Non sparate sul pianista. Sul banco degli imputati per la crisi di gioco e risultati di una Varese egualmente sconfitta in casa sia in versione Openjobmetis che Itelyum, è finito anche il coach Tom Bialaszewksi. Che non sta garantendo un valore aggiunto, anche alla luce dei fisiologici adeguamenti legati alla prima esperienza da capo allenatore dopo una lunghissima carriera NBA da video coordinator ed esperto di scouting degli avversari.
Ma nel contesto di un sistema che limita fortemente la discrezionalità dell’allenatore, nelle scelte tecnico-tattiche e nella gestione delle rotazioni, “coach B” non è non il primo, né tantomeno l’unico, responsabile della situazione.
IL BUG NELL’ALGORITMO
– Un costruttore di gioco, tre esterni intercambiabili con capacità di tirare da 3 punti ed attaccare il canestro, un pivot veloce e dinamico che protegga l’area in difesa e finalizzi gli scarichi in attacco. Il basket dell’algoritmo, per quello che è stato spiegato, si riassume così: era la perfetta fotografia della Varese 22/23. Se la Varese 23/24 voleva ricalcarne le stesse logiche di costruzione dell’organico, si è andati parecchio fuori tema. Manca un esterno che salta l’uomo, cosa che toglie una delle due dimensioni dell’attacco (tirare da sotto o da 3; qui solo da 3).
Ma non ci sono neppure 3 esterni intercambiabili tra lo spot 2 e lo spot 4: anche lo scorso anno la difesa prevedeva cambi su tutti i blocchi, però con l’atletismo di Brown, Reyes e Johnson non c’erano le attuali voragini a centroarea e a rimbalzo. Quindi, per giocare secondo le logiche degli “analytics” mancano gambe in attacco e corpi in difesa.
I VALORI NON NEGOZIABILI
Per Luis Scola, il basket dell’algoritmo vale come le tavole della legge di Mosè. Può essere discutibile, ma alla prova dei fatti l’OJM 2022/23 gli ha dato ragione. Il lato B dell’OJM 2023/24 dimostra però che il sistema funziona se costruisci una squadra con giocatori adatti a metterlo in pratica. E il campo ha evidenziato che la Varese attuale non la è: se il sistema è “valore non negoziabile”, servirà intervenire sul roster per correggere gli squilibri più evidenti (in primis un esterno con garretti esplosivi, magari anche un italiano che allunghi la panchina). Poi, eventualmente, si potrà valutare anche l’operato di Bialaszewski.
IL PESO DEL COACH
Quanto pesa effettivamente il coach in un sistema che prevede rotazioni prestabilite a tavolino, e strategie di gioco predeterminate? Il margine per incidere è limitato, non scordando due differenze fondamentali tra Brase e Bialaszewski. L’ex vice di D’Antoni aveva partecipato fattivamente alla costruzione del roster, portandosi in dote due “pretoriani” come Markel Brown e Jaron Johnson. E aveva sperimentato in prima persona l’algoritmo nei tre anni da head coach dei Rio Grande Valley Vipers. Mentre “Coach B”, alla prima esperienza da head coach, ha ereditato una squadra fatta da altri a mercato concluso. Un gruppo talentuoso e ben assortito come l’OJM 22/23 può anche fare a meno delle regole e affidarsi all’estro dei singoli; quest’anno invece ce ne sarebbe gran bisogno per nascondere i limiti di una squadra in difficoltà. Alla quale non manca la volontà, vista la disponibilità ad allenarsi di più espressa dopo la sconfitta con Goettingen. Ma per aiutarla, ed aiutare il suo tecnico, serve almeno un rinforzo che eviti a Varese di vivere e morire sulle percentuali da 3 punti.
Giuseppe Sciascia
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