Lucaweb Posted July 12, 2008 Share Posted July 12, 2008 di Samuele Giardina VARESE Domenica scorsa, nella partita contro Siena, Sandro De Pol ha tagliato il traguardo dei 2000 punti con la maglia di Varese. Esempio unico e raro di attaccamento a una maglia e di amore per una città, la sua splendida e lunghissima carriera è una storia che merita di essere raccontata. GLI INIZI «Diciamo che tutto è nato per disperazione: quella della mia mamma. Avevo sei anni, ed ero particolarmente vivace: giocavo con il pallone per le stanze di casa, e rompevo tutto. Allora i miei genitori decisero di mandarmi al ricreatorio, che non è un carcere minorile, ma un posto gestito da volontari dove i bambini si ritrovano per dedicarsi alle attività più svariate: pittura, teatro, sport. Mi misero un pallone in mano, e non l'ho ancora lasciato». Poi, piano piano, le cose hanno iniziato a diventare più serie: «Un po' più grandicello andavo a giocare alla Servolana, un campetto di pallacanestro che c'era vicino a casa mia dove ci si trovava tutti». Quando il passaggio alla Stefanel .Trieste? «Avevo quattordici anni quando i dirigenti della società vennero a vederci e i scelsero alcuni tra i più bravi. C'ero anch'io: ho esordito in serie A nel 1989, in una partita contro Pavia». A MILANO Dopo la stagione 1992/93 il presidente Stefanel prende tutta la squadra e la trasferisce a Milano. In quel gruppo c'era anche De Pol. «Quel trasferimento non fu affatto traumatico, perché era già da qualche tempo che meditavo di fare un'esperienza lontano da casa. Per me, Milano era il massimo: da piccolo facevo il tifo per l'Olimpia, avrei giocato in una squadra di campioni, avrei provato a vincere lo scudetto. Toccai il cielo con un dito». Scudetto che arrivò, nel 1996: «La realizzazione di un sogno, mi sentivo parte della storia». I ROOSTERS L'anno successivo, un po' inaspettato, il passaggio a Varese. «Milano cambiò allenatore, se ne andò Tanjevic e arrivò Marcelletti con il quale non andavo per nulla d'accordo. I Bulgheroni mi volevano, Varese mi attirava perché conoscevo già Andrea Meneghin, scelsi di venire: la migliore decisione della mia vita, visto che sono ancora qui». Furono due anni stupendi, culminati con la vittoria dello scudetto: «Gli anni più belli, divertenti, sereni che abbia mai vissuto. Eravamo un gruppo di amici, e giorno dopo giorno scoprimmo che eravamo forti e che avremmo potuto vincere qualcosa di importante. Abbiamo regalato a questa città la gioia immensa di uno scudetto che attendeva da troppo tempo, abbiamo fatto qualcosa di incredibile». GU ANNI PIÙ DIFFICILI Subito dopo la conquista dello scudetto, De Pol capì che il ciclo di Varese era già finito. «Mi arrivarono delle offerte economicamente irrinunciabili: io non me ne sarei andato da Varese, ma mi proposero davvero tanti soldi. Si parlò del Real Madrid, poi scelsi Roma. Iniziai ben presto ad avere problemi fisici, con un brutto infortunio al ginocchio che mi fece saltare il campionato e mi costò la partecipazione alle Olimpiadi di Sidney alle quali tenevo tantissimo. L'anno dopo, chiamato da Recalcati, andai alla Fortitudo, ma dopo un anno travagliato cambiai aria, e me ne andai in Spagna». IL RITORNO II 28 febbraio del 2003, un po' a sorpresa, il ritorno a Varese. Come andarono le cose? «Ero in Spagna, al Gran Canaria, e non mi trovavo affatto bene. Il posto e l'ambiente erano fantastici, ma non andavo d'accordo con l'allenatore. Io volevo giocare, e chiesi al mio agente di chiamare Varese per proporre un mio trasferimento. Nel giro di due giorni mi ritrovai a Masnago». Come fu il momento del tuo ritorno? «Arrivai alla Malpensa e si persero i miei bagagli, quindi mi portarono a Varese così, senza nulla. Appena misi piede al palazzetto vidi in lontananza il Menego, Galleani, Zànus Fortes: fu una sensazione incredibile, pareva non me ne fossi mai andato. In quel momento capii che ero tornato a casa, che Varese era il mio posto, che non l'avrei più lasciata». VARESE «Questa città è casa mia, ed è diventata parte di me. Varese è pace, serenità, calore, passione. C'è il lago, che mi fa sentire un po' meno la mancanza del mio mare, e c'è il Monte Rosa, che tutte le mattine, quando mi sveglio, resto a guardare estasiato. C'è della gente splendida, aperta, di una generosità unica e sincera. Non me ne andrò mai più: sto cercando casa, voglio restare qui anche quando smetterò di giocare». PERSONE «Sono tante le persone