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Le scuse di Delonte come acqua sul marmo


Lucaweb

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di Giancarlo Pigionatti

Dio perdona e Magnano? Bisogna chiederselo dopo che Holland, su queste colonne, ha fatto pubblica ammenda dei suoi errori per aver mancato di rispetto all'allenatore in un momento di tremenda frustrazione. La piccola "stella americana" della Whirlpool ha rilanciato sul tavolo di un conflitto puntando forte sulle fortune di Varese in campionato, a cominciare dall'acceso derby di Cantù, cui vuol esserci.

Ma Holland, che resta escluso dalla squadra, lo vedrà in televisione, sempre che non si posi sul capo del tecnico uno spirito celeste con il dono della clemenza. Ora come ora le dichiarazioni di Holland sembrano avere l'effetto dell'acqua sul marmo, tant'è che sono giudicate di maniera - par di capire -dagli interessati (allenatore e società schierata a tutela di Magnano) i quali credono più a un'architettura difensiva e diplomatica che a una confessione spontanea e sincera. Sennò - si fa notare - non si sarebbe fatta attendere e soprattutto l'ala americana si presenterebbe con il capo cosparso di cenere al cospetto dell'allenatore.

Scuse sospette, chiamiamole così, stando all'inflessibilità del club biancorosso che, comunque vadano le cose - osserva il presidente - resta danneggiato da una realtà che, sin qui, è racchiusa da una forte questione di rigore e serietà, ben diversa, ci vien da osservare, da una cognizione relativa a una squadra, prossima a un derby ad alta tensione e priva di uno dei suoi leader più talentuosi.

Questo è un fatal argomento ma sembra trascurabile nel clan biancorosso che, ora, pur temendo un danno immediato, giudica preminente la serenità, nel lavoro, di Galanda & C.

Ma Holland non è Genovese, sicché ci pare insensato ipotizzare che la squadra possa rinunciare a una risorsa così luminosa (visto il suo apporto che, tradotto in soldoni, è valso sin qui 16.5 punti di media a gara), se a cuor leggero o pesante che sia, sempre che aspiri a disputare un campionato teso all'avanguardia.

Giusta la sospensione a tutela del rispetto e dell'onorabilità dell'allenatore che in via gerarchica non ammette insubordinazioni (ma discussioni sì), lo abbiamo sottolineato, sin dal primo momento, accorgendoci sin da domenica, durante la gara con Roma, di un caso "odioso" e ingrato ma, di fronte ai buoni propositi "pubblici" del fantasista biancorosso, ci saremmo attesi un minimo d'apertura credenziale, almeno a soluzioni più possibiliste al perdono, quindi al suo recupero.

Sarebbe salutare anche una sculacciata, si fa per dire, basta che Magnano e Holland si parlino, per riappacificarsi o farla finita, disprezzando chiunque le puntate di un caso che, lasciato tale, sembra promettere ancor più incomprensioni ed equivoci.

Sarebbe la cosa più semplice del mondo ma non accade perché Magnano, avendo la società al suo fianco, sta tentando una prova di forza nei confronti dell'atleta più trasgressivo (tatticamente parlando), quindi poco ideale alle sue idee di pallacanestro e pure in un ambiente nel quale comincia ad avvertire qualche spiffero di troppo sulla sua indiscutibilità. E' solo una sensazione ma non ci spieghiamo perché mai un signore di grande esperienza, come Magnano, che può essere per la sua età un padre per Holland, non richiami a un incontro severo il giovane americano, per metterlo naturalmente in riga. Nessuno, insomma, si sta muovendo.

E nel frattempo, si sa, prevale la linea di quell'intransigenza che ricorda Mao il quale sosteneva l'esemplare punizione di uno per educarne cento.

Chi? Galanda, Capin, Keys e Carter, che sono tutte belle persone? E al pubblico, orfano di un suo giocatore estroso e divertente, non si pensa? E poi conta soprattutto il bene di Varese in campionato che, nel caso di un indebolimento delle sue risorse di squadra, a causa di un "suicidio" tecnico, potrebbe anche rischiare un bagno di... sangue. Magnano ha le sue spiegazioni ma Holland porta comunque in dote, ogni volta, un valore aggiunto senza il quale si rischia di ritrovarsi a corto di belle risorse. La società, schierata a spada tratta con il suo tecnico e fors'anche perplessa di fronte ai proponimenti di conciliazione di Holland, sembra decisa - si diceva - a seguire la linea della fermezza.

Già, la fermezza. Che, se a oltranza, provoca anche disastri, se non feriti e morti. Come nel caso Moro per usare un paragone un po' eccessivo, di ben altra dimensione.

Fa male quanto sta accadendo in una stagione, per Varese, così aperta, dovendo scongiurare un'eventuale spaccatura, peraltro più dirompente e imbarazzante, tra il tecnico e il pubblico, la cui maggioranza, e non c'è bisogno di un referendum, sta probabilmente dalla parte di Holland, la cui qualità è palpabile a occhio nudo e in campo, semmai si può discuterlo e criticarlo ma anche si ammira la sua classe.

Una pecora che fa buona lana, va tosata e non scuoiata, questa è un po' la morale di una stòria, a questo punto di difficile comprensione.

Claudio Maria Castiglioni ammette il disagio ma non è pessimista se guarda al domani: «Ogni giorno che passa, è vero, aumentano le possibilità di una cessione di Holland ma, se ciò accadrà, non lasceremmo il suo posto vuoto. Cercheremo un sostituto che sarà sicuramente di valore».

Dopo di che, par di capire, sarà l'allenatore, ben servito (della testa del ribelle americano) ad avere grandi responsabilità.

Personalmente, non potendoci fidare di un mercato che, di questi tempi, promette solo grandi illusioni, se fossimo nei panni dei dirigenti, cercheremmo di avvicinare l'americano all'allenatore, a costo di rinchiuderli in una stanza affinchè si chiariscano per bene le idee. In tal caso sarebbe più chiaro l'immediato futuro con o senza Holland. Aspettando che finisca questo po' di melodramma, ci auguriamo solo che Varese non ci rimetta per colpa di alcuni suoi personaggi, perché se ciò accadesse, sarebbe imperdonabile.

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