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«Ogni vittoria, un eroe diverso Varese è la squadra di tutti»


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di Francesco Caielli

VARESE Questa Cimberio che vola, macina punti e continua a vincere. Questa Cimberio che piace a tutti, che si fa amare e seguire dalla sua gente e veleggia in cima alla classifica con tanta voglia di restarci. Questa Cimberio che porta a casa le partite pur senza incantare e lasciando intravedere margini di miglioramento enormi che fanno ben sperare. È vero: il campionato è ancora lungo e ci vuole pazienza, ma un momento bello come quello che si sta vivendo adesso non lo si vedeva da anni, e quindi si faccia pure festa, senza vergogna. «Si continua a vincere - ride sotto i baffi Cecco Vescovi di ritorno da un'assemblea di Lega a Bologna - e io non posso che essere soddisfatto: chiedo ai ragazzi di non sentirsi mai sazi, di continuare ad avere fame di gioco, di punti e di vittorie».

Questa volta ci risparmia la parte del pompiere che smorza gli entusiasmi?

Affatto, ripeterò la solita solfa fino alla fine del campionato: è ancora lunga, piedi per terra, pazienza.

Dica la verità: se lo aspettava un inizio così vincente da parte della sua squadra?

Sarei un falso se dicessi che mi aspettavo una cosa del genere: no, così bella non me l'ero nemmeno immaginata. Però guardando le partite e vedendo le avversarie mi rendo conto che il nostro primato è meritato e non deve stupire: abbiamo qualcosa in più rispetto agli altri.

Cosa, di preciso?

Siamo una bella squadra, abbiamo del talento, ma non siamo i soli. A renderci migliori è la nostra capacità di lavorare, vivere e giocare come un vero gruppo: è il nostro punto di forza. I nostri giocatori sono stati tutti, dall'inizio del campionato a oggi, eroi per un giorno: ognuno ha avuto modo di segnare più degli altri, di essere il migliore in campo in una delle nostre vittorie. Distribuiamo i punti, le responsabilità e gli errori: siamo una squadra.

A guardare alcune vittorie, verrebbe facile additare la Cimberio come una squadra fortunata: lei che ne pensa?

Vero: abbiamo portato a casa qualche risultato in maniera roccambolesca, ma nessuno mi venga a parlare di fortuna. Lavoriamo stabilmente e ormai da un mese con due giocatori del quintetto infortunati, abbiamo avuto un calendario che ci ha riservato cinque partite in trasferta nelle prime otto, ditemi dove sta tutta questa fortuna.

Le tre vittorie ottenute sulla sirena, per esempio...

Siamo stati fortunati perché siamo andati a cercarci la fortuna. Non vi siete mai chiesti perché lo scorso anno Varese ha perso tutte quelle partite di un soffio? Non certo per malasorte, ma perché quella squadra era abilissima nel voltare le spalle alla fortuna con i suoi egoismi, i suoi individualismi: quest'anno accade l'esatto contrario.

E la gente impazzisce di gioia: domenica a Pavia c'erano quattrocento tifosi...

Il pubblico ha compreso e sposato in toto il nostro progetto, e ci seguirà fino alla fine. Possiamo dirlo? Questa retrocessione ci voleva, e forse è arrivata al momento giusto: ci ha dato la possibilità di ricominciare davvero, di voltare pagina, di ripartire da zero e di costruire. La gente lo ha capito, ed è con noi.

Domenica a Pavia si è vista tutta la classe del baby Niccolò Martinoni: se lo aspettava?

Certo: la sua partita di Pavia è l'ulteriore conferma della bontà delle nostre scelte, perché su di lui abbiamo puntato a occhi chiusi. Sono felicissimo di quello che ha fatto, ma so che può fare ancora di più, quindi voglio dirgli di non sentirsi arrivato. Anzi, no: non c'è bisogno che glielo dica perché è un ragazzo talmente intelligente che sa benissimo tutte queste cose.

Domenica sera l'abbiamo buttata lì: migliore in campo a Pavia è stato Stefano Pillastrini, che a nostro avviso ha vinto la partita. Concorda?

Stefano è bravissimo, ma lo sapevo già: con lui abbiamo firmato un triennale, segno che crediamo ciecamente nelle sue capacità e siamo fermamente convinti che lui sia l'allenatore giusto per questo gruppo, per questa piazza e per il nostro progetto.

E dire che quest'estate, a un certo punto, sembrava dovesse arrivare Ramagli...

In estate abbiamo avuto contatti anche con Ramagli, non lo nego, ma non siamo mai stati a un passo dall'accordo con lui come sembrava. Parlavamo con Ramagli, ma anche con Pillastrini: quest'estate io e Max siamo andati a Bologna a incontrare per la prima volta il Pilla, e nel viaggio di ritorno ci siamo guardati negli occhi e ci siamo detti che il nostro allenatore sarebbe stato lui.

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