
"Miracolo a Milano" è un famoso film. Ci è mancato poco che trovasse un seguito sotto i canestri del Forum, laddove Caja e i suoi uomini, semplicemente grandiosi come collettivo, hanno sfiorato quell'impresa che nessuno o quasi credeva oggettivamente realizzabile. Milano come una tempesta? Sì, ma in un bicchier d'acqua per la tenace e ammirevole opposizione di Varese la quale, semmai, può recriminare per un successo mancato in lunetta ai liberi, avendone sprecati tanti.
L'EA7 intasca due punti dopo aver tremato sino all'ultimo possesso: la sua gloria pallida la deve ai lampi delle sue due guardie al fulmicotone, sole tra compagni molli e tentennanti, persino presuntuosi ancorché prigionieri dell'energia e dell'intensità di una Varese che, mantenendo fede ai suoi piani di compattezza, ha tolto la polvere dal tempo nell'opporre la sua storica rivalità in un derby diventato proibito nelle ultime stagioni. Caja batte Pianigiani, non vi sono dubbi su strategie e gestioni di gara, l'uno alla guida di una formazione da salvare, l'altro di una squadra che - dichiaratamente candidata al titolo - costa una barcata di denari. Gambe e corsa con pelle da rinoceronte, l'uno al servizio dell'altro in ogni metro del campo: ecco una Varese operaia, vicina al paradiso a dispetto dei santi supponendo tali Pianigiani e i suoi uomini, già belli e beati ancor prima di scendere in campo.
Già, una squadra operaia: guai a dimenticarselo, soprattutto contro Cantù in un match fondamentale per il suo futuro. Che il tecnico pavese abbia idee chiare, conscio dei limiti dei suoi uomini di cui essi stessi sono consapevoli, lo si sapeva. Ora abbiamo la prova sul campo, laddove ognuno ha saputo offrire il meglio di sé, aggrappato a una difesa da battaglia e ben studiata (come la zona) per calarsi poi senza complessi in campo opposto. Sarebbe risultata davvero preziosa, in questa Varese la presenza di un elemento di grande personalità, avvezzo a iniziative private e a canestri in serie allorquando si fatica a trovare soluzioni d'assieme. Dallas Moore nelle file di Pesaro, con 24 punti di media a gara, lo dimostra. D'altra parte era stato lo stesso Caja a disquisire su questo limite. Si sarebbe forse potuto sacrificare, in economia, qualche scelta per puntare su un leader certo di riferimento. Nell'occasione è bello però annotare un crescendo nel tiro da tre punti che resta una componente influente sul rendimento, la palpabilità di Wells e il coraggio di Okoye nel mostrare la merce del suo banco, infine la solita animosità di Ferrero e la qualità offensiva, pur discontinua, di Waller. L'intermittenza offensiva di Hollis sta trovando compensazione nel suo incisivo apporto in difesa che sembra coltivare, sorprendendo, ogni giorno in palestra. Cain, che non è una cima tempestosa, ha mostrato la sua utile quadratura così come Tambone e Natali hanno portato il loro mattonano.
Varese, con il lutto sulle maglie, ha così onorato la memoria di Augusto Ossola, mitica figura - pur sempre nell'ombra - sin dai tempi dell'lgnis attraverso una collaborazione a dir poco preziosa. In eredità ci ha lasciato due libri sulla nostra Pallacanestro, quale patrimonio di tante storie, da ristampare e divulgare.
Giancarlo Pigionatti
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