La Pallacanestro Varese non si è fidata a ripartire con Massimo Bulleri. La decisione di puntare su di lui dopo il traumatico e repentino divorzio da Attilio Caja, la fiducia sempre confermatagli anche nei momenti sportivamente più neri della stagione appena trascorsa, gli apprezzamenti pubblici una volta conquistata la salvezza: tutto questo non ha avuto più peso quando le bocce si sono fermate e il gioco ha lasciato il posto a una riflessione profonda.
Sfociata, nel pomeriggio di oggi, nella decisione di dire addio al coach di Cecina dopo solo nove mesi di rapporto, sfruttando la clausola d’uscita del contratto firmato a settembre 2020. Una risoluzione a sorpresa, tenendo conto di quanto sopra scritto e di un borsino che nelle ultime ore era parso addirittura in ascesa per il Bullo. Non era così.
Perché i dirigenti biancorossi - in primis Andrea Conti - di dubbi sul conto di quello che ora è diventato l’ex condottiero ne avevano invece parecchi. E hanno infine optato per il divorzio, dopo aver ottenuto il bene placito del consiglio d’amministrazione e non senza una certa inquietudine interiore, immaginiamo soprattutto di Toto Bulgheroni, anima della scommessa Bulleri l’anno scorso.
E proprio da quel momento bisogna partire per cercare di comprendere i motivi della scelta odierna. Varese affidò la panchina a un ex giocatore (e a una persona) molto stimato ma senza alcuna esperienza da capo allenatore, consapevole di correre gli ovvi rischi del caso. Fu tuttavia una decisione da prendere in fretta e furia, nell’imminenza dell’addio ad Artiglio e con una stagione già iniziata da portare avanti: si chiusero gli occhi e ci si buttò, spinti dall’istinto e dalla considerazione.
Oggi è tutto diverso: c’è il tempo sia per programmare, sia per porre le basi necessarie a non rischiare più come invece accaduto nell’ultimo campionato. Qui sta il punto. Varese ha riconosciuto a Bulleri l’oggettivo traguardo della salvezza, raggiunta in modo non scontato, ma ne ha valutato anche l’intero cammino, fatto pure di errori e incertezze nella gestione complessiva e in quella individuale dei giocatori, a pagare un’inevitabile inesperienza. Che è la parola chiave: ora Varese non vuole più essere a repentaglio, vuole un professionista più formato, vuole evitare di vivere un’altra annata tribolata, consapevole che il prossimo anno le retrocessioni saranno come minimo due e che il budget a disposizione ancora una volta non permetterà voli pindarici. E in virtù di queste volontà è allora disposta anche a sconfessare ciò in cui per mesi ha creduto.
Eccole le ragioni principali del mancato Bulleri bis. Non le uniche: dietro c’è anche la strada che porta al futuro extra parquet della società. E quindi a Luis Scola. Come anticipato da VareseNoi, il quattro volte olimpionico tratterà nei prossimi mesi con l’attuale proprietà le condizioni per il suo ingresso nel capitale varesino e, con ogni probabilità, anche nel consiglio d’amministrazione. Fonti interne al club hanno in più occasioni fatto intendere che il gradimento de El General verso il Bullo non fosse ai massimi: pare allora così inverosimile che possa aver dato un parare negativo, qualora interpellato, su una sua riconferma? La risposta è no. Anzi: la deliberazione comunicata oggi non va che a dimostrare che il futuro della Pallacanestro Varese parlerà argentino. Mancherebbe solo un tassello: quello che domani farà sapere al mondo l’attuale main sponsor…
Chi al posto del Bullo, però, ora? Prima dei nomi, le pregiudiziali. Varese vuole un allenatore con cui costruire, che punti a migliorare i giocatori attualmente sotto contratto (Ruzzier, Strautins, De Vico, De Nicolao e Ferrero) e quelli che verranno cercati su un mercato che consentirà di puntare su atleti non troppo costosi ma migliorabili con il tempo e con il lavoro. Quest’anno è accaduto solo in parte: i casi Strautins (progressivamente sempre meno considerato in corso d’opera) e De Vico (a un certo punto escluso dalle rotazioni) sono lì a testimoniarlo. Il prescelto dovrà sposare in pieno il progetto tecnico societario, che prevede tra l’altro la rinnovata adesione alla formula regolamentare del “5+5” (cinque giocatori di formazione italiana più cinque stranieri).
Due o tre le opzioni ora valutate, con in comune l’esperienza sul campo. La prima conduce a un coach maturo, nella fattispecie a Meo Sacchetti, suggestione che a tempi alterni si è spesso incrociata con i destini biancorossi. La seconda, invece, recherebbe a un professionista più giovane ma in ascesa: potrebbe trattarsi di Adriano Vertemati, per nove anni a Treviglio e nell’ultima stagione vice di Andrea Trinchieri al Bayern Monaco. Un’ultima condizione: il nuovo allenatore non dovrà costare troppo…
Fabio Gandini
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