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Marchionne... Fiat, Chrysler, Lancia, Alfa Romeo


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Pomigliano, Fiat verso rinuncia trasferimento Panda

Dopo il risultato del referendum tra i lavoratori dello stabilimento di Pomigliano, dove una maggioranza di poco più del 60 per cento ha detto sì all'intesa con l'azienda, la Fiat starebbe ripensando al piano di trasferimento della produzione della Panda dalla Polonia. Secondo alcune indiscrezioni il Lingotto si aspettava una percentuale di favorevoli più vicina all'80 per cento. In queste ore la Fiat sta valutando tutte le opzioni, non escludendo la rinuncia agli investimenti sullo stabilimento campano. A questo punto il futuro dell'impianto di Pomigliano diventerebbe molto incerto.

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www.corriere.it

E che Polonia sia, se piu' di due terzi del personale non vuole firmare.

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Pomigliano, Fiat verso rinuncia trasferimento Panda

Dopo il risultato del referendum tra i lavoratori dello stabilimento di Pomigliano, dove una maggioranza di poco più del 60 per cento ha detto sì all'intesa con l'azienda, la Fiat starebbe ripensando al piano di trasferimento della produzione della Panda dalla Polonia. Secondo alcune indiscrezioni il Lingotto si aspettava una percentuale di favorevoli più vicina all'80 per cento. In queste ore la Fiat sta valutando tutte le opzioni, non escludendo la rinuncia agli investimenti sullo stabilimento campano. A questo punto il futuro dell'impianto di Pomigliano diventerebbe molto incerto.

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www.corriere.it

E che Polonia sia, se piu' di due terzi del personale non vuole firmare.

un terzo

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Pomigliano, Fiat verso rinuncia trasferimento Panda

Dopo il risultato del referendum tra i lavoratori dello stabilimento di Pomigliano, dove una maggioranza di poco più del 60 per cento ha detto sì all'intesa con l'azienda, la Fiat starebbe ripensando al piano di trasferimento della produzione della Panda dalla Polonia. Secondo alcune indiscrezioni il Lingotto si aspettava una percentuale di favorevoli più vicina all'80 per cento. In queste ore la Fiat sta valutando tutte le opzioni, non escludendo la rinuncia agli investimenti sullo stabilimento campano. A questo punto il futuro dell'impianto di Pomigliano diventerebbe molto incerto.

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www.corriere.it

E che Polonia sia, se piu' di due terzi del personale non vuole firmare.

Io non sono un esperto di democrazia, ma credo che il 60% o poco più significhi la maggioranza.

Quindi, credo, l'accordo è passato, no?

Non sono esperto di democrazia ma di sindacalismo ho una certa esperienza diretta ...

Se CGIL/FIOM non firma e FIAT dice che il 60% non basta, vuol dire che sta votazione è stata tutta una presa per il culo.

FIAT aveva già deciso di andare in polonia.

FIOM fa il figurone dei "duri e puri" che non cedono ai padroni.

Gli OPERAI passano per quelli che non hanno voluto l'accordo e quindi vanno a casa.

E vissero tutti felici e contenti.............

:brr:

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x Ale Div : Fiat E' GIA' in Polonia....quindi stiamo parlando del percorso inverso....

comunque non ho mai capito perchè Fiat dovrebbe diminuire/spostare la produzione dalla Polonia, visto che quella risulta la loro migliore fabbrica....

....forse mi sono perso qualcosa....

....o forse è tutta una commedia con un finale già scritto....

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Io non sono un esperto di democrazia, ma credo che il 60% o poco più significhi la maggioranza.

Quindi, credo, l'accordo è passato, no?

Non sono esperto di democrazia ma di sindacalismo ho una certa esperienza diretta ...

Se CGIL/FIOM non firma e FIAT dice che il 60% non basta, vuol dire che sta votazione è stata tutta una presa per il culo.

FIAT aveva già deciso di andare in polonia.

FIOM fa il figurone dei "duri e puri" che non cedono ai padroni.

Gli OPERAI passano per quelli che non hanno voluto l'accordo e quindi vanno a casa.

E vissero tutti felici e contenti.............

