Quando sono iniziati i lavori per costruire la rosa della Openjobmetis, divenuta definitiva ieri mattina con la firma ufficiale di John Egbunu? E quali sono stati i (tanti) passaggi effettuati tra le varie componenti degli staff societari prima di arrivare a comporre un puzzle che ha solo dieci pezzi, ma che deve essere incastrato con grande attenzione?
In tutto questo periodo, il braccio destro del gm Andrea Conti è stato Matteo Jemoli: 32 anni, di Gemonio, è stato per diverse stagioni assistente allenatore biancorosso (con un’esperienza anche a Trapani) e ora ricopre il ruolo di responsabile scouting della Pallacanestro Varese. Un lavoro dietro alle quinte rispetto a quello della triade Conti-Bulgheroni-Vertemati che però in questo periodo emerge in modo forte, specie in un mercato nel quale la Openjobmetis ha percorso strade differenti dall’usato sicuro prediletto negli anni di Attilio Caja.
Matteo, prima di tutto: qual è il metodo di lavoro utilizzato per fare scouting in Pallacanestro Varese?
«Si parte da lontano: a settembre io e Andrea ci siamo suddivisi i campionati da tenere sotto controllo. Grecia, Polonia, Belgio, Germania, Israele, Turchia, Lega Adriatica… poi le coppe e alcuni giocatori particolari per i quali avevamo segnalazioni, per esempio certi impegnati in G-League con aspirazioni europee. Da quel momento in poi, ogni settimana ho guardato una serie di partite e iniziato a “profilare” gli atleti più interessanti. Io li suddivido in quattro settori: fisico, gioco offensivo, difesa e una quarta parte che chiamo “extra” dove metto notizie di ogni tipo».
Fino a quando prosegue questa selezione?
«Fino a febbraio-marzo, perché a quel punto iniziamo a scremare gli elenchi, preparando diverse liste a seconda del ruolo. Liste a loro volta suddivise in fasce in base al gradimento e al costo che prevediamo possano avere. Questo permette di intervenire in corsa in caso di necessità: per esempio noi sino a fine giugno avevamo un playmaker, Ruzzier, che poi è andato via. Però i nomi erano già pronti e ci siamo mossi di conseguenza».
Oltre a voi, chi collabora alla stesura delle liste?
«Le proposte passano al vaglio anche di Bulgheroni ma anche lo staff tecnico lavora a tutto il “progetto”. Sia coach Vertemati, sia i suoi assistenti Cavazzana e Seravalli hanno un database simile al mio: tutto è utile per un confronto quando si stringe su un nome».
I due acquisti più curiosi sono quelli di Kell e Wilson, entrambi dalla Polonia? A che punto vi siete spinti nello scommettere su di loro?
«Io non ritengo che Kell sia una scommessa. L’abbiamo osservato a lungo, credo di avere visto 10-12 partite della sua squadra: ha fatto un buon campionato, giocato in Fiba Cup e ha dimostrato leadership e impatto difensivo, al di là dei numeri d’attacco. Spesso ha marcato l’avversario più pericoloso. La scommessa maggiore è Wilson, ma in quel ruolo abbiamo una garanzia come Beane e la possibilità di variare assetti con anche De Nicolao e Kell. Elijah infine non è una guardia che chiede di avere la palla in mano: sa tirare sugli scarichi senza fermare l’attacco».
La Openjobmetis sarà squadra molto fisica: una precisa richiesta del coach?
«Sì: Vertemati ha voluto dare questa impronta. Gli piace avere forza fisica tra gli esterni: Kell sa attaccare spalle a canestro, Beane è atletico, Wilson ha stazza. E poi Gentile: un’operazione che non era preventivata a inizio mercato, ma che siamo felici che sia capitata e sia andata a buon fine. La fisicità accomuna tutti: De Nicolao e Caruso stanno lavorando per potenziare la muscolatura, Ferrero è abituato a giocare da ala forte, Jones e Sorokas hanno corpo ed energia. Poi è arrivata la conferma finale di Egbunu, che tutti conosciamo dal punto di vista atletico».
Al di là dell’energia, ci sono altri tratti che contraddistinguono la rosa della Openjobmetis?
«Abbiamo giocatori che vogliono dimostrare di poter salire di livello. Questo vale per i “polacchi” e per Sorokas che puntano ad affermarsi in un torneo più competitivo, per i giovani italiani che stanno facendo un percorso di crescita, per Jones che torna dall’infortunio. Senza parlare di Gentile che ha alle spalle una carriera super e vuole tornare a quei livelli, o di Egbunu che dopo i travagli fisici del passato cerca di confermarsi in una stagione completa».
Ultime due domande. La prima: c’è un giocatore che avete seguito a lungo e vi sarebbe piaciuto, ma che alla fine è andato altrove?
«Qualcuno, come il canadese Bell-Hynes è rapidamente uscito dai radar per le sue prestazioni di altissimo livello con i tedeschi di Crailsheim (giocherà al Breogan, in Spagna ndr). Tra gli altri se devo dire un nome faccio quello di Kris Richards: lo seguiamo da tanto e se non fosse andato allo Zielona Gora lo avremmo preso per sostituire Jakovics. Lo sfiorammo prima che arrivasse Beane. Quest’anno al momento giusto non c’è stata l’occasione e lui è tornato in Romania, visto che ha il passaporto di quel Paese dove ha già vinto due titoli».
Per concludere: non le manca la panchina?
«Il mio attuale ruolo piace parecchio. Resto vicino alla squadra e durante le partite siedo ancora in panchina, cercando di avere sempre l’occhio da allenatore. Però ora voglio proseguire il lavoro che sto facendo: mi piacerebbe muovermi di più per osservare partite e giocatori dal vivo. Il Covid ha fermato questa possibilità, mi auguro di tornare presto “in missione”».
Damiano Franzetti
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