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Il dg Coldebella al tavolo della crisi


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Al tavolo per capire Varese. La Varese più difficile che esista da capire, quella involuta, quella fluttuante in una spirale negativa, quella che non soddisfa ma anzi preoccupa. E pure tanto. Parlare con il direttore generale Claudio Coldebella, però, vale anche a prendere coscienza che si tratti di una Varese che non molla, di una Varese che ha dietro una società compatta che non intende nascondere i problemi, bensì affrontarli con la testa sulle spalle.

Nessuna sorpresa in merito: in piazza Monte Grappa, da quest’estate, alberga un gruppo di persone che fa della competenza una cifra stilistica, per storia personale e per carisma, in un mondo del basket nel quale è difficile inventarsi. I risultati del campo non danno ragione, per il momento, alla rivoluzione della primavera 2016, né alle scelte che hanno in seguito portato alla costruzione di una squadra che non sta rendendo come da tutti, tifosi in primis, sperato. Le 

aperture di credito, però, non sono operazioni puramente aritmetiche, non hanno un tempo limite (e se lo hanno non sono certo due mesi e mezzo…) e scontano una fiducia che si alimenta anche con “gesti” come quello di ieri. 

Una cosa mai vista

Coldebella ha chiamato a raccolta la stampa sportiva locale, si è messo a “nudo” di fronte ai problemi, ha risposto alle domande senza trincerarsi dietro convenienza e paura. E lo ha fatto una sola volta, davanti a tutti, senza “figli” né “figliastri”, rispettando il ruolo di coloro che operano nel mondo dell’informazione: una cosa così, a Varese, non si era mai vista, soprattutto nelle due stagioni precedenti a quella attuale.

Certo non sono né l’onesta, né il savoir fair a migliorare le percentuali da tre punti o a fa cambiare rotta a una Openjobmetis da cinque vittorie in sedici partite. Il dg biancorosso in merito è stato chiaro: le strade per uscire dalla crisi sono due ed entrambe verranno percorse da società e staff tecnico. La prima è quella di cercare di preservare il gruppo di giocatori attuale, con l’obiettivo di compattarlo affinché trovi al suo interno le risorse per emergere dalla palese insicurezza (e dal nervosismo, emerso anche in Turchia) che lo sta avvolgendo. La seconda è il costante monitoraggio del mercato, che Coldebella ha assicurato essere buona abitudine fin dall’inizio della stagione e non esigenza nata esclusivamente in seguito alle sconfitte. 

L’intenzione di cercare, verbo per il momento azzeccato perché la lenza gettata - lo ha confermato il dg - per ora non ha pescato alcun pesce adatto, un giocatore che possa aumentare il valore della squadra nel reparto esterni è conclamata. E ha individuato un profilo ben delineato: quello che il mitico coach slavo Boscia Tanjevic definiva il “capo giocatore”, ovvero un elemento in grado di trainare tecnicamente, ma anche “spiritualmente”, i compagni. Un po’ quello che è stato Chris Wright nell’annata 2015/2016, cui si arriverà - eventualmente - senza procedere a tentoni come invece accaduto lo scorso anno (si provò con Ukic, sapendo che non lo si sarebbe potuto confermare, e si pagò un mese Kitchen, per poi decidere che non faceva al caso di quella Openjobmetis). L’assenza di Campani, tuttavia, obbliga a tenere d’occhio anche lo “show room” dei lunghi, sebbene le priorità siano state individuate altrove.

Champions, scelta condivisa

Questione Champions League, partizione di cammino nella quale si sono manifestati i problemi di competitività più evidenti. Nessuno vuole tirare i remi in barca nella competizione continentale e, soprattutto, nessuno ha mai considerato la massima coppa Fiba come un fastidio: la decisione presa di parteciparvi - su questo il dg è stato categorico - è stata collettiva e senza riserve, pur senza conoscerne il livello (molto alto a consuntivo) e pur nella piena consapevolezza che ciò avrebbe tolto spazio agli allenamenti. 

Coldebella, infine, ha voluto sottolineare la sua piena fiducia nei confronti di coach Paolo Moretti e dello staff tecnico a sua disposizione, spiegando come sia missione condivisa quella di trovare un’uscita dal tunnel soprattutto grazie al lavoro e all’applicazione. Di tutti. 

Fabio Gandini


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