Attilio Caja e Varese proseguiranno il rapporto fino al 2022. Un segnale forte di fiducia nell'opera di Artiglio, ma anche di continuità sulla falsariga delle ultime due stagioni nelle quali l'OJM ha chiuso con un rapporto vittorie-sconfitte superiore al 50 per cento (16-14 in entrambi i casi pur con un sesto e un nono posto finale). «Sono molto contento della grande fiducia accordatami dalla società, ringrazio in particolare Toto Bulgheroni che ha dato l'input per questa estensione a lungo termine - dice il tecnico -. E una gratificazione del lavoro fatto, ma avverto il senso di responsabilità nel dover ripagare questa grande fiducia. Al di là del risultati del campo, sono stati apprezzati la mentalità e l'etica del lavoro che abbiamo costruito. C'è un metodo impegnativo ma serio, portato avanti negli anni, tutti riconoscono a Varese un sistema e un modo di stare in campo in maniera organizzata. L'anno prossimo ripartiremo sulla stessa falsariga nella scelta di giocatori e uomini adatti a stare in questo contesto, ci saranno novità nello staff perchè era il momento di cambiare».
La prossima OJM di Caja manterrà lo stesso stile che l'ha resa riconoscibile su tutti i campi della serie A?
«Fa piacere il riconoscimento di un marchio di fabbrica frutto di uno stile di lavoro: è il modo giusto per provare a migliorare le prestazioni di un giocatore. Il rovescio della medaglia è che chi cresce poi parte per altri lidi, ma fa molto piacere aver contribuito ai progressi di chi come Okoye e Vene e quest'anno Avramovic e Scrubb andrà in club con maggiori possibilità economiche.E una scelta che porta vantaggi a loro ma nell'immediato ne porta a noi: fare un percorso per cambiale il loro status e di conseguenza il loro salario è una cosa che accettano molto volentieri».
Continuità anche per quanto riguarda le scelte di mercato?
«Sin dall'anno scorso si era creato un gruppo di lavoro molto coeso con Bulgheroni e Coldebella, poi Andrea Conti si è inserito perfettamente nel team. Siamo in grande sintonia ed è la base di partenza per dare continuità nella scelta dei giocatori. La filosofia del mercato sarà la stessa cercando elementi rodati: per una squadra che ha fatto bene con gli esordienti ce ne sono almeno 5 o 6 che sono andate in difficoltà».
L'obiettivo sarà ancora una salvezza tranquilla?
«Vale il concetto del massimo relativo: fare il meglio possibile in funzione delle risorse disponibili. Se hai il dodicesimo budget arrivare nelle prime 4 è molto difficile; l'obiettivo è alzare sempre l'asticella rispetto alla posizione di partenza, con le idee e la forza lavoro si può competere nella forchetta di piazzamento dal settimo al decimo posto considerando che il prossimo anno con 2 retrocessioni sarà un campionato di 7-8 squadre con budget importanti, e di altre 10 che partono da dietro: noi siamo tra queste. Sono obiettivi realistici da non considerare limitati. Nel momento in cui non è ancora chiaro se la serie A sarà a 16 o 18 squadre, Varese può vantare una solidità societaria figlia di una gestione oculata. E un aspetto molto importante che vale più di avere un giocatore in più di un certo livello, se poi non puoi permettertelo».
Cosa risponde a chi sostiene che non ama i giocatori di talento?
«Ho esordito allenando Oscar Schimdt, ho lanciato Sconochini a Roma, poi ho avuto Myers, Magnifico, Naumoski, Booker, Gallinari e Jason Rich. Però a Milano, Pesaro e Roma potevo avere giocatori importanti, mentre qui bisogna fare attenzione ai costi: chi gioca per sé rovina le squadra, il grande giocatore deve unire tecnica e mentalità. Cercheremo altri Okoye, Vene o Avramovic, ma i giocolieri non ci servono».
Giuseppe Sciascia
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