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"Il campionato di Varese è nelle mani di Magnano"


Lucaweb

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Scritto da: Giancarlo Pigionatti

Il mondo, è vero, va alla rovescia. E in perfetto senso orario con i tempi (generalmente grami), c'è Varese che, con Roma e Fortitudo Bologna, si barrica in casa chiudendo le porte ai suoi "amanti". "Non disturbate il manovratore", Magnano la pensa così quando istruisce i propri uomini in palestra durante la settimana. Morale, allenamenti a porte chiuse. «Non vi piace ma si fa così», questa è la filosofia del tecnico argentino che, attraverso metodi di lavoro, molto concettuali, potrebbe anche malcelare paure (che devono restare nascoste) o semmai debolezze, molto speciali, nell'eventualità di dover "bacchettare" la squadra o qualcuno in particolare.

I panni sporchi si lavano in casa o no?

Questa è solo un'ipotesi (anche capibile) ma la realtà ha più profondi riflessi in quell'ideale "matrimonio di interessi" (in senso buono e propositivo) tra squadra e città. Morale, se vuoi la gente vicino alla squadra, essa deve essere vicino alla gente. Questa è "analisi logica", inequivocabile, se non si vuol scivolare, pronti via, sulla buccia di banana, di un cattivo senso del realismo. Sull'argomento siamo già intervenuti ma insistiamo, non certo per attaccare (preventivamente) l'allenatore, anche perché non ci sembra proprio la "sagoma" di un poligono ,di tiro, se non che ci sembra inaccettabile quel "disprezzo" delle consuetudini secondo cui i tifosi della settimana erano degli amici e non "presenze fastidiose".

E in questo gioco "a nascondersi" salta alle orecchie una clamorosa contraddizione, conclamando un po' tutti, a cominciare dallo stesso Magnano, che le passioni cestistiche di Varese danno più l'idea di Piedigrotta che d'una "città svizzera", stando a una sua non meglio identificata freddezza in altre realtà. Non solo ma questo "marchio di fabbrica", per un entusiasmo inconfondibile, viene spesso utilizzato allo scopo di definire "speciale" Varese e distinguerla da tutte le altre "piazze" d'Italia.

E però vero che il palasport non è una stazione con gente che va e gente che viene (e che disturba) ma non è nemmeno una zona rossa, vietata e transennata, soprattutto ai tanti "legionari" biancorossi che, magari, dopo aver sottoscritto l'abbonamento, devono allungare il collo con il naso appiccicato ai finestrone per scorgerei "nuovissimi" Collins e Howell sul parquet.

La questione, di fatto, riguarda solo una minoranza ma, in linea di principio, un po' tutti gli sportivi, valendo qui una tradizione di autentica comunione con la squadra, anche nelle situazioni più imbarazzanti. In passato qualche tecnico aveva provato a cambiare il corso degli eventi con il solo risultato di "seminare vento e raccogliere tempesta" .

Personalmente non avremmo dubbi nell'imporre a un allenatore, pagato profumatamente, di adeguarsi alle usanze che ha trovato nel Paese e nella città in cui è venuto, potendo anche temprare le proprie metodiche di lavoro nonché arricchire la propria esperienza professionale. Ma non siamo la società, sicché abbiamo ragione di credere in un ragionevole compromesso, lasciando all'allenatore la propria libertà di espressione, ovvero quel diritto di gestione (del lavoro) che ritiene più utile a ottenere il massimo risultato ma entro determinati paletti di quella sfera di "privacy" che non può impedire alcuna partecipazione diretta e vitale ai tifosi "feriali".

La società è per questa soluzione, disposta ad affrontare la rigidità del tecnico che, con il tempo, spera di convincere affinchè sia egli stesso a capire di poter lavorare, come meglio crede, a porte non aperte ma spalancate, se non fa freddo fuori.

«Se la virtù sta nel mezzo - osserva Claudio Maria Castiglioni -, al di là di ogni ipotesi che riguarda la nostra sovranità, come società, credo che si possa concedere all'allenatore ogni riguardo che pretende per il suo "culto del lavoro" ma esigere in contraccambio una piccola e convinta apertura ai "tifosi" della settimana».

Già, Magnano. Che la società ha fatto bene a confermare, soprattutto nel panorama degli attuali tecnici in circolazione, cioè liberi di accasarsi a Varese, avendo Ruben quel titolo onorifico (della medaglia d'oro olimpica) da sfoggiare sulla panchina di Varese. Ruben, sino a (nuova) prova contraria, non è uno di quegli allenatori qualsiasi, che devono sbarcare il lunario, essendo peraltro persona molto onesta nel lavoro e nei rapporti umani.

Se, nella scorsa stagione, la sua mano mai s'è notata, pure dopo mesi di lavoro (ancorché quei giocatori li ha solo trovati sulla propria strada), finendo Varese male se non peggio rispetto agli inizi, stavolta Ruben può sfoderare tutte le sue possibili virtù nonché quella mentalità vincente, mostrata alla guida della Nazionale argentina. Chiamalo, se vuoi, carisma.

Magnano non è, come qualcuno crede, l'artefice principe della nuova squadra, tuttavia - è giusto sottolinearlo - ha dato suggerimenti preziosi alla società motivando le scelte di Castiglioni junior e del direttore sportivo Oioli, sicuramente è stato coinvolto in prima persona da un progetto che egli dovrà trasformare in una bell'opera sul campo. Il merito di un mercato mirato e tempestivo, insomma di grandi auspici, è innanzitutto della società, sennò potremmo anche noi rivendicare, da queste colonne, gli ingaggi di Garnett e Howell. Magnano, in verità e va detto, ha " scovato" e voluto Collins nel quale, pur non avendolo mai visto, crediamo tantissimo. Varese, ora come ora, dopo le tante suggestive premesse dell'estate, sembra competitiva, quindi potenzialmente in grado di abbattere quelle debite distanze che ora la separano dalle posizioni più nobili nelle gerarchie teoriche del prossimo campionato, sempre che Magnano la guiderà con perizia e lungimiranza. «Sarà un'ovvietà ma il risultato finale dipenderà dal tecnico, lo stesso papà - spiega Claudio Maria Castiglioni - si aspetta una squadra modellata dalla "mano" di un grande maestro come giudica Magnano, II tecnico ha avuto elementi affidabili e sani da guidare, conosce le nostre aspettative e sa che il tempo dei facili alibi è alle spalle. La squadra deve ingranare subito la marcia giusta, ne ha i mezzi e la tranquillità, peraltro la società è disposta a tornare sul mercato qualora serva un ritocco di classe in un particolare ruolo».

Castiglioni, nel frattempo, sta ottenendo risultati concreti sul fronte di una collaborazione con la Robur et Fides la quale, per chi non lo sapesse, possiede due veri "gioiellini" (Padova e Rosignoli) i quali avranno l'opportunità di sostenere qualche allenamento con Varese.

«Nei nostri pensieri -chiede il vicepresidente -c'è la pallacanestro di Varese, quella totale, con altre società coinvolte. E' il nostro anno zero, avendo nei sogni un bell'avvenire».

Che i Castiglioni vogliano vincere, lo si sapeva. Quando, lo si saprà in futuro.

Giancarlo Pigionatti

Edited by Lucaweb
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