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Galanda sa come bersi Milano


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di Massimo Turconi

Sulle pelle porta ancora i segni della camicia di forza che la Virtus, suo malgrado, gli ha cucito addosso. Sulle braccia e sulle spalle scorgi, invece, qualche livido della lotta cruenta ingaggiata contro Michelori, Davison, Lang, Giovannoni e compagnia. Giacomo Galanda, impacchettato e rinchiuso in un angolo dalla difesa Virtus, in prossimità del derby contro Milano, rialza finalmente la testa e con serena obiettività analizza il momento vissuto dalla Whirlpool Varese. Partendo, com'è ovvio, dalla sconfitta subita nei quarti di Final Eight a Casalecchio. «Di tutto quello che ci è capitato a Bologna mi rincuora il fatto che, ancora una volta, siamo stati una squadra molto unita - spiega Galanda, con il chiaro intento di stupire -. La mia è una battuta e mi riferisco al fatto che anche nelle difficoltà abbiamo mostrato grande

coesione visto che abbiamo giocato tutti male ed è veramente impossibile salvare qualcuno dal "giovedì nero" di Casalecchio. Di contro, bisogna ammettere che Bologna ha preparato la partita assai bene e in modo nettamente diverso da quanto avevamo visto un paio di settimane prima a Masnago. Le "Vu nere" hanno puntato all'eliminazione di Holland e del sottoscritto dai meccanismi di gioco e noi, purtroppo, nelle more di una gara molto tattica, non siamo stati capaci di trovare, o costruire alternative credibili. Tuttavia, a prescindere da questo, devo sottolineare il clima di nervosismo che ci ha accompagnato per tutta la partita. Un'atmosfera che, peraltro, ha fatto da sottofondo anche ad altre gare dei quarti che, mi sembra, non sono state di alto livello».

- Un'atmosfera strana per una squadra come Varese che, alla vigilia, aveva sbandierato tranquillità e "testa leggera"... «Dichiarazioni facili da esternare, un po' meno da mettere in pratica perché in realtà - continua Galanda -, la pressione dell'evento, quando scendi in campo, si sente e noi avevamo la testa piena di brutti pensieri». - Non è la prima volta che il gruppo, davanti alle partite da vincere a tutti i costi, esce dai binari. E' preoccupato? «No, per nulla. So benissimo che la costruzione di un nucleo vincente passa necessariamente attraverso esperienze di questo tipo. Per "imparare", prima bisogna sperimentare questi stati d'animo giocando e perdendo decine di gare con questo pathos e la stessa tensione emotiva. Non a caso, anche Bologna, in attacco, ha giocato piuttosto male. Solo che i virtussini, a differenza nostra, hanno spremuto qualcosa di meglio in difesa. Sul fondo, ad ogni modo, restano due considerazioni: il disappunto

per una partita che avremmo potuto vincere e la certezza che, per l'aria che ho "fiutato" in spogliatoio, sapremo virare positivamente la tensione».

- Già, la virata... I tifosi, col derby di Milano alle porte, non chiedono di meglio...

«Vogliamo giocarci tutte le nostre chances e siamo coscienti che, se il paradigma di riferimento è costituito dalla gara d'andata, abbiamo tante possibilità. Allora, seconda partita di campionato, esordio casalingo, stessa tensione e nervosismo visti a Bologna, facemmo una magra figura. Adesso, con tanta strada già messa alle spalle e chili di sicurezza in più nei nostri mezzi, dovrebbe, uscirne una partita diversa. Certo, Milano è forte, completa in ogni ruolo, con giocatori versatili ma è anche condizionata da assenze pesanti. E noi siamo decisamente meglio di quelli visti lo scorso ottobre».

- Quali, secondo lei, sono le coordinate tecniche e tattiche?

«Milano ha nelle mani molteplici soluzioni e non sarà possibile puntare il dito solo su uno-due giocatori. Mancando Blair i loro sforzi cambieranno connotati, per esempio su Gallinari come "quattro", in ogni caso non dobbiamo concentrare le attenzioni su tre, quattro awersari. L'Armani mette in mostra un basket magari senza

fronzoli ma concreto e per batterla dovremo puntare sulla qualità del gioco su entrambi i lati del campo. Dirsi l'un l'altro che dobbiamo vincere non basterà: dovremo giocare meglio ed essere più intensi, furbi e attenti per tutti i quaranta minuti. Ecco, se dovessi scegliere un aggettivo ideale per il nostro match, opterei per intelligente. Dovremo pensare più di loro e scegliere meno di loro o, in buona sostanza, fare meno errori».

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