:brr:

In questi giorni di (breve) vacanza, mi sono documentato un poco : la produttività di FIAT negli impianti italiani e in particolare

a Pomigliano (Termini è morto...), è ridicola, folle se paragonata ad altri impianti come quelli in Polonia.

Assenteismo selvaggio, malattie ad orologeria, scioperi ad minchiam le cause : Fiat deve produrre tante, ma proprio tante

Panda a Pomigliano , (investendo 700 milioni, occupando direttamente e con indotto 15000 persone...) deve perciò garantirsi la

"collaborazione" e l' appoggio di tutti, dei lavoratori in primis.

Il 60% è un risultato deludente, IMHO (alla faccia del referendum/ricatto....) e temo per il peggio...

Complimentoni !!!

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Io in effetti sono sconvolto dalla percentuale del no. E secondo me lo e' anche Marchionne, il quale sperava di circondare Fiom ed invece si ritrova con un terzo di potenziali casini per il futuro. Evidentamente a Pomigliano i lavoratori mostrano i muscoli e cosi' fa nche Fiat. Per Lucaweb, la competitivita' polacca e' ampiamente sfidabile su lavorazioni ad alto valore aggiunto e con condizioni di lavoro dure. A Pomigliano pero' non si farebbero tali lavorazioni ed ora sono a rischio anche i contratti. La cosa non sta in piedi.

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x Ale Div : Fiat E' GIA' in Polonia....quindi stiamo parlando del percorso inverso....

Sì corretto, intendevo dire che sarebbe rimasta in polonia, nella fretta mi son mangiato le parole ....

....o forse è tutta una commedia con un finale già scritto....

Ecco, il concetto di fondo era questo. :brr::D

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Io in effetti sono sconvolto dalla percentuale del no. E secondo me lo e' anche Marchionne, il quale sperava di circondare Fiom ed invece si ritrova con un terzo di potenziali casini per il futuro. Evidentamente a Pomigliano i lavoratori mostrano i muscoli e cosi' fa nche Fiat. Per Lucaweb, la competitivita' polacca e' ampiamente sfidabile su lavorazioni ad alto valore aggiunto e con condizioni di lavoro dure. A Pomigliano pero' non si farebbero tali lavorazioni ed ora sono a rischio anche i contratti. La cosa non sta in piedi.

Io vorrei leggere l'accordo, comunque.

Prima di allora non mi faccio nessuna opinione.

Le due parti in causa, FIAT e CGIL, sono come il gatto e la volpe.

Che mi si venga a dire che CGIL difende i lavoratori o che FIAT fa un gesto samaritano per il bene degli operai e della nazione.. scusate, mi viene da cappottarmi dalle risate e prima di dire bianco o nero o rosso, vorrei documentarmi direttamente.

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  • 2 weeks later...

Gli eroi dell'indipendenza guidano il riscatto dell'auto Usa

di Christian Rocca 07 luglio 2010

Anno 1776. Una vedetta della fanteria inglese corre verso le retrovie. Il capitano l'attende. Le giubbe rosse sono armate di tutto punto. Lo scout arriva affaticato e terrorizzato. Quasi non riesce a parlare. Le notizie non sono buone. Nel bosco ha visto qualcosa che si muove nella loro direzione. Il capitano dà l'ordine. I soldati si mettono in posizione. Armano i moschetti. Il vento gonfia le bandiere di Sua Maestà britannica. Un violino solitario suona una musica malinconica. Siamo nel pieno della guerra per l'indipendenza delle colonie americane. L'attesa è snervante.

Poi il colpo di scena. Dal bosco escono a tutta velocità tre automobili super sportive di casa Chrysler. Quella al centro sventola dal finestrino una gigantesca bandiera a stelle e strisce. L'auto è guidata da un generale in parrucca bianca, George Washington. Dietro le Dodge ci sono le truppe rivoluzionarie, i ribelli delle colonie, le milizie, i minutemen, i membri dei Tea Party. L'America che risorge, che conquista la libertà, che sconfigge il tiranno.

