Lucaweb Posted July 12, 2008 Share Posted July 12, 2008 di Francesco Caielli Una stagione importante, che per lui significava il ritorno nella città dove aveva iniziato a vincere. Una stagione delicata, quella del rilancio e - perché no? - della vendetta dopo un anno passato a ricevere critiche e mugugni, a Milano. Una stagione speciale, la prima di un contratto triennale con il quale ha scelto di legarsi a Varese fino alla fine della carriera. Una stagione splendida, da protagonista e da leader. E´ stato l´anno Gek Galanda, vissuto intensamente dall´inizio alla fine, nel quale il lungo friulano ha riscoperto il piacere di essere eletto simbolo di una squadra. Salutato l´estate scorsa come l´acquisto più bello degli ultimi anni, Gek è riuscito a scrollarsi di dosso il ricordo che la gente di Varese aveva di lui - quello dell´uomo della stella - facendosi apprezzare, se possibile, ancora di più. Spesso ago della bilancia della squadra (quando ha giocato bene Varese ha vinto, quando ha steccato la Whirlpool ha perso), è bello e doveroso fermarsi e - insieme a lui - guardare un po´ indietro, ora che tutto è finito. "La soddisfazione - dice Galanda - per una stagione tutto sommato positiva e la delusione per quello che avremmo potuto fare in più, in questo momento fanno a pugni. La verità è che, per fare un bilancio, bisogna guardare la nostra annata con due chiavi di lettura differenti". Proviamoci. Da un certo punto di vista la nostra stagione è stata bella, bellissima, qualcosa di cui dobbiamo andare orgogliosi e a testa alta. Abbiamo dimostrato di essere una buona squadra, abbiamo giocato delle belle partite, siamo riusciti a raggiungere i nostri obiettivi di inizio stagione e abbiamo chiuso in maniera più che dignitosa. E poi credo che la squadra sia riuscita a entusiasmare i tifosi, come da tempo non succcedeva. Pensa ancora a quei cinque minuti dell´ultima partita con Milano, e al tifo da brividi del palazzetto? Già, durante la nostra rimonta è successo qualcosa di incredibile, forse di irripetibile. Qualcosa che in pochi di noi avevano già provato e che ha colpito tutti, indistintamente: dai giocatori agli allenatori, fino agli arbitri. E´ stato il coronamento di una stagione comunque bella, nella quale abbiamo portato il nome di Varese in giro per l´Italia con onore, dando una buona immagine della società e della città, e dando sempre tutto sul campo. E la seconda chiave di lettura? Di fronte a un anno così, con tutto quello che ho appena detto, c´è davvero da mordersi le mani: con un paio di vittorie in più la nostra griglia playoff sarebbe stata diversa. E anche nella serie con Milano, avremmo potuto fare qualcosa di più e magari passare il turno. L´Armani non ha mai dimostrato di essere così tanto superiore a noi, e vincere contro di loro avrebbe significato la qualificazione in Eurolega, mica roba da poco. Cosa è mancato? Abbiamo perso troppe partite di uno o due punti. Ma questo è lo sport, questo è il basket: basta un canestro in più o in meno, che una stagione cambia faccia. In qualche occasione, poi, la fortuna ci ha anche voltato le spalle. Però possiamo dire che la squadra è sempre stata viva, non ha mai mollato, nemmeno quando sembrava che i playoff stessero per sfuggirci. Chiudiamo così: a testa alta, ma con le mani mangiate dalla rabbia. Come si possono spiegare tutte quelle sconfitte sul filo della sirena? E´ difficile rispondere. Posso dire che sono arrivate quasi tutte fuori casa, dove è sempre più difficile gestire certi palloni. Ma più che delle sconfitte di pochi punti preferirei parlare del fatto che mai, esclusa la trasferta a Biella, la squadra ha preso delle imbarcate. Milano, per fare un esempio, che ha terminato la stagione al secondo posto, ha perso alcune partite di quindici, venti punti. Noi no, mai: abbiamo sempre dimostrato la nostra forza, contro tutti. La stagione di Galanda. Soddisfatto? Ho giocato un buon campionato, anche dal punto di vista dei numeri e delle statistiche. Per me era molto importante fare bene, visto che tornavo a Varese dopo avere vinto uno scudetto in una stagione perfetta ed esaltante, e la gente aveva si ricordava del Galanda della stella. Tornare dove hai fatto benissimo non è mai semplice, e un po´ di paura ce l´avevo. E´ andata bene: ho ricevuto un´accoglienza stupenda, e sono contento del ruolo importante che ho ricoperto all´interno del gruppo. Qualche rammarico? Spesso sono stato condizionato dai falli. Io sono alto due metri e dieci, ed è ovvio che sia un po´ più lento degli altri e di conseguenza più falloso. Gli avversari hanno sfruttato sempre questa mia debolezza e se posso fare una critica dico che avremmo dovuto adeguarci, e lavorare un po´ meglio: avremmo dovuto difendere un po´ più di squadra, per cercare di mascherare i problemi di noi lunghi. Francesco Caielli Link to comment Share on other sites More sharing options...
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