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di Massimo Turconi

Atlante: ecco l’unica immagine che ti viene in mente quando, alla fine dell’allenamento, vedi sfilare verso una meritata doccia un claudicante e affaticato Marcus Melvin. L’ala-pivot della Cimberio Varese, in questo momento, sembra riassumere dentro di sé tutte le immani fatiche del personaggio mitologico il quale, come noto, sulle sue potenti spalle, sorregge il nostro simpatico pianeta, nonché la volta celeste. Marcus, infatti, in assenza di Giacomo Galanda, e in attesa di testare vieppiù il giovane Pietras, è costretto a sobbarcarsi buona parte degli straordinari relativi al lavoro sotto i tabelloni, fase del gioco in cui la squadra biancorossa, almeno nel corso delle prime uscite stagionali, ha mostrato una certa fragilità. Aspetto che, peraltro, non sembra preoccupare più di tanto Marcus: «Non mi sembra proprio il caso di essere apprensivi o di caricare di attese il giovane polacco, almeno prima del tempo. Non è il caso di fasciarsi la testa prima di essersela rotta – commenta in tono pacato Melvin -. L’unica cosa certa di questo periodo è l’incompletezza di un gruppo cui mancano chili, centimetri e le giocate di Galanda. E’ pur vero che in alcune amichevoli, dentro l’area, abbiamo sofferto, ma il problema non è solo nella “vernice”, ma…».

A questo punto Marcus, uno a cui evidentemente piace regalare chicche filosofiche di color arancione, butta là un’altra frase ricca di suggestione: «The smaller you are, the tougher you have to be».

Ovvero "Più piccolo sei, più duro e carogna devi essere".

«Mentre mentre noi, che piccoli siamo geneticamente, in alcuni frangenti della partita, non siamo ancora capaci di esprimere un livello difensivo apprezzabile per continuità e intensità. Contro Soresina, per esempio, da un certo punto in avanti abbiamo mollato la presa: un errore di valutazione che non possiamo permetterci contro nessun avversario. Proprio per questa ragione ci stiamo allenando forte allo scopo di aggiungere qualità difensiva al nostro modo di stare in campo: la Cimberio, senza il supporto adeguato della difesa, non andrà da nessuna parte».

- Com’è stato, per lei, il passaggio dal basket ipercontrollato come quello adottato da coach Lardo a Rieti, alla pallacanestro più rapida voluta da coach Mrsic?

«In questo senso, nessun problema. Anzi – continua Marcus -, devo dire che il nostro stile di basket è forse più dispendioso dal punto di vista fisico, ma anche più divertente. Mi piace correre, saltare, andare in contropiede e, appena possibile, chiudere la transizione. Queste situazioni tattiche sembrano perfette per esaltare le mie qualità. Poi Mrsic è sempre pronto a darmi una mano per aiutarmi nella lettura delle varie situazioni di gioco. Le difficoltà maggiori sono non nel passaggio da un allenatore all’altro ma nel salto di categoria. In serie A tutte le squadre mettono in mostra un basket più fisico, atletico e organizzato e, per fare bene, servirà un periodo di aggiustamento. Spero che possa essere il più breve possibile».

- Da un mese Melvin vive in città: quali sono le sue impressioni?

«Devo confessare che un paio di volte mi sono perso e ho dovuto chiamare i miei compagni per aiutarmi a uscire dal labirinto nel quale mi ero ficcato. A parte questo, nessun’altra lamentela - dice Marcus -. I tifosi mi piacciono, sono caldi e sempre gentili senza essere invadenti. Sicuramente s’avverte che la pallacanestro, per voi, è qualcosa di decisamente importante. Tutti ne parlano e la maggior parte dei fans mi chiede se il prossimo anno sarà quello giusto e se, finalmente, vinceremo qualcosa. Certo, rispondo perchè, se vuoi vincere, devi prima crederci».

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