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Errori e sconfitte, ora tira brutta aria


simon89

Cronache da una città sull'orlo di una crisi di nervi per le delusioni in serie prodotte dall'Openjobmetis. Il giorno dopo la bruciante sconfitta di Cremona fa registrare un'ulteriore serie di tensioni ad ogni livello del club. La più eclatante è quella causata dagli Arditi: dopo aver contestato la squadra nell'ultimo minuto del match di martedì («Vergognatevi», un ironico - ma non troppo - «Resteremo in serie A»), un drappello di tifosi della Curva Nord - la ventina presente a Cremona più altri 30 aggregatisi in serata - hanno atteso la squadra al ritorno dalla trasferta, chiedendo un confronto con i giocatori per esternare la propria delusione e la rabbia per le sconfitte in serie. A scendere dal pullman è stato il capitano Daniele Cavaliero, raggiunto poi da Attilio Caja al quale gli Arditi avevano inneggiato al PalaRadi; gli "strali" della Curva Nord sono stati indirizzati nei confronti degli stranieri (su tutti Eric Maynor) e del d.g. Claudio Coldebella.

Un segnale eloquente della spirale di negatività - anche eccessiva - che contribuisce fattivamente a complicare una situazione di per sé critica. Soprattutto perché coinvolgere nella contestazione a tutto campo anche i dirigenti del Concorzio "Varese nel Cuore", come è avvenuto nel dopo partita del PalaRadi, significa prendersela con chi è prima di tutto un appassionato dei colori biancorossi, oltre che qualcuno che ci mette del proprio per dare un presente e un futuro alla società. I consorziati, con Alberto Castelli in testa, soffrono due volte -prima come tifosi e poi come proprietari - per la spirale negativa che ha fatto sprofondare il club di piazza Monte Grappa nella palude della zona retrocessione. La proprietà cerca i fondi che non saranno illimitati ma neppure così scarsi visto che per il terzo anno di fila Varese si colloca a metà nella classifica del monte-stipendi e dei budget. Quel che finora non ha funzionato è stata l'area tecnica, prima nelle scelte estive di composizione del roster e poi nell'affrontare tardivamente alcuni problemi che con una soluzione più tempestiva avrebbero ridotto la criticità di certe situazioni "incancrenitesi". Il cui costo, ora, è un aggravio di spese per il 1 club (e anche qui la proprietà si è fatta carico del doppio extrabudget Dominique Johnson-Caja).

Se n'è accorto sulla propria pelle proprio il coach pavese, deluso e frustrato per la partitacela del PalaRadi, dove la fiducia per il buon lavoro in palestra effettuato dalla squadra dal 23 dicembre all'1 gennaio si è sciolta come neve al sole alla prova del campo. Di certo la cura Caja sarà giocoforza molto robusta, forse anche più di quanto avvenne nel 2015. Ma se gli squilibri dell'organico erano parsi già evidenti già dopo i tonfi di Klaipeda e Pistoia, aver tardato ad ammetterli, poi a riconoscerli e infine a scegliere dove intervenire per un mese abbondante, sperando che gli spigoli più aguzzi si smussassero attraverso pazienza e fiducia - puntualmente smentite dai risultati del campo - ha fortemente irrobustito il focolaio di infezione, contagiando anche la componente extratecnica. «Problemi tecnici, mentati e caratteriali» come ha spiegato Attilio Caja nel post-partita di Cremona: oggi però non è il momento di processi e "cacce alle streghe", ma per quanto amara possa risultare ai giocatori la medicina "propinata" dal coach pavese, è necessario che la squadra sposi il credo difensivo e corale predicato da Artiglio. E finché la permanenza in serie A sarà a rischio, tutte le componenti dell'ambiente dovranno unirsi per contribuire a portare Varese fuori dai guai, a prescindere da chi ha sbagliato le scelte e i tempi delle correzioni.

Giuseppe Sciascia


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