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Il giocattolo basket si sta rompendo


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Scritto da Francesco Caielli

I campanelli d´allarme, si sa, sono fatti per essere ignorati. Salvo

poi ricordarsene e piangere inutilmente sul latte versato quando

l´irreparabile è avvenuto. La pallacanestro italiana fa acqua da

tutte le parti, e poco conta il fatto che a bordo l´orchestra stia

continuando a suonare, ignara, ottusa e cieca, mentre la nave sta

affondando inesorabilmente.

Roseto non ce l´ha fatta: dopo anni passati ad arrancare, salvandosi

per il rotto della cuffia e cambiando giocatori come mutande, è stata

esclusa dalla serie A. E dire che Roseto è - anzi, era - una piazza

importante e storica. Una città che vive e respira pallacanestro,

quella con il più alto numero di campi da basket per abitante, quella

che tutte le domeniche riempiva di entusiasmo le gradinate del

PalaMaggetti.

A Bologna, sponda Fortitudo, nessuno ha voglia di ridere. Dopo dodici

anni di investimenti e vittorie, il patron Giorgio Seragnoli ha detto

basta, e ha deciso di passare la mano: ad ogni stagione la sua

società produceva un buco di cinque milioni di euro, che lui

prontamente era costretto a sborsare di tasca sua. Eppure la

Fortitudo è sempre stata portata ad esempio come la società più sana

e seria, quella con il marketing più avanzato, quella con i tifosi

più fedeli, caldi e numerosi.

A Milano tutti si chiedono cosa accadrà il prossimo anno, quando

Giorgio Armani potrebbe decidere di lasciare il basket, dopo i tre

anni di investimenti che lui e la sua cordata si erano prefissi.

Sono ancora fresche e sanguinanti le ferite aperte da fallimenti e

sparizioni illustri (Pesaro su tutti) degli anni scorsi.

Brutti segnali, testimoni di un momento difficile come non mai. I

soldi sono altrove, in altri paesi, dove le società sportive sono

agevolate (fiscalmente e dal punto di vista legislativo) e il futuro

delle singole squadre non è legato a doppio filo con le bizze e le

lune del magnate di turno.

I giocatori più forti emigrano nei campionati esteri, a caccia di

gloria e contratti. Le nostre piazze, in Europa, contano sempre di

meno e sono soltanto un lontano ricordo le edizioni dell´Eurolega in

cui erano le italiane a farla da padrone.

In Italia le realtà che si possono permettere investimenti importanti

e a lungo termine sono rimaste due o tre (Treviso, Roma...), le altre

arrancano e sperano.

Varese oggi c´è: iscritta al prossimo campionato, con una società che

sta crescendo e nuova voglia di fare (Chiapparo). Ma il futuro è

denso di nubi nere e minacciose, appeso a un sottilissimo filo.

La nave sta affondando, si salvi chi può: che l´orchestra la smetta

di suonare, prima che sia troppo tardi.

Francesco Caielli

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