweb

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di G.C.P.

Nessuno scandalo al sole, le nubi sparse sulle cime delle Prealpi si intonano a uno scialbo finale biancorosso. Non c’è stato alcun miracolo, d’un penultimo posto, che potrebbe valere come novantuno al lotto ma, nemmeno, s’è battuta Scafati, l’altra disperata del campionato. E’ un lunedì qualsiasi nel quartier generale del club biancorosso, né peggiore né migliore di altri in cui la società s’interrogava, a volte inquieta, a volte spaventata, sulla sua squadra perdente. La retrocessione è nota da tempo, anzi da molti più giorni della sua conclamazione di classifica, semmai resta un po’ di curiosità per un eventuale ripescaggio che, si sa, non coinvolgerà Varese, a meno di raffiche di fallimenti.

Il giovane presidente, con Cecco Vescovi, ormai general manager operativo, nel soffermarsi per un istante sulla gara di domenica, fa allora una smorfia che è tutto un programma: «Se queste ultime settimane hanno fatto crescere recriminazioni e rimpianti, illudendoci magari di poter risorgere per un’oscura forza del destino, in un sol colpo ci siamo trovati davanti allo specchio di un’intera stagione».

- Un fritto misto di errori e di equivoci...

«Ce lo siamo già raccontata questa storia, l’ultimo posto ci spetta. Noi baciati dalla sfortuna? E’ vero ma non c’è nemmeno più bisogno di interrogarci sui perchè di tante sconfitte nel supplementare o dopo vantaggi che altre squadre avrebbero protetto e sfruttato. Semmai, dopo la sconfitta di domenica, dovremmo chiederci delle ultime vittorie».

- Il giovane presidente non fa certo autoironia soltanto per mettervi in qualche modo una pietra sopra, il suo tono è di una serenità che trova radici nella nuova avventura che attende Varese, in LegAdue. Ora come ora la sua famiglia ci sta mettendo la faccia e rimettendo il solito gruzzolo spaventoso, roba da due milioni d’euro a stagione...

«Voltiamo pagina con la consapevolezza di chi ha cognizione di una durissima realtà ma la guardiamo in faccia per ridare a Varese la squadra e la serie che si merita».

- Da dove partirete e che cosa farete?

«Da una piazza pulita... Vi sono già alcuni confermati per effetto di impegni contrattuali e per scelta: Passera e Boscagin più un drappello di giovani da allenare e setacciare. Se resta improponibile una conferma di Melvin, dobbiamo mercanteggiare o scambiare il suo cartellino per non pagare l’americano una volta di più. Ben altra idea ci lega a Galanda. Con l’azzurro c’è un rapporto leale e corretto, come si conviene tra persone serie. Galanda non fa certo il difficile di fronte a una LegAdue, anzi s’è detto intenzionato a rispettare il contratto, quindi a restare a Varese per effetto di un impegno che considera d’onore. Semmai egli s’è chiesto se, anche nella serie inferiore, possa risultare utile alla nostra causa in determinati minuti, che non possono essere quaranta ma nemmeno trenta alla sua età. La sua conferma dipenderà dalla sua valutazione del nostro progetto e da un discorso che farà con l’allenatore. Credo che su questi punti ci si possa trovare d’accordo, il nostro piano, con Alessandro Ramagli guida, è triennale».

- Già, il nuovo allenatore. A quando l’annuncio?

«Mancano solo dettagli e la firma».

- Quali saranno le altre novità, intendiamo quelle di squadra? Varese, sempre consideratissima, non si trova più in concorrenza con quei grandi club che potrebbero darvi una mano...

«La Benetton è disposta, per esempio, a cederci in prestito Martinoni. Idee ne abbiamo, tutte da verificare e definire attraverso le indicazioni di Ramagli».

- La famiglia Castiglioni rimane una grande garanzia di continuità, ben visibile e chiara, innegabilmente irrinunciabile. Quali esiti stanno dando le cosiddette scalate in collina?

«Cimberio e i suoi amici ci rimarranno vicini, magari con più risorse ma non entreranno in società. Aspettiamo gli altri proponenti per capire la loro effettiva potenzialità: una cosa sono le buone intenzioni, un’altra i quattrini veri, tanti e in ogni stagione, per anni. Nel frattempo noi andiamo avanti».

Se novità debbano esserci, che siano concrete e garanti, a fronte di costi che succhiano continuamente capitali. Proprio Minucci, "boss" della Montepaschi, chiedendo conto ai Castiglioni di certe voci, faceva questa osservazione: «Chi vuole una società per investire seriamente in essa, si dovrebbe presentare con un assegno d’un milione di euro e dimostrare così la propria solidità e credibilità quale possibile acquirente o partner».

Staremo a vedere.

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