Lucaweb Posted May 28, 2008 Share Posted May 28, 2008 (edited) Scritto da: Francesco Caielli Parlando con Rubén Magnano non sembra di stare di fronte ad un mostro sacro della pallacanestro. Ad una medaglia d’oro olimpica, un eroe nazionale. Ad uno dei migliori allenatori del pianeta. Esistono persone così. In grado, fin da subito, di non far pesare il loro essere grandi. Una semplicità che non t’aspetti ed una simpatia istantanea. Un entrenadòr che dopo i tanti successi in Argentina è stato chiamato qui, a Varese, dove servivano la sua esperienza, il suo carisma e la sua bravura. Per la gioia di tutti: i tifosi feriti nell’orgoglio e nell’amor proprio da una squadra che non andava, i giocatori, che sopportano volentieri sedute di allenamento massacranti e vanno sotto le docce distrutti pensando tra di loro “Questo è bravo davvero”. Per la gioia dell’immenso Sandro Galleani, che racconta a tutti con orgoglio da bambino “Avete visto? Ho fatto il fisioterapista alla medaglia d’argento, non potevo non farlo alla medaglia d’oro...”. L’arrivo di Rubén Magnano sotto il Sacro Monte è stato una delle più belle notizie che il basket ci abbia portato dopo i fasti dei Roosters stellari. E l’orgoglio di averlo qui tra noi, di vederlo lavorare e condurre la squadra, ha fatto passare sotto silenzio anche l’imposizione degli allenamenti a porte chiuse voluta da Magnano. E poco a poco anche questo piccolo allenatore - “da piccolo giocavo a calcio,sono parole sue ma il basket lo avevo nel sangue, una cosa genetica, visto che giocavano i miei genitori. Ben presto ho capito che ciò che la palla voleva era di essere presa con le mani e buttata in un cesto” – è entrato a fare parte della nostra città. “Città che inizia a piacermi davvero. E’ una cittadina piccola, inserita in un contesto geografico davvero grazioso. Ancora la conosco poco, insomma, oltre al tragitto albergo – Palazzetto non è che abbia visto molto. Conto di visitarla un po’ di più quando arriverà la mia famiglia, a fine mese.” Una città, Varese, nella quale si respira basket. E l’argentino Magnano, questo, lo ha capito subito. E ne è rimasto colpito. “In questa città la pallacanestro è tutto. E’ quasi una religione. Venire ad allenare qui, per me, è dunque una sfida davvero importantissima. Una piazza che ha fatto la storia del basket, basta guardare i vessilli appesi al soffitto del palazzo. Anche in Argentina Varese è conosciuta, e io stesso vidi – era il 1975 o giù di lì – Morse, Zanatta e compagnia bella giocare ad un torneo nel mio paese.” Da quando è arrivato a Varese Rubén Magnano ha cercato di imporre alla squadra la sua filosofia di gioco e di lavoro: “ci stiamo conoscendo reciprocamente sempre di più – dice il coach – e stiamo lavorando davvero molto forte. Sono contento della risposta che la squadra mi ha dato. Ora vediamo cosa succede. Io sto cercando di inserire al meglio ogni giocatore nel contesto della squadra. Sto cercando di valutare e di capire come ogni atleta può rendere al meglio. So che abbiamo la possibilità di acquistare due nuovi giocatori, ed è una possibilità che teniamo aperta e stiamo valutando, senza fretta. Se deve arrivare un innesto, dovrà essere un giocatore importante.” Rubén Magnano parla volentieri anche del suo paese e della sua esperienza alla guida della nazionale argentina, con la quale ha ottenuto una medaglia d’argento ai mondiali di Indianapolis dopo una contestatissima finale con la Jugoslavia, e una fresca medaglia d’oro a spese di una sorprendente Italia. “Se penso ad Indianapolis dico de meritavamo di vincere noi. L’Argentina giocò molto meglio ai mondiali statunitensi che ad Atene. Quella finale... del resto la pallacanestro è così. In un secondo passi dalla gioia alle lacrime e viceversa.” Se invece diciamo Olimpiadi? “La parola che mi viene in mente è orgoglio. Ho negli occhi l’immagine della bandiera argentina sopra tutte le altre, ed è un’immagine che non scorderò mai. Una cosa enorme, anche per la situazione critica in cui si trova il mio paese.” Sinceramente, si aspettava di affrontare l’Italia in finale? “Sinceramente, molto sinceramente, sì. Lo dicevo da tempo, e pochi mi credevano. L’Italia di Recalcati era una squadra molto difficile da affrontare, piena di talento con i vari Basile, Pozzecco, Galanda li ho visti all’Europeo, e mi avevano impressionato” In patria, Magnano e i suoi ragazzi sono stati accolti da eroi nazionali “Abbiamo fatto una cosa molto importante. Abbiamo fatto capire alla nostra gente che vincere si può, che non si deve partire sconfitti, mai. Appena vinta la medaglia ho parlato con il Presidente per cercare di sfruttare la vittoria olimpica per migliorare la vita della mia gente. Ora l’Argentina ha un programma di basket per le scuole, e un piano di lavoro che coinvolge tutti i ragazzi più alti della media.” Magnano ha allenato dei grandissimi giocatori. Ma quando gli chiediamo chi sia stato il più grande, glissa “Non parlo mai dei singoli. Dico che ho avuto la fortuna di allenare immensi campioni come Ginobili, Oberto, Scola, Nocioni... sarei egoista se parlassi solo di uno. Quindi parlo della squadra. E la squadra migliore che abbia mai allenato è la Nazionale che giocò ad Indianapolis. Fummo davvero grandissimi. Meritavamo la vittoria.” Ancora corrucciato, umanamente dispiaciuto per quella sconfitta. Esistono persone così. Grandi personaggi e allo stesso tempo uomini normali. Stelle dello sport ma insieme gente comune. Esistono persone come Rubén Magnano. Francesco Caielli Edited May 31, 2008 by Lucaweb Link to comment Share on other sites More sharing options...
Recommended Posts