che devo ringraziare per quello che sono diventato. Ma su tutte non posso che citare Boscia Tanjevic. È stato lui che mi ha preso giovanissimo e mi ha fatto crescere, con lui ho vinto lo scudetto di Milano e l'Europeo di Parigi. Gli devo tutto. Un'altra persona che non posso non ringraziare è Andrea Meneghin: il capitano di questa Varese non sono io, ma è lui. E poi non dimentico quello che hanno fatto per me i Bulgheroni prima e i Castiglioni adesso». IL FUTURO «Non riesco ad immaginarmi lontano da questa città, ma nemmeno da questa squadra, da questo spogliatoio. Per ora continuo a giocare, visto che ho un altro anno di contratto e le gambe reggono bene. Poi vorrei restare in società. Con che ruolo? Non saprei: sicuramente non mi vedo come allenatore, e nemmeno come general manager. Mi piacerebbe restare a contatto con la squadra, magari come team manager». Francesco Caielli VARESE Una copertina d’ebano, tosta, con pagine dai sapori intensi; il libro del capitano della Pallacanestro Varese Alessandro De Pol (Trieste, 15/7/1972) è fatto così, meno lezioso e appariscente di altri, ma con una sostanza che esiste solo nelle opere dedicate a chi, lavorando nell’ombra, ha saputo costruire la luce. C’ERA UNA VOLTA Era la serie A2 1989/90, l’embrione di quella Stefanel Trieste nouvelle vague del basket plasmata da quel genio matto di Bogdan Tanjevic. De Pol c’era già, collezionò 12 presenze, 5 punti, una promozione in A1 e, nella serie degli ottavi play-off persa contro la Virtus Bologna, la sua prima tacca nel basket dei grandi con 2 punti in gara1. Il battesimo in A1, destino buffo, il 14 ottobre 1990 a Varese; per De Pol 5 punti in 18 minuti, per Trieste un bel 89-93. LA DIASPORA Bepi Stefanel si era stancato di convivere con un impianto troppo piccolo per la sua creatura che con Bodiroga, Fucka, Pilutti, Gentile e De Pol era arrivata a giocarsi una semifinale (1993/94) con Pesaro eliminata da un piazzato dai cinque metri di Myers sulla sirena. Insomma, tutti a Milano nella (abracadabra) Olimpia Stefanel di Bodiroga, Fucka, Gentile e De Pol. Proprio lì, anno 1995/96, De Pol (8 punti e 4 rimbalzi in 23 minuti di media) vinse coppa Italia e tricolore contro la Fortitudo con un canestro di Bodiroga, sempre dai cinque metri, sempre sulla sirena. TANGO VARESINO Il primo ballo è datato 1997/98 grazie al prestito Olimpia arrivato al tramonto del mercato. A sentire il vento di corso Matteotti, parrebbe che da Varese l’estate seguente venne rifiutato uno scambio alla pari De Pol-Cazzaniga proposto da Milano. Pettegolezzi a parte, De Pol arrivò accompagnato da simpatia e dalla convinzione che fosse un lottatore indomito sì, ma anche un giocatore con forti limiti offensivi. Sì, buonasera: 13 punti, 7 rimbalzi e il 37% da 3 furono la corona all’anno terminato con l’eliminazione in gara4 di semifinale subita dalla Virtus campione d’Europa. Il seguente, quello della stella, il triestino scrisse 55% da 2, 42% da 3 e, martedì 11 maggio 1999, 21 punti, 11 rimbalzi, 6 recuperi e 7 falli subiti in 36 minuti. Ps Sulla sua tripla del 57-41 a 12’25” dalla fine di gara3, molti capirono che forse era titolo; e piansero. POLVERE DI STELLE Iniziò a cadere nell’estate 1999 quando su Varese piovvero i denari di chi poteva spendere. Dietro a Sandro Real Madrid e Roma con offerte di circa un miliardo di lire: vinse Roma. Ancora destino buffo, quella stagione finì ai play-off proprio per mano di Trieste. Poi, venne l’annus orribilis (2000/01) alla Fortitudo, l’infortunio al ginocchio, le accuse di scarsa professionalità, la negazione del permesso di allenarsi, il taglio dello stipendio. Ne seguì una causa nella quale De Pol vide riconosciute le sue ragioni. IL RITORNO Dopo una mezza stagione in Spagna al Gran Canaria, il 2 marzo 2003 (avversaria Roseto, 95-85) Sandro (4 punti in 22 minuti) era di nuovo biancorosso; ricominciò così la storia prealpina della roccia triestina. Il resto, è vita contemporanea. QUATTRO CONTI 519 presenze in A, 3833 punti (dei quali 2002 a Varese dopo i 6 realizzati domenica a Siena), 50,5% da 2, 33,7% da 3, 74,6% ai liberi, 2055 rimbalzi, 301 assist. Ai titoli con Milano, Varese e alla coppa Italia meneghina, vanno aggiunti in maglia Italia l’oro europeo di Parigi 1999 e il bronzo di Stoccolma a Euro 2003. Nb Statistiche aperte, la corsa continua. Link to comment Share on other sites More sharing options...
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