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«Ho detto no alla mia Nazionale. Ora Varese viene prima di tutto»


simon89

La timidezza nello sguardo e nell’approccio sembra arrivare in fotocopia dall’estate 2016 e da quell’avvento varesino da perfetto sconosciuto, vissuto con delicata, pudica ed emozionata grazia. Ventidue anni, oggi quasi ventitrè, non sono d’altronde un’opinione, nemmeno se nella vita hai scelto di fare il professionista del basket.

... Non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore: e con Aleksa Avramovic lo sappiamo bene. Sul parquet timido non lo è mai stato: negli occhi dei tifosi c’è ancora il fragore dei primi mesi della scorsa stagione. Un fragore fin troppo anarchico e rientrato infatti nei ranghi quando la necessità di salvare baracca e burattini ha fatto rima con affidabilità, qualità ancora sconosciuta al serbo di Čačak. Prima tutto, poi quasi nulla: ricordate i ventidue anni (oggi quasi ventitrè) di cui sopra? Sono la spiegazione.

Varese non ha ancora capito se ha in mano un potenziale campione oppure no. E nemmeno il buon Avra - che ieri ha portato in giro il suo disponibile sorriso per la Basket Fest - sa davvero cosa ci sia oltre i suoi sogni. Una cosa, però, la sa di certo: quest’anno ci sarà da sudare per lui...

Come stanno andando le sue vacanze, Aleksa?

Bene, ho iniziato ad allenarmi dopo dieci giorni dal mio ritorno in Serbia, a maggio. Poi ho proseguito fino alla partenza per le vacanze vere in Grecia e, una volta tornato, dieci giorni fa ho ripreso ancora in palestra. Cerco insomma di prepararmi duramente per essere pronto per la nostra stagione: la mia estate è fatta principalmente di questo. Ho due personal coach che mi seguono, faccio due sedute al giorno e mi divido tra pesi e basket: mi piace lavorare. Il prossimo mese, che trascorrerò sempre in Serbia, sarà più tosto perché l’inizio si avvicina: devo essere tirato a lucido per il raduno del 16 e per tutte le nuove sfide che ci e mi attendono in questo secondo anno a Varese.

È arrivata la chiamata della nazionale serba per le Universiadi di Taipei, ma lei ha scelto di dire no: come mai?

Perché ho preferito concentrarmi su Varese. La preparazione in nazionale per le universiadi avrebbe coinciso con la preparazione per la prossima stagione biancorossa e ho pensato fosse meglio essere qui a lavorare con il coach e con la squadra, anche per conoscere meglio tutti i nuovi compagni.

L’anno scorso aveva dichiarato che arrivare in nazionale era uno dei suoi sogni: non deve essere stato facile dire di no...

Sicuramente non è stata una scelta facile, però le universiadi terminano il 30 agosto a Taipei ed entrano in conflitto con quello che dovrò fare a Varese: non posso permettermelo. La Serbia però, farà le qualificazioni per i mondiali e non potrà schierare tutti i giocatori di Eurolega, Eurocup ed Nba. E il 99% del roster della mia nazionale gioca proprio in queste competizioni: credo e spero possa esserci per me la chance di una chiamata. È il mio sogno.

Ripensa mai alla scorsa stagione, Avramovic? Qual è il suo bilancio, a freddo?

Sono molto contento di come ho giocato: in fondo era la mia prima volta in Italia, in un campionato difficile. Ho fatto un grande passo e sapevo non sarebbe stato semplice: è come se avessi scalato due gradini in un colpo solo. Sono contento perché ho dimostrato di poterci stare in questa lega: ci sono stati momenti belli e brutti, alcuni straordinari ed altri davvero da dimenticare. Ma è normale che sia così per me: sono ancora giovane e gli alti e bassi ci stanno in un esordio. Ora ho una stagione in più “in my pocket”: ho più esperienza e non farò gli stessi errori sul parquet che ho fatto l’anno scorso.

Lo storico del suo cammino evidenzia due fasi antitetiche: una prima parte con tanto spazio e ad impatto quasi sorprendente, coincisa però con le difficoltà della squadra; un seconda, invece, che l’ha vista retrocedere nelle gerarchie di Caja durante la lotta per non retrocedere. Onestamente: come ha vissuto questo secondo momento?

Ero contento per la squadra ma per me è stato molto difficile. Mi sono sempre allenato tanto, non ho cambiato nulla e ho sempre aspettato la mia chance. Ero in realtà anche un po’ arrabbiato con me stesso, perché mi ricordo tre partite giocate malissimo in fila e questo ha portato il coach a darmi meno spazio. È normale che sia così, poi alla fine mi ha concesso altre chance e penso di non aver demeritato.

Sia sincero: anche alla luce di questa fase calante nel suo utilizzo, ha mai avuto dubbi sul rimanere o meno in biancorosso, nonostante il contratto pluriennale?

No, sono sempre stato contento di poter rimanere qui. So che mi dovrò giocare lo spazio con tutti fin dal primo minuto del raduno, ma sono felice perché conosco l’ambiente di Varese ed è più semplice giocare qui piuttosto che andare altrove e ricominciare daccapo.

Ritroverà Massimo Bulleri come assistant coach di Caja: una guida per lei?

“Bullo” mi ha aiutato molto l’anno scorso, mi ha sempre dato molti consigli. Ha quarant’anni e oltre venti stagioni di Serie A alle spalle: spesso, nello scorso campionato, è stato lui a spingere Varese più di chiunque altro giocatore, regalandoci anche delle vittorie. Ora, da assistant coach, penso avrà ancora più occasione per starmi vicino. Gli voglio bene.

Conosce già qualcuno tra i nuovi compagni?

Ho visto giocare Waller in un paio di occasioni e posso garantirvi che è davvero forte: è un grande tiratore e sa segnare, sa segnare davvero tanto. Gli altri non li conosco molto: spero, tuttavia, ci sia ancora Eyenga perché ormai ci conosciamo e per me è un grande giocatore.

Pensa che per lei sia meglio lavorare duro per cercare di diventare un vero playmaker o sia meglio puntare a rafforzarsi come guardia?

Playmaker: è la posizione più difficile nel basket. Devi avere tutto sotto controllo e devi conoscere tutto dei tuoi compagni. Penso di poter essere un buon regista, sicuramente devo sviluppare il mio gioco in quel ruolo, ma sono molto fiducioso.

Off-topic: dove ritiene possa arrivare la Serbia ad Eurobasket?

Spero in una medaglia e spero possa essere quella d’oro: abbiamo la squadra da primissime posizioni con Teodosic, Bogdanovic, Bjelica, Jokic, Marjanovic. Una squadra forte, con giocatori che ormai si conoscono perfettamente e penso possano fare grandi cose. Anche l’Italia, pur senza Bargnani e Gentile è una bella formazione. Già due anni fa mi aspettavo da loro qualcosa di meglio e sinceramente, oggi ancora di più. Anche perché hanno a disposizione il migliore: Danilo Gallinari.

Alberto Coriele e Fabio Gandini

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