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Con quel palazzetto Varese resterà fuori dall'Europa


Lucaweb

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di Flavio Vanetti

Premessa. Da varesino, più che da persona che lavora nello sport, sono favorevole alla realizzazione di un nuovo stadio per la squadra di calcio. Credo che la città abbia bisogno di pensare in grande e di uscire da un'atavica tendenza all'immobilismo, sempre che i progetti siano trasparenti e rispettosi delle norme. Vedo dunque con favore lo sforzo generoso di Riccardo Sogliano, che da bambino ammiravo per la grinta con la quale onorava la maglia biancorossa. Tuttavia in questa vicenda c'è un aspetto che non mi convince: tutta l'attenzione è stata fecalizzata sul Varese calcio, perdendo di vista le esigenze della squadra di basket. Se lo stadio è inadeguato per le mire future e ambiziose della società di Sogliano, il palasport lo è ancora di più per la realtà della Pallacanestro Varese. Il PalaWhirlpool, deturpato da quell'ampliamento avviato a suo tempo e poi in gran parte abortito, è un vero insulto alla storia e alla tradizione del club. Leggo che i Castiglioni hanno ottenuto la gestione per altri quattro anni, ma tra me e me dico: hanno un bel fegato ad accollarsi l'onere di una struttura ormai superata dalla storia, anche se hanno fatto il possibile per aggiornarla.

Com'è possibile allora che si guardi giustamente allo stadio e non si butti un occhio duecento metri in linea d'aria più in là? La Varese del basket è una realtà della serie A e, dopo anni difficili, pare cominci a riassestarsi ad alto livello. L'ex presidente Borghi ha addirittura ventilato il nome fatidico: Eurolega. Ma, signori, in Eurolega non ci si andrà mai con quel "cesso" di palasport che ci ritroviamo, e peste colga chi ha rovinato il vecchio PalaOldrini, piccolo ma razionale ed esteticamente gradevole: la lega continentale si appresta infatti a fissare capienze minime da novemila posti. Inoltre, i palasport sono anche, in molti casi, legati a realtà extrasportive, di intrattenimento o commerciali. E spesso sono realizzati con criteri che sono all'opposto del nostro: niente vetrate e spazio a sale cieche illuminate da luce artificiale. Se mai un giorno Varese dovesse tornare nel basket europeo che conta, dovrebbe emigrare: o al Forum o magari - meglio ancora, secondo me - a Lugano, dove sarebbe possibile avvicinare e fidelizzare nuovi tifosi. Ma è sensato tutto ciò? No, tutto sommato no: l'identità varesina sarebbe annacquata. Ora che l'idea dello stadio in qualche modo avanza, però con un iter che ripartirà da zero, bisognerebbe avere il coraggio e la fantasia di pensare a qualcosa di più estensivo, a una sorta di città dello sport (non necessariamente da realizzare negli stessi posti del Franco Ossola e del PalaWhirlpool) che sia in grado di dare una casa degna sia al calcio sia al basket. È pacifico che il Comune da solo non può accollarsi un onere tanto elevato; ma un'alleanza chiara tra pubblico e privato potrebbe portare a trovare la formula finanziaria migliore per tutti. Davvero è fuori luogo riflettere su questo scenario?

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