Jump to content

«Indimenticabile Varese»


Lucaweb

Recommended Posts

di Massimo Turconi

Dall’altra parte del filo la risata bella, forte e sincera di Giancarlo Sacco ci mette subito a nostro agio. Intuisci che per il “Licaone”, parlare di Varese, significa mettere in circolo emozioni mai sopite e ricordi gradevoli che spaziano a 360 gradi: «Varese è il ricordo di una finale scudetto persa per colpa del maledetto infortunio capitato a Meo Sacchetti. Sul quel ginocchio malamente troncato in due, si spezzarono le nostre speranze mentali e davvero il mondo ci crollò sulla testa.

Ma Varese vuol dire anche l’incertezza dell’anno successivo quando, in sede di costruzione della squadra, si presero delle decisioni a metà: né rifondazione totale del gruppo né piccoli ma importanti ritocchi.

Espressi la mia idea dicendo che con una scelta del genere si sarebbero corsi grossi rischi.

Mi pare superfluo sottolineare che fui un facile profeta. Infine Varese - Sacco sorride, ricordandolo - significa soprattutto le lunghe chiacchierate, in verità più simili a monologhi col vostro “capo” Giancarlo Pigionatti. Il “Pigio”, persona sensibile, acuta e simpatica, che, nel corso di interminabili telefonate, mi voleva sempre raccontare il “verbo” della pallacanestro. Momenti belli e, ahimè, irripetibili».

- Irripetibili anche perché l’attualità, sia a lei, sia Varese, regala orizzonti più modesti: quale situazione ha trovato entrando a Rimini.

«La solita atmosfera che circonda le squadre alle prese con problemi: gruppo sfiduciato, in cerca di sicurezze e ambiente da risollevare. Dal punto di vista tecnico, invece, un solo problema: il tipo di gioco che, dal mio punto di vista, non era adeguato alle caratteristiche della squadra. Intendiamoci: Cedro Galli ha lasciato nelle mie mani una squadra ben allenata fisicamente e tatticamente pronta, molto reattiva sotto il profilo mentale. Ma, tecnicamente, lo sviluppo di un gioco mutuato dal famoso "attacco triangolo" dei Bulls, sei volte campioni NBA è un sistema offensivo che, oltre a richiedere tantissimo tempo e lavoro, prevede l’utilizzo di giocatori dinamici, duttili, multidimensionali. In poche parole, un po’ il contrario della nostra realtà: Rimini aveva e ha tuttora in organico, piccoli "piccoli" e ben definiti nel loro ruolo e lunghi non esattamente fulmini di guerra. Così, per farla breve, nei primi giorni trascorsi con la squadra, ho trovato un gruppo di ragazzi preoccupato a “pensare e leggere” come giocare a pallacanestro».

- Quindi?

«Quindi, per prima cosa, ho tolto di mezzo il verbo pensare e lasciato solo giocare. Ciò tecnicamente è servito a semplificare all’osso tutte le situazioni, ridurre drasticamente le letture e concedere più spazio a giocatori che, comunque, con palla in mano sanno già cosa fare. In questo senso mi piace citare un pensiero del nostro capitano German Scarone: "Prima, col triangolo, era il singolo che doveva fare di tutto per far giocare bene il gruppo, ora è il gruppo a mettere in condizione i singoli di potersi esprimere al meglio. E’ una differenza sostanziale che ci ha permesso un gran salto di qualità" E’ una dichiarazione che mi fa piacere e che, ovviamente, sottoscrivo».

- Intanto, senza triangoli di mezzo, avete abbandonato il fondo della classifica.

«Sì ma non abbiamo ancora combinato nulla di speciale perché la classifica, in questo campionato, pazzescamente equilibrato, non concede respiro, né tregua. Sabato scorso, ad esempio, la vittoria colta a Pavia sembrava avesse i crismi dell’impresa. Invece, guardando il resto dei risultati 24 ore dopo, ci siamo accorti che si è trattato di un gesto dovuto per evitare di incappare in altri guai. Queste considerazioni valgono in coda, come in testa e, tanto per restare in tema, gli stop delle compagini di vertice non devono sorprendere. Neanche quelli della Cimberio che, è vero, resta la squadra più forte. Ma le squadre migliori si trovano peraltro in continua emergenza, mi sembra esattamente il caso di Varese, sicchè non possono fare miracoli. Galanda e compagni, poveretti, dal mese di settembre sono martoriati da mille acciacchi e, per esperienza, posso dire che, in condizioni del genere, non è facile tenere alti i livelli di prestazioni. Le sconfitte, o il giocar male, purtroppo fanno parte del gioco, anche se Varese, nonostante la sfortuna, è ancora prima e sta dimostrando il suo valore».

- A proposito di gioco: qual è il piano tattico che ha preparato in vista di Varese?

«Faccio pretattica e tengo per me questo segreto. Stavolta - conclude ironico Sacco -, nemmeno Pigionatti saprà estorcermi una parola. Ciao».

Link to comment
Share on other sites

×
×
  • Create New...