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Galanda:"Una stagione a testa alta. Ma quanti rimpianti"


Lucaweb

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di Francesco Caielli

Una stagione importante, che per lui significava il ritorno nella

città dove aveva iniziato a vincere. Una stagione delicata, quella

del rilancio e - perché no? - della vendetta dopo un anno passato a

ricevere critiche e mugugni, a Milano. Una stagione speciale, la

prima di un contratto triennale con il quale ha scelto di legarsi a

Varese fino alla fine della carriera. Una stagione splendida, da

protagonista e da leader. E´ stato l´anno Gek Galanda, vissuto

intensamente dall´inizio alla fine, nel quale il lungo friulano ha

riscoperto il piacere di essere eletto simbolo di una squadra.

Salutato l´estate scorsa come l´acquisto più bello degli ultimi anni,

Gek è riuscito a scrollarsi di dosso il ricordo che la gente di

Varese aveva di lui - quello dell´uomo della stella - facendosi

apprezzare, se possibile, ancora di più. Spesso ago della bilancia

della squadra (quando ha giocato bene Varese ha vinto, quando ha

steccato la Whirlpool ha perso), è bello e doveroso fermarsi e -

insieme a lui - guardare un po´ indietro, ora che tutto è finito. "La

soddisfazione - dice Galanda - per una stagione tutto sommato

positiva e la delusione per quello che avremmo potuto fare in più, in

questo momento fanno a pugni. La verità è che, per fare un bilancio,

bisogna guardare la nostra annata con due chiavi di lettura differenti".

Proviamoci.

Da un certo punto di vista la nostra stagione è stata bella,

bellissima, qualcosa di cui dobbiamo andare orgogliosi e a testa

alta. Abbiamo dimostrato di essere una buona squadra, abbiamo giocato

delle belle partite, siamo riusciti a raggiungere i nostri obiettivi

di inizio stagione e abbiamo chiuso in maniera più che dignitosa. E

poi credo che la squadra sia riuscita a entusiasmare i tifosi, come

da tempo non succcedeva.

Pensa ancora a quei cinque minuti dell´ultima partita con Milano, e

al tifo da brividi del palazzetto?

Già, durante la nostra rimonta è successo qualcosa di incredibile,

forse di irripetibile. Qualcosa che in pochi di noi avevano già

provato e che ha colpito tutti, indistintamente: dai giocatori agli

allenatori, fino agli arbitri. E´ stato il coronamento di una

stagione comunque bella, nella quale abbiamo portato il nome di

Varese in giro per l´Italia con onore, dando una buona immagine della

società e della città, e dando sempre tutto sul campo.

E la seconda chiave di lettura?

Di fronte a un anno così, con tutto quello che ho appena detto, c´è

davvero da mordersi le mani: con un paio di vittorie in più la nostra

griglia playoff sarebbe stata diversa. E anche nella serie con

Milano, avremmo potuto fare qualcosa di più e magari passare il

turno. L´Armani non ha mai dimostrato di essere così tanto superiore

a noi, e vincere contro di loro avrebbe significato la qualificazione

in Eurolega, mica roba da poco.

Cosa è mancato?

Abbiamo perso troppe partite di uno o due punti. Ma questo è lo

sport, questo è il basket: basta un canestro in più o in meno, che

una stagione cambia faccia. In qualche occasione, poi, la fortuna ci

ha anche voltato le spalle. Però possiamo dire che la squadra è

sempre stata viva, non ha mai mollato, nemmeno quando sembrava che i

playoff stessero per sfuggirci. Chiudiamo così: a testa alta, ma con

le mani mangiate dalla rabbia.

Come si possono spiegare tutte quelle sconfitte sul filo della sirena?

E´ difficile rispondere. Posso dire che sono arrivate quasi tutte

fuori casa, dove è sempre più difficile gestire certi palloni. Ma più

che delle sconfitte di pochi punti preferirei parlare del fatto che

mai, esclusa la trasferta a Biella, la squadra ha preso delle

imbarcate. Milano, per fare un esempio, che ha terminato la stagione

al secondo posto, ha perso alcune partite di quindici, venti punti.

Noi no, mai: abbiamo sempre dimostrato la nostra forza, contro tutti.

La stagione di Galanda. Soddisfatto?

Ho giocato un buon campionato, anche dal punto di vista dei numeri e

delle statistiche. Per me era molto importante fare bene, visto che

tornavo a Varese dopo avere vinto uno scudetto in una stagione

perfetta ed esaltante, e la gente aveva si ricordava del Galanda

della stella. Tornare dove hai fatto benissimo non è mai semplice, e

un po´ di paura ce l´avevo. E´ andata bene: ho ricevuto

un´accoglienza stupenda, e sono contento del ruolo importante che ho

ricoperto all´interno del gruppo.

Qualche rammarico?

Spesso sono stato condizionato dai falli. Io sono alto due metri e

dieci, ed è ovvio che sia un po´ più lento degli altri e di

conseguenza più falloso. Gli avversari hanno sfruttato sempre questa

mia debolezza e se posso fare una critica dico che avremmo dovuto

adeguarci, e lavorare un po´ meglio: avremmo dovuto difendere un po´

più di squadra, per cercare di mascherare i problemi di noi lunghi.

Francesco Caielli

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