I migliori anni della nostra vita. Quelli che il calendario ha già sfogliato, personificati da due signori alti alti, forse un po’ attempati se ce li si rimembra in braghe e pantaloncini a dominare in lungo e in largo il parquet, ma sempre icone di un senso di appartenenza eterno.
I migliori anni della nostra vita. Quelli che verranno grazie alla passione di un gruppo di persone che sa stringere i tifosi intorno a un’idea assoluta (la Pallacanestro Varese), che ha capito dove sta il problema (sì, i soldi. Quelli che mancano) e lì è voluto intervenire, che sa organizzare una serata come quella di ieri (un grazie speciale a Benedetta Lodolini, voce, volto e un impegno che è durato un mese) capace di unire magnificamente passato, presente e futuro.
I migliori anni della nostra vita, racchiusi nell’evento de “Il Basket siamo Noi” all’Unibirra di Calcinate del Pesce: Bob Morse, Massimo Lucarelli, il Trust. Un fil rouge colorato di biancorosso, valso a presentare la Openjobmetis di Caja (che ha risposto all’appello al completo) ai tanti associati presenti (un centinaio), ad abbracciare due nuovi adepti vip (appunto il grande “Bob mitraglia” e “Lucky Lucarelli”, premiati come soci onorari) e riscoprirsi una grande famiglia, che si stia in campo (o lo sia stati negli anni Settanta) o sugli spalti.
Proprio Morse è stato il primo a “benedire” l’iniziativa dei tifosi proprietari: «Penso che “Il Basket siamo Noi” sia un’iniziativa indovinata, perché coinvolge i supporter anche dal punto di vista finanziario, chiamandoli a spendere completamente la loro passione. Il Trust è una base per proiettare nel futuro una Pallacanestro Varese più forte. Oggi come oggi questa è la strada giusta».
La parola d’ordine è radici, le stesse che lo straniero più vincente dell’epopea varesina ha coltivato fin dal primo giorno: «Da giocatore (arrivai nel 1972 quando avevo 21 anni) - racconta Morse - mi fecero un contratto di 5 anni. Una cosa impensabile oggi. A Varese sono nate le mie due figlie, qui ho imparato la lingua che poi sono andato a insegnare (e ancora insegno) negli Stati Uniti e qui ho il progetto di portare i turisti americani perché scoprano le bellezze del territorio, il basket italiano e il calore che solo i tifosi varesini sanno dare».
Difficile racchiudere una Famiglia, il Mito (anzi i Miti) e la loro serata in poche righe. In mezzo a sorrisi, fotografie che una volta sarebbero andate dritte sui comodini e oggi andranno nei profili Facebook, memoria condivisa, birre e anche un po’ di commozione, forse conviene cristallizzare un solo momento: quello in cui Morse si rivolge ad Avramovic e compagni. Dettando la via: «Siate orgogliosi di giocare per questa squadra. Sempre. Varese è una leggenda, come i Boston Celtics».
Fabio Gandini
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