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Garnett: «Mi attrae il progetto di Varese»


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Scritto da: Massimo Turconi

Ho cominciato a fare canestro molto presto: ero ancora un bambino. Mio fratello James mi guardava, e un po' stupito dalla mia naturalezza e precisione di tiro, un giorno iniziò a chiamarmi "Money", dicendo che affidare la palla a me, era come metterla in banca. Il mio soprannome, un po' strano lo ammetto, nasce da lì...».

Da allora, aggiungiamo noi, il bel vizio di far canestro, Marlon Garnett non l'ha più perso. La nuova stella di Varese, scusate il gioco di parole, arriva finalmente a Varese.

«In effetti devo riconoscere che la Pallacanestro Varese si era già interessata al sottoscritto, alla fine - dice con un mezzo sorriso Garnett -, la perseveranza è stata premiata».

- Tuttavia, tre anni fa, prima che lei si accordasse con Milano, il suo arrivo a Varese sembrava cosa fatta...

«In tutta onestà, devo dire che in quell'occasione Geno Carlisle, che aveva da poco finito la stagione in maglia biancorossa, mi sconsigliò di accettare la proposta di Varese spiegandomi che la società era condotta male, disorganizzata e non gli erano stati dati tutti i soldi pattuiti. Così, esclusivamente per ragioni di opportunità e, per così dire, di sicurezza, optai per Milano».

- Dopo Milano, annata contrassegnata da un lungo stop per infortunio, lei finì però nella "brace" di Messina. Laggiù, soldi, pochini...

«Ricordo quello alla Sicilia Messina come un anno fortemente problematico, anche se alla fine riuscii ad avere quasi tutti i soldi del mio contratto. Purtroppo per gli italiani e gli allenatori, la musica fu ben diversa».

- L'anno siciliano, se non altro, ebbe il merito di spalancarle le porte per Treviso.

«Non vorrei apparire presuntuoso, non lo sono per niente, ma detto sinceramente, credevo di meritare la chiamata da parte di una grande squadra. In fondo, nel corso delle mie stagioni europee, pur scontando qualche difficoltà organizzativa, avevo sempre fatto bene. E la chance della Benetton non arrivò in modo inatteso. Purtroppo, a conti fatti, a Treviso abbiamo vinto poco ma dal mio punto di vista non nutro rimpianti particolari.

Eravamo partiti per disputare un'annata di transizione e, al contrario, per molti mesi, in Italia e in Europa abbiamo rappresentato il meglio. Poi, nel momento cruciale della stagione, quando si trattava di raccogliere i frutti, ci siamo sciolti. Ma io non dimentico che al PalaVerde abbiamo perso solo due partite: la prima contro Napoli e l'ultima, nei playoff, contro Milano.

In ogni caso, è stata una bella esperienza di gioco e di lavoro».

- Varese come si colloca in un percorso professionale fatto di discese ardite, vedi Messina, e risalite, ovvero Treviso?

«Varese - spiega Money G -, a questo punto della mia vita e della mia carriera, è qualcosa di più che una speranza. Prima di accettare ho parlato a lungo con allenatore e dirigenti e, al di là del discorso economico, ho apprezzato i programmi. Oggi come oggi poche società in Italia e in Europa propongono contratti biennali: questo significa che a Varese vogliono gettare le basi per un discorso duraturo e ad alto livello. Queste considerazioni, per un uomo come me, significano parecchio. Al di là del valore dei contratti».

- E queste ultime parole, in bocca a Marlon, uomo religioso, profondamente attaccato alla famiglia e prossimo papà, non hanno il sapore di parole di circostanza perché Garnett aggiunge: «Certo, noi giocatori professionisti prendiamo buoni soldi e conduciamo una bella vita ma nessuno di noi può tralasciare, o peggio, dimenticare il fatto che occorre dare qualcosa in cambio, non solo sul campo. Per questo mi piace giocare e trasmettere qualcosa ai tifosi e l'idea che, per due stagioni, sarò parte di Varese e della sua grande tradizione, mi inorgoglisce, accrescendo il mio senso di responsabilità e gratitudine verso la società e la città».

- Quali sono i suoi obiettivi per la stagione?

«Ingresso nei playoff e Coppa Italia. Poi, quando saremo nella post-season, vedremo cosa potrà succedere perché nei playoff, e dopo l'esperienza alla Benetton, posso pure gridarlo, tutto può accadere».

- Quale pensa sarà, invece, il suo ruolo all'interno della squadra?

«Credo che alla Pallacanestro Varese tornerò a recitare una parte importante e a 360 gradi. Dopo l'anno di Treviso, in cui mi si chiedeva sostanzialmente di segnare e di dividere le responsabilità con tanti altri campioni, a Varese dovrò essere un giocatore importante su tutti i lati del campo e anche in spogliatoio. In parole povere: canestri, difesa, leadership e punto di riferimento importante per compagni. Coach Magnano si aspetta tutto questo, ma anch'io ho grandi aspettative».

Le stesse di tutti i tifosi varesini che, come dice James, nel mese di giugno 2006, vorrebbero tanto fare un salto in "banca" per ritirare qualcosa a nome di Money G...

Massimo Turconi

Edited by Lucaweb
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