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Un gioco al massacro favorisce solo chi insegue


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di Giancarlo Pigionatti

Il tifo, inteso come amore spinto, è come una belva che divora razionalità e obiettività. Rapiti, nella propria emotività, da una fede che non ammette discussioni, i supporters, sugli spalti, non accettano punteggi o risultati avversi, anche se li sanno distinguere dai veri tradimenti e, in quel momento, poco importa il valore o l'efficacia degli avversari. E se Varese, nel primo tempo, va giù, come un fuso, mica lo fa apposta, tant'è che Biella, chiuso il gas, è crollata sotto il veemente arrembaggio biancorosso che ha scongiurato una contestazione all'allenatore. Già. Magnano. Che, nemmeno un secondo dopo il suono della sirena, è schizzato verso gli spogliatoi non prima di uno sfogo, inequivocabile per quel ditino (come il suo indice, alla ricerca di gradimento), sotto il naso di Gianfranco Castiglioni, grande patron nonché suo "nume tutelare", avendo il proprietario della Pall Varese, proprio l'estate scorsa, lasciato a intendere che senza Ruben avrebbe chiuso baracca e burattini.

Il tecnico, da tempo, ha fiutato l'aria che tira, irrespirabile per uno che, come lui, ha bisogno di ordine e serenità per lavorare duramente con la squadra. I dissensi ci stanno nei confronti degli allenatori - anzi sparare loro addosso, soprattutto nel calcio, è diventato lo sport più popolare d'Italia - ma qui, adesso, rischiano di incrostare, come ruggini, il telaio biancorosso che, al contrario, ha bisogno di lubrificanti a ettolitri per funzionare alla grande. Che Magnano abbia ineliminabili difetti, lo sapevamo sin dal suo arrivo a Varese, avendolo criticato per i suoi limiti ma anche ammirato per le sue virtù mentre, altrove, lo si inneggiava come un onnipotente, pure con campagne di beatificazione. Sicuramente si può eccepire sul suo stipendio, privilegiatissimo rispetto ai risultati, verosimilmente proporzionali al potenziale valore della squadra. Chiamalo, se vuoi, peccato originale di Ruben che, non essendo attrezzato per i miracoli o portentose invenzioni, non va oltre il proprio seminato, pure a misura dei propri suggerimenti di mercato che, escluso quell' "uovo fuori del cesto", qual è fortunatamente Holland, riflettono le sue convinzioni. Siano esse contestabili o emendabili, non esiste tuttavia alcuna controprova per Varese, almeno con questi uomini, sotto altra gestione tecnica, peraltro ci piacerebbe scoprire il rendimento dei biancorossi con un manico diverso. Ma quale? Visti i tempi e i tecnici in circolazione. Lo stesso Recalcati, in tribuna stampa, riconosceva l'ingrato ruolo di Magnano allorquando si evocano risultati da grandissima squadra.

Si diceva dei tifosi, capibili in un momento di trance agonistica, per la loro assoluta devozione, basti pensare ai soldi che cacciano per stare vicini alla squadra o al sostegno della curva che, dal primo all'ultimo minuto, inietta dosi massicce di affetto ai propri paladini, tuttavia ci chiediamo se, a mente fredda, e a ben guardare, sappiano un pò ' tutti riconoscere le qualità delle squadre che precedono Varese in classifica, per dire di una Benetton che sta giù, all'inferno, soltanto per i suoi misfatti compiuti a tavolino. Certo, i propri beniamini sono intoccabili, questa è la forza del tifo, ma non si può negare che, se presi a uno a uno, diversi avversari, non tutti, è vero, sono di un certo spessore, impegnando, non a caso, i club in budget considerevoli. Una volta, all'oratorio, dopo un "bini, bum, bam", chi la spuntava nella conta, se non fosse stato masochista e sempre che avesse voluto vincere, avrebbe scelto, amici o no, i più bravi: a calcio o a basket, poco importava. Crediamo che qualcuno possa convenire su questo fatto, dovendo allora e vieppiù sostenere gente come Keys.

Howell e Capin che ne hanno bisogno ma anche dare tregua all'allenatore che, sino a prova contraria, sta guidando Varese con un quinto posto che, stando allo stesso Galanda, sarebbe stato, nell'estate scorsa, un obiettivo da sottoscrivere. Tempo fa Roma accusava 4 punti in meno rispetto alla Whirlpool, adesso ne vanta 4 in più, eppure l'allenatore è sempre Repesa. Semplicemente la Lottomatica non ha più l'usurante impegno di Coppa e, ingaggiando in un sol colpo Stefansson, Chiacig e Lorbek, nel frattempo, ha aumentato la propria forza tecnica e fisica.

Oggi come oggi Magnano farebbe bene a sollecitare un confronto con la società, o meglio, con il grande patron, che ha stoffa e autorità per riportare serenità nella squadra e nell'ambiente, alfine di capire se Gianfranco Castiglioni creda ancora nel suo impegno e in un quinto posto, migliore di sempre nella gestione della sua famiglia. Qualcuno osserverà che devono anche far riflettere i rimpianti per alcune clamorose incompiute ma di essi sono piene le fosse di tanti club, giust'appunto in una stagione che ha fatto strame di certezze. Sarebbe ancor più grave se il dissenso trovasse radici fertili all'interno della società, magari per voce di un tribuno con ben altre idee sull'allenatore del futuro, legittime se maturabili e condivisibili dal club in momenti opportuni, sennò ogni gioco al massacro (da fronda), farebbe soltanto il gioco delle squadre che stanno inseguendo Varese. a cominciare da Napoli che, domani a Masnago, s'annuncia vogliosa di riscossa.

Giancarlo Pigionatti

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