L'opinione di Giancarlo Pigionatti
A piedi scalzi sulle proprie spine. L’immagine può rendere l’idea di una Pallacanestro Varese che sembra malcapitata tra sofferenze che si susseguono come atti di una commedia drammatica per incapacità dei suoi autori.
Con chi prendersela? Non sicuramente con i giocatori, seppur attori diretti, ancorchè criticabili per le loro stecche: Cavaliero e compagni, dopo averci messo la solita faccia (sbiancata da insuccessi in serie), non hanno colpe gravi sulla coscienza, se non quella d’esser limitati e mal tratti assieme, costretti da equivoci originali a cercare soluzioni di squadra complicate e critiche pur di fronte ad avversari battibili.
Schiumano fatica, alcuni danno persino l’anima ma, alla fine dell’opera, restano tutti a mani vuote. La gente di Masnago sembra più disorientata che arrabbiata pur facendosi sentire attraverso il proprio malumore amplificato da urla e fischi.
Quale domani immaginare a questo punto, tra sconfitte che sembrano attratte da una calamita? L’interrogativo chiama in causa l’alto loco, per dire di Castelli, presidente del consorzio, fautore o artefice - che dir si voglia - dell’investitura di Coldebella (foto Blitz) nel ruolo più decisionale del club, spartito naturalmente con Moretti, già noto per alcune scelte a dir poco assurde nel mercato della scorsa stagione, inevitabilmente a lui riconducibili, come quelle dell’ultima estate.
Stavolta, in più, stando a serpeggianti sollevazioni di dissenso dagli spalti nella sfida contro Brescia, lo si rimprovera di capirci poco allorquando è in gioco il destino della squadra, visibilmente bisognosa di una mano ferma che la guidi attraverso cambi opportuni e senza riguardi per alcuno invece di tentativi, come se ne fanno, alla ricerca della carta fortunata in un mazzo senza assi né jolly.
Moretti, anche sabato sera, in un finale prevedibilmente incandescente ha puntato su Maynor, non a suo agio in una lotta feroce con una giovane Leonessa, pronta a sbranare la povera Varese. Ma il play americano è fatto così: se lo conoscevi, come lo si conosceva, cari decisori biancorossi dovevate evitare di prenderlo. Se poi lo si crede un fenomeno al di là del suo rendimento, spesso e scarsamente incidente nell’economia di un risultato, le conseguenze sono lì da constatare. È pur vero che molti tifosi, agli annunci di mercato, gioirono per il ritorno di Eric. Salvo poi, scaricarlo di fronte a prestazioni indifendibili. Nella fase più torrida del match con i bresciani, Maynor è stato richiamato in panchina sul meno 4 per i biancorossi, poi Moretti l’ha sguinzagliato sul parquet sul più 4. Ebbene Varese ha perso con sei punti di margine. Fate un po’ voi i conti di fronte a un profilo o profitto del genere.
Sicuramente Maynor non va messo in croce, nell’occasione in cattiva compagnia viste le insufficienze dolorose dei compagni, un po’ tutti persi nel marasma di una gara peraltro facilmente, alla loro portata, ma questi sono evidentemente i valori che ci ritroviamo, testimoniati freddamente da tre vittorie in otto gare in campionato e da una su cinque in Champions, per dire di quattro successi in tredici confronti.
Sono cifre lapidarie su cui meditare per assumersi dirette responsabilità, alludendo a Coldebella e Moretti, i quali non sono riusciti a dotare Varese di un asse play-pivot di valore né di un cannoniere a tempo pieno. Per fortuna c’è il sempre lodevole Pelle, che ancora non gioca a basket: una piccola luce nella notte.
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