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[color=rgb(0,0,0)][font=Verdana][size=1][font=verdana][size=3]In questa foto magari non c’è tutto, ma c’è tantissimo. Perché a volte succede che le immagini raccontano più di mille parole, colpiscano più di uno schiaffo. Eccola l’immagine che in un colpo solo spazza via mesi di idiozie, di frasi bofonchiate, di teste scrollate e di scetticismi. Eccola l’immagine che in un attimo dice la verità su un gruppo che sta crescendo e sta diventando qualcosa, sotto la guida del suo allenatore. Guardatela bene: guardate coach Frates inginocchiato sul parquet durante un time out a parlare ai suoi giocatori. Guardate quell’allenatore che, forse senza volerlo, ha lanciato a chi si è preso la briga di guardarlo un messaggio forte e chiaro. L’immagine di Frates con le mani sul parquet e i suoi giocatori che lo seguono osservandolo dall’alto verso il basso è l’immagine di un allenatore che chiede alla squadra di buttarsi per terra e di mettere le mani nel fango, di sbucciarsi le ginocchia e di lottare, di fare sempre un passo in più piuttosto che un passo in meno. Abbiamo passato anni ad amare i giocatori che riuscivano a gettare il cuore oltre l’ostacolo buttandosi per recuperare un pallone o immolandosi per evitare un canestro e ora ci troviamo davanti all’immagine di un coach che fa esattamente le stesse cose, anche se vestito in giacca e cravatta. Perché scriviamo queste cose, rischiando di passare per quelli che si fanno ubriacare da una vittoria e perdono il contatto con la realtà? Semplicemente, perché abbiamo passato troppo tempo a morderci la lingua di fronte a uno scetticismo e a un’ostilità che questa squadra e questo allenatore non meritavano. Perché abbiamo ascoltato troppi commenti insensati e fuori luogo: commenti che non facevano altro che dare ragione su tutta la linea a chi a giugno se n’è andato via non (non solo) perché stuzzicato da un contratto più ricco ma anche e soprattutto perché spaventato da un ambiente che le aspettative avrebbero reso difficile e ostile. Perché abbiamo incontrato troppa gente che non vedeva l’ora di assistere alla prima sconfitta per dire “l’avevo detto”, al primo tiro sbagliato per sentenziare “Green era più forte”, al primo rimbalzo non preso per urlare “ridateci Dunston”, al primo parziale negativo per concludere “cacciate Frates”. E allora possiamo raccontarci tutte le storielle del mondo: ma se vogliamo limitarci a parlare di basket possiamo solo dire (piaccia o no) che questo allenatore ha sempre più in mano la sua squadra. Con le ginocchia sul parquet e le mani nel fango, per mostrare a tutti come si fa. [/size][/font][/size][/font][/color]

[color=rgb(0,0,0)][font=Verdana][size=1][size=3][font=verdana]Francesco Caielli[/font][/size]
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