Il nuovo spot televisivo della Dodge Challenger, vettura sportiva e muscolosa di lungo corso, interpreta lo spirito politico del tempo, intercetta il sentimento antistatalista e sintonizza le antenne del marketing americano sul movimento di protesta liberista dei Tea Party, ovvero sulla grande novità politica, culturale e sociale degli ultimi tempi, nata nel pieno dell'era Obama per contrastare l'intervento dello stato e le politiche economiche di spesa.

L'America sa fare molto bene due cose, recita lo spot: cars and freedom, macchine e libertà. Sulla prima qualche dubbio c'è, visto che l'intera industria automobilistica americana si è sciolta come il burro, è stata rilevata dal governo federale e nel caso della Chrysler, il gruppo di cui fa parte il marchio Dodge, si è dovuta affidare a una società italiana che fino a qualche decennio fa era nota perché lasciava spesso in panne i suoi clienti (Fiat: Fix It Again, Tony, riparala ancora, Tony).

Fiat e Chrysler hanno abbandonato Obama, con questo omaggio ai suoi detrattori più arrabbiati? Sergio Marchionne ovviamente non commenta. Consapevoli che lo spot è stato pagato dai contribuenti, i suoi uomini precisano in pieno spirito da Tea Party di aver risparmiato per girare la pubblicità, grazie al riciclo dei costumi di un vecchio film di Mel Gibson.

La Chrysler deve far dimenticare ai contribuenti i quindici miliardi di dollari sborsati da Washington per salvare il gruppo e, forse, anche a nascondere la proprietà italiana del gruppo, in un momento in cui il fascino dello straniero non è politicamente di moda.

Il colpo sembra essere riuscito. I siti conservatori sostengono che il "Dodge Challenger - Freedom" sia lo spot pubblicitario dell'anno. I giornali ne parlano. Le tv via cavo lo trasmettono più volte.

I piani di rilancio della Chrysler elaborati dalla Fiat di Marchionne avevano convinto il presidente Obama. In cambio di tecnologia e know how, e senza sborsare un euro, il gruppo di Torino ha ricevuto il 20 per cento della società di Detroit e la gestione operativa del più piccolo dei tre colossi dell'auto made in Usa.

Un anno e mezzo dopo, i tempi sono cambiati. I giornali americani elogiano lo stile Marchionne, i primi risultati cominciano a dargli ragione, a breve sul mercato statunitense sbarcheranno le prime auto italiane, ma il sentimento antistatalista, liberista e spesso autarchico che ha preso piede negli Stati Uniti del secondo anno dell'era Obama ha convinto la Chrysler a un'operazione di marketing senza precedenti.

Il movimento antistatalista dei Tea Party ha scatenato la sua rabbia libertaria contro il presidente, contro gli aiuti alle banche di Wall Street, contro il salvataggio dell'industria automobilistica a spese di chi paga le tasse. Lo spot Dodge farà tendenza, scrive il Washington Post. È solo il primo di una serie. Altre grandi corporation cercheranno di interpretare l'umore anti-establishment che in questi mesi influenza l'America. Buone notizie per il business, meno per Obama.

Spot Challenger

______________________

Tra l' altro, la vettura fa parecchio cagare......

Edited by ROOSTERS99
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Alby, se puoi guarda un po' di siti americani. Io guardo CNN e CNBC tutti i giorni.

Questi del Tea Party sono degli zotici da far rabbrividire, non capisco come tu potr...ah no, ora vedo il nesso.

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Alby, se puoi guarda un po' di siti americani. Io guardo CNN e CNBC tutti i giorni.

Questi del Tea Party sono degli zotici da far rabbrividire, non capisco come tu potr...ah no, ora vedo il nesso.

se non sapessi che sei un bravo ragazzo e che fai riferimento al mio sostegno alle tesi liberali in economia, penserei che mi stai dando dello zotico... :D

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Si era poco chiaro: io penso veramente che tu sia un finissimo pensatore, senza scherzi.

Pero' sei attratto da un certo genere di buzzurrame per motivi che non capisco a pieno.

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Si era poco chiaro: io penso veramente che tu sia un finissimo pensatore, senza scherzi.

Pero' sei attratto da un certo genere di buzzurrame per motivi che non capisco a pieno.

il fascino della wilderness... :D :D

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Molto ,molto interessante...

