Jump to content

"Il Simmenthal rubò il derby. E io rifiutai l'azzurro.


Lucaweb

Recommended Posts

di Antonio Franzi

VARESE Lui sì che se ne intende: i derby con Milano vissuti in prima persona con la bacchetta della regia tra le mani Aldo Ossola li mette tutti in fila nell'album dei dolci ricordi di una carriera da superstar: quelli disputati con l'Ignis, soprattutto, ma anche la Robur et Fides e per un breve periodo l'All'Onestà, seconda società milanese che all'epoca talvolta faceva tremare lo stesso Simmenthal: «Guardi, non c'era niente di più intenso per me e per l'intera città di Varese. Quando da sotto il tunnel vedevamo quelli con le maglie e le scarpette rosse già pronti sul parquet, si provava qualcosa di speciale. Il derby aveva inizio». E non sempre finiva al 40': «Addirittura la prima volta per me fu quando, nell'autunno '62 ancora giovanissimo play con la maglia della Ro-bur neopromossa in A, fummo beffati da un Simmenthal stellare. Perdemmo 62-58 contro i vari Pieri, Rimmucci, Vianello e Vittori. Ho detto beffati, in realtà gli arbitri ci avevano messo lo zampino. Tanto che qualcuno tra i nostri tifosi, li ricordo molto bene però non è il caso di svelare il loro nome, inseguirono schiumanti di rabbia i due fischietti fin quasi a Busto Arsizio».

Ossola, anche tra i suoi professori c'era un tifoso, ma del Simmenthal.

Sì, il professor Ticinelli, che era nostro docente di Francese in quarta ragioneria al Daverio. E il lunedì seguente a quella sfida in cui una Robur di sbarbatelli quasi sconfiggeva il suo mito Simmenthal mi affibbiò un 3. Avevo passato la domenica a giocare invece che a studiare la sua materia!

Presto passò alla Ignis e nel '64 disputò la prima sfida con la maglia gialloblù.

Beh, erano anche le prime partite disputate al palasport. L'ambiente era rarefatto, molto meno caldo che alla palestra di via XXV aprile e la squadra ne soffriva. Fu facile per loro superarci.

Dopo una prima parentesi con l'Ignis, fu mandato all'All'Onestà per far esperienza.

C'era un bel quintetto con Joe Isaac quale stella e poi l'ottimo Gatti, Vatteroni e anche Toto Bulgheroni ci metteva del suo. Naturalmente, la nostra più bella soddisfazione fu quella di mettere sotto, subito fin dalla prima partita, il Simmenthal.

Lei ritornò nella sua città

nell'estate del '68, quando arrivò anche Raga. E uno scudetto inaspettato.

Si diceva persino che fossimo destinati alla retrocessione. Invece, fummo grandissimi. Una gran bella stagione, con Flaborea a dar man forte in area a un Meneghin ancora acerbo, aveva diciannove anni, eppure già decisivo.

Manco a dirlo, l'ultima partita fu quella contro il Simmenthal.

Si giocava a Masnago, noi dovevamo vincere per forza ma l'allenatore Messina ci diede grande tranquillità. Passammo il pomeriggio a casa del dottor Venino, il medico sociale, e in campo superammo con grande facilità un avversario menomato dall'infortunio dopo 10' del suo pivot Masini.

A causa dei milanesi, lei rinunciò anche alla Nazionale.

Avevamo sempre il dubbio che fossero aiutati dalla Federazione, tanto più dopo quello che era successo con il caso Gennari. Un anno giochiamo a Milano e a un certo punto gli arbitri fischiano un fallo molto dubbio su Brumatti, che era uno sbarbatello. Al suo posto sulla linea dei tiri liberi si presenta Kenney. Noi protestiamo eppure non

succede niente. Alla sera, torno a casa e scrivo una lettera alla Federazione di rinuncia alla maglia azzurra.

A proposito di allenatori. Come interpretavano il derby i vari Nikolic e Gamba?

In verità, il più sereno era proprio Messina: Nico ci mandava allo sbaraglio, da garibaldini e facemmo sempre bene. Il professor Nikolic, invece, aveva grande timore dei milanesi. Era sempre nervoso, forse subiva il carisma di Rubini. Fatto sta che, con lui in panchina, la Ignis non ha mai vinto a Milano. Per Gamba, infine, fu tutto più facile. Quando arrivò, non c'era già più il Simmenthal, ma lo sponsor nell'estate '73 era diventata l'Innocenti. La squadra era stata indebolita: se penso che il loro straniero era Brosterhaus, uno ricordato soltanto perché si portava il pitone nello spogliatoio...

Ritorniamo a Messina, la cui fede fascista era ben nota.

Siamo a uno degli spareggi giocati a Roma, lui è il vice di Nikolic. Ci stiamo riscaldando nel pre partita con un esercizio che ci fa ritornare a metà campo uno per volta. Messina ci tende la mano e siamo obbligati a toccare qualcosa. Qualcuno si accorge che era una grande medaglia del Duce!

Con il Simmenthal i confronti erano sempre durissimi. Anche sul piano fisico.

Sì, io stesso mi infortunai almeno due volte. Non dimenticherò mai, però, quello che Kenney fece a Meneghin nel 73: si era punto a' punto, quando Bino cadde a terra. L'americano del Simmenthal gli salta con i piedi sulla faccia rompendogli il setto nasale. Immaginate il parapiglia. La partita riprende e noi, arrabbiatissimi, gli diamo 20 punti: che carica, ragazzi!

Antonio Franzi

Link to comment
Share on other sites

×
×
  • Create New...