
IL COMMENTO DI FABIO GANDINI
Si rischia di morire di invidia, ultimamente, a Masnago.
Un paio di scommesse azzeccate (Zegarowski e Golden, classe 1998) messe vicino però (e fa tutta la differenza del mondo) a giocatori di esperienza (Pecchia, Lacey, Zanotti, Adrian…) e a stranieri che conoscono il basket europeo (Mccullogh). In panchina un allenatore che può dettare un gioco - semplice, efficace, onesto: nessun apparente “obbligo di sistema”, nessuna pericolosa pervicacia su idee che non funzionano sul breve e medio periodo. Al loro posto duttilità, creatività da contadini del basket (ed è un complimento), visioni che non vanno oltre qui e ora (ed è un bene, talvolta).
Ah già, anche un budget che sarà forse superiore a quello di Varese - sinceramente non lo sappiamo - ma di certo non assomiglia a quello di Paperon dei Paperoni.
Vedi Cremona e pensi: perché Varese no? E la risposta viene prima dei fischi e delle aggressioni verbali a Bialaszewski e a Cauley-Stein, frutto di un’adrenalina che non vede che in un rapporto di causa-effetto le disgrazie hanno una paternità più certa.
Proviamo una grande empatia nei confronti dell’attuale allenatore della Pallacanestro Varese. Metterlo in discussione alla settima sconfitta in campionato è legittimo dei costumi nostrani e lo faremmo a cuor leggero anche noi, ma solo se qualcuno prima ci spiegasse due o tre cose.
Ci spiegasse per esempio perché è stata costruita una squadra che non è in grado di giocare il basket che si vuole giocare, in quanto mancante dei presupposti che c’erano lo scorso anno. E allora uno non può essere uguale a uno.
Ci spiegasse perché è stato scelto un centro che non vede un pallone in attacco (oggi due tiri dal campo per Cauley-Stein…), difende non più di due azioni a partita e approccia ogni impegno agonistico con timore e sonnolenza.
Ci spiegasse perché non è stato preso un giocatore in grado di servire i compagni con continuità o perché - e sono gli errori più gravi - è stata messa sul piatto una schiera di esordienti senza mischiarli con un vissuto cestistico consistente e senza salvaguardare l’apporto di chi conoscesse l’ambiente, la pressione, i tifosi, le salite e le eventuali discese.
E poi, ancora più importante: quanto spazio ha per incidere davvero chi sta in panchina? Dove e come sbagliano Bialaszewski e chi allena con lui se lo spartito non si può cambiare? In che cosa e in quanto pesa l’allenatore sull’insufficiente - finora - cammino stagionale?
L’impressione è che prima di essere sbagliato B., siano sbagliate tante altre cose. E che sia difficilissimo ammetterlo.
Fabio Gandini
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