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"Il limite di Varese è solo il cielo"


Lucaweb

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di Francesco Caielli

Ogni volta è la stessa storia. Alla fine degli allenamenti, sempre,

Keith Carter si ferma per una serie supplementare di tiri liberi, in

compagnia di Galanda, Capin e Hafnar. Gare scherzose a chi segna di

più, gli altri tre che fischiano e fanno versacci mentre il compagno

sta tirando, l´ennesima dimostrazione di quanto questo gruppo sia

davvero solido e cementato. Il sorriso di Carter è solare e sincero,

occhi sereni che non riescono a nascondere le sue emozioni: quando è

triste se ne accorgono tutti, quando è contento viene voglia di

ridere insieme a lui. Keith ora è un uomo felice. E come si fa a non

essere contenti dopo una partita come quella di domenica scorsa,

quando un suo siluro scagliato da lontanissimo ha regalato a Varese

l´ennesima gioia di una stagione sempre più bella, contro gli eterni

rivali della Fortitudo? Lui si gode il momento e i complimenti di

tutti, e fa il modesto: "Ho messo il tiro della partita? E´ solo il

mio lavoro". Ma sotto sotto capisci che non sta più nella pelle dalla

gioia, che quel canestro lo ha cercato e voluto, perché voleva

dimostrare a tutti di essere un giocatore degno di questa squadra,

anche dopo due settimane difficili coincise con le prove opache di

Capo d´Orlando e della partita con la Virtus. "E´ vero - confessa -

ho attraversato un periodo un po´ particolare. Ho giocato male una

partita alla quale tenevo moltissimo, contro la mia ex squadra in

Sicilia. Avrei voluto rifarmi subito sette giorni dopo contro la

VidiVici, ma non è andata bene. Per fortuna sono riuscito a

sbloccarmi, ed è venuta fuori la gara con la Fortitudo".

A Cantù ha messo quel tiro impossibile che ha regalato a Varese i

supplementari. Con la Climamio la bomba della vittoria. A lei la

pressione non fa nessun effetto?

Io sono un giocatore che ama prendersi i tiri decisivi, quando la

palla scotta e diventa pesante. Non mi nascondo, e se c´è da

assumersi delle responsabilità io sono pronto. Certo, a volte può

andare male, non si può sempre fare canestro. Però quando va bene, e

la squadra vince delle partite importanti grazie ad un tuo tiro, è

bellissimo.

Varese è quarta, la classifica sorride, l´entusiasmo attorno alla

squadra è tantissimo. Ma dove volete arrivare?

Fino ad ora abbiamo cercato di pensare solo ad una partita alla

volta, non vedo perché dovremmo smettere di farlo adesso. Non

facciamo programmi, e andiamo avanti così.

Quindi ora si pensa a Bologna e alla coppa Italia?

Andremo a Casalecchio leggeri come l´aria, senza nulla da perdere.

Andremo giù a divertirci e a giocarcela a viso aperto, senza paura.

Nessuno ci considera, tutti parlano già della VidiVici come probabile

vincitrice della coppa. Meglio così: meno ci guardano, e meglio è.

Quando si accorgeranno di noi sarà troppo tardi.

Intanto questa squadra gioca sempre meglio. Ma qual è il vostro segreto?

Credo che tutto dipenda dal fatto che stiamo insieme dal mese

d´agosto. La società ha puntato su questo gruppo, ha fatto delle

ottime scelte e le ha portate avanti. Ora iniziano a venire fuori i

frutti di questo lavoro, ma non avete ancora visto nulla. C´è un modo

di dire molto in voga negli USA, che è perfetto per descrivere la

nostra situazione. Dice: il nostro limite è solo il cielo.

Autorizzati a sognare, dunque?

Io credo molto in questa squadra, e sono convinto che possiamo

migliorare ancora parecchio e prenderci delle belle soddisfazioni.

Siamo un gruppo bellissimo, ho avuto la fortuna di trovare dei

compagni di squadra fantastici, una società perfettamente organizzata

e sempre presente, e un ambiente perfetto per giocare a basket. Siamo

una squadra di vincenti: abbiamo saputo portare a casa delle partite

incredibili, siamo stati capaci di fare delle rimonte impossibili e

ce la siamo giocata praticamente con tutti. Io credo che le premesse

per fare delle grandi cose ci siano tutte, ma non possiamo

permetterci di alzare la guardia nemmeno per un secondo. Restiamo con

i piedi per terra, la nostra umiltà ci porterà lontano.

Francesco Caielli

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