[color=#000000][font=Verdana][size=1][size=3]Come soffrire le vertigini ad alta quota non essendo abituati a issare la bandiera sulla cima d'una montagna. Qualche cosa di simile è capitata a una Cimberio senza respiro nel suo approccio alla sfida finale di Coppa Italia contro una Montepaschi a dir poco paralizzante. Evidentemente Banchi, facendo la notte sui libri per preparare l'impegnativo esame Cimberio, ha pensato che per battere una squadra così vivace e imprevedibile, persino travolgente nella sua espressività cestistica, avrebbe dovuto subito domarla in pensieri e azioni per toglierle serenità, quindi tenerla alla larga dal proprio canestro. Ecco servita la zona (press o no) con aggressivi flottaggi sui tiratori per completare un'opera ben architettata per spuntare il solito furore biancorosso. Di una lezione istruttiva s'era parlato dopo la gara di campionato a Siena ma stavolta la forza d'urto dei toscani è parsa addirittura più violenta per una Cimberio che, pur sfigurata nel suo bel volto, nel finale ha fatto tremare i campioni d'Italia. L'anatomia di una sconfitta, in una gara senza appelli né scampo, non è veritiera se non si stimano cause, effetti e circostanze, insomma un po' tutto quel è accaduto nel bene e nel male a partire dal dilaniante avvio che conosciamo. Vien da dire che Siena, pur fra disavventure coinvolgenti e senza Ress (non uno qualsiasi), sa ancora imporre quella musica che suona da anni, quando le fa comodo e non può steccare mancando, ora come ora, qualche cosa a Varese per buttar giù dalla torre proprio i toscani e prenderne il posto.[/size][/size][/font][/color]
[color=#000000][font=Verdana][size=1][size=3]Dunque, siamo alle cause, dopo le circostanze e gli effetti. Per una vera fiumana di tifosi calati ad Assago (ben più numerosi, se non il doppio degli abbonati di Masnago, il che stupisce oltre ogni legittimo interrogativo), gli arbitri ci hanno messo del loro nel gravare una rimonta già complicata e forse improbabile, balzando soprattutto all'occhio un fallo gratuito caricato a Dunston che, si sa, ha i numeri per fare la differenza. Una visione fors'anche parziale (ma non faziosa) che allenatore e società non hanno avvalorato nelle proprie esternazioni dovendo guardare, innanzitutto, in casa propria per trarre utili misure dopo che la squadra ha anche gettato al vento più occasioni per cambiare, e sul serio, il senso del match. Già, sarebbe bastato il killer instinct di Banks, almeno quello vero e noto in gare come tante d'una stagione, evidentemente stordito da tanta, troppa responsabilità in un match secco e feroce, non avendo alle spalle esperienze del genere, se non una in Belgio, non fortunata se non ricordiamo male.[/size]
[size=3]Ancora una volta ha dettato la sua legge Mike Green che, testardamente imponente, avendo pochi simili in campionato per classe e fisicità,orgoglio e sicurezza, ha sfidato Siena tutta rendendo l'insuccesso meno amaro se non suscettibile d'un grande rammarico. Gli altri biancorossi, Ere a parte nella sua discontinuità che non si presta ad alcun rilievo, come pure il buon De Nicolao, sono sembrati frastornati da tanta intensità che si tagliava con il coltello, come in verità i loro avversari in attacco, sostenuti per loro fortuna dalle prodezze di Hackett che non ha fatto scappare la gara fuori controllo senese.[/size]
[size=3]Spiace per una Coppa Italia afferrabile dopo quarant'anni, attraverso tre finali a ramengo per inezie come quelle contro la Scavolini che, nella doppia finale, trovò a Pesaro un canestro pesante di Sylvester allo scadere, contro Caserta in un'estenuante sfida nella quale la DiVarese ci lasciò assenze pesanti e il cuore ai supplementari e contro la Virtus a Bologna dove i Roosters di Pozzecco e Meneghin sfiorarono il trionfo contro Danilovic, Rigaudeau e compagnia bella. Quel giorno Pozzecco, posseduto da implacabile delusione, scaraventò sul parquet la coppa del secondo posto indignando mezza Italia. Non immaginava che, mesi dopo, egli e Varese avrebbero vinto nientemeno che lo scudetto della Stella. Sicuramente, al fianco di una Cimberio tanto bella quanto amabile, è lecito inneggiare a questo paragone da prendere non solo per anestetico alla delusione ma come un vero augurio.[/size][/size][/font][/color]
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