Poi, come sempre, i ricordi sfumano, i particolari si dimenticano, finché delle cose non si conservano che i contorni generali.
Però a volte sono importanti, i particolari: determinanti, direi, se da quei particolari dipendono la vita e la morte di un essere umano, il rispetto della sua volontà, la salvaguardia della sua dignità.
Prendete Piergiorgio Welby, ad esempio. Io, che ho seguito la sua vicenda da vicino, ricordo come se fosse adesso che a un certo punto il problema era diventato questo: siccome il paziente chiede coscientemente che gli venga staccato il respiratore, possiamo staccarglielo; inoltre, siccome il paziente chiede di essere sedato per evitare di morire soffocato tra inenarrabili sofferenze, possiamo pure sedarlo; però, una volta sedato, il paziente diventerà incosciente, e quindi incapace di chiedere che il respiratore gli venga riattaccato nel caso -improbabile ma astrattamente possibile- in cui dopo il distacco decida di cambiare idea; ragion per cui, in assenza di una legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento e non potendo sapere come la pensa in quel momento, saremo costretti a riattaccargli il respiratore.
Ora, nonostante il fatto che Carlo Maria Martini -come ci è stato tempestivamente comunicato- sia “rimasto lucido fino alle ultime ore“, si può ipotizzare che negli ultimi minuti abbia perso conoscenza: circostanza che avrebbe dovuto comportare, a voler seguire il criterio enunciato così rigidamente per Piergiorgio Welby, che i sondini cui aveva rinunciato finché era cosciente avrebbero dovuto essergli urgentemente attaccati tutti insieme, nell’improbabile -ma tuttavia possibile- ipotesi che proprio durante quegli attimi di incoscienza il porporato avesse repentinamente cambiato idea.
Si sarebbe trattato, con ogni evidenza, di una tortura insensata: e mi rallegro, lo dico davvero, del fatto che nel caso di specie nessuno abbia avuto l’alzata d’ingegno di proporla.
Sta di fatto, però, che nel caso di Piero essa non soltanto fu proposta, ma sbraitata a gran voce da una massa di scalmanati che gridavano al suicidio assistito, all’eutanasia, all’omicidio: il tutto, ovviamente, perché Piero non si era limitato a farsi i cazzi suoi chiedendo a mezza bocca che gli facessero il piacere di staccargli il respiratore, ma aveva rivendicato quel distacco come un diritto per sé e per tutti gli altri, facendone il fulcro di quella che a mio parere è stata la più importante battaglia politica radicale degli ultimi anni.
Ecco, probabilmente il punto centrale della faccenda è proprio questo: finché ci si limita a chiedere un favore problemi non ce ne sono, perché si sa che in Italia una strada per fare quello che si vuole si trova sempre, al di là delle leggi e perfino degli anatemi religiosi; quando invece si chiarisce che ciò che si chiede non è un favore, ma un diritto, allora le istituzioni diventano intransigenti come in nessun altro paese al mondo, incagliandosi sulle virgole e trasformando ogni minimo cavillo in un ostacolo insormontabile.
L’abissale differenza tra le esequie di Martini e i funerali negati a Welby è tutta in questo particolare: Martini ha chiesto, Welby ha rivendicato.
E rivendicare, in un paese come il nostro, finisce spesso e volentieri per diventare -quello sì- un vero e proprio suicidio.
Assistito solo dalle maledizioni degli altri.
Fonte: http://libernazione.it/il-favore-e-il-diritto/
In realtà Martini ha chiesto ed ottenuto di essere sedato, quindi era privo di conoscenza, non c'è nulla da ipotizzare.
Due pesi, due misure. Per alcuni tutto ciò è normale, io mi ci incazzo, che ti posso dire.
Ah, beppino Englaro ha portato avanti le volontà della figlia, come qualunque padre sensato farebbe.
E poi roo, siamo onesti, non era questo che ti turbava, basta rileggere i tuoi post di allora.