Ed anche :

Elkann: vogliamo fare la nostra parte. Sacconi: decisione significativa per tutti

C’è l’accordo, la Panda va a Pomigliano

Vertice Fiat con Cisl e Uil, poi l’annuncio: il nostro piano andrà avanti

ROMA—Fiat produrrà la futura Panda a Pomigliano. Il gruppo torinese ieri, dopo il referendum sull’intesa che ha realizzato il 62% dei consensi tra i lavoratori, ha rotto gli indugi confermando l’accordo del 15 giugno scorso con Fim, Uil, Fismic e Ugl. Alla riunione attuativa dell’intesa, a Torino, erano presenti l’amministratore delegato, Sergio Marchionne, i segretari di Cisl e Uil, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti e i segretari di categoria. Non c’era invece il segretario della Cgil, Guglielmo Epifani (né tantomeno la Fiom che l’accordo non l’ha firmato), che ha giudicato «sbagliato» da parte della Fiat «scegliersi gli interlocutori al semplice scopo di farsi dare ragione». E ha affermato che tale atteggiamento «apre un problema formale nei rapporti fra Cgil e Fiat». «La decisione di procedere con gli investimenti programmati (700 milioni per Pomigliano, ndr) — ha detto il presidente Fiat, John Elkann — è un importante segnale di fiducia. Significa che crediamo nell’Italia e intendiamo fare fino in fondo la nostra parte. Molte cose stanno cambiando intorno a noi—ha proseguito — e oggi può essere l’inizio di una fase completamente diversa: il successo dipenderà da quanto ciascuno saprà essere protagonista di questo cambiamento».

Proprio a questo proposito Marchionne ha inviato a tutti i dipendenti dell’azienda una lettera in cui chiede a tutti di «accettare la sfida con il resto del mondo». Marchionne avrebbe esordito nell’incontro con i sindacati lamentando «un vuoto» della politica e descrivendo maggioranza e opposizione perse dietro a tutt’altri temi. Ma per il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, l’intesa di ieri è «decisione altamente significativa per l’interesse nazionale e per quello in particolare del Mezzogiorno» anche perché «per la prima volta frutto dell’autonoma capacità delle parti sociali». Secondo Luigi Angeletti, «la Fiom ha sbagliato a non firmare perché l’intesa per la prima volta riporta una produzione in Italia, al Sud». Riferisce Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, che «Marchionne ha confessato durante l'incontro di essere stato molto combattuto in questi giorni» circa la decisione da prendere su Pomigliano. Da questo momento in poi, recita il comunicato Fiat sull’intesa, le parti «s’impegneranno per la sua applicazione con modalità che possano assicurare tutte le condizioni d i governabilità dello stabilimento ». Un riferimento forse rivolto all’ipotesi di costituire una newco, una nuova società che riassuma i lavoratori disposti a attuare l’intesa. Ipotesi che dovrebbe realizzarsi già nei prossimi 15 giorni.

Antonella Baccaro

10 luglio 2010

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Direi che i giochi sono fatti.

Ed anche che se pure 'sta volta si ricominciasse con fancazzismo, assenteismo e tutti i mali endemici di laggiù, sarebbe davero la fine...

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  • 2 weeks later...
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Giorgio Bocca sull'Espresso

Questo Marchionne pare Silvio

di Giorgio Bocca

Come Berlusconi, il capo del Lingotto è convinto che il potere debba avere mano libera. Ed entrambi sembrano stupiti quando scoprono che i sottoposti non gradiscano

(22 luglio 2010) MarchionneL'idea che il potere, in un'impresa come in uno Stato, debba avere mano libera sui dipendenti e sui cittadini è di quelle dure a morire. Il manager della Fiat Marchionne in questo è simile al capo del governo Berlusconi, entrambi stupiti e quasi delusi che i lavoratori sottoposti non capiscano, non gradiscano il ricatto del capitalismo globale: o mangiate questa minestra o saltate dalla finestra.

Appartiene alla filosofia del potere la convinzione che la legge del più forte, nel caso del mercato globale, sia anche la più giusta. Ma è un'idea di comodo, cara a chi sta al potere, smentita dalla storia, cioè dalla lotta di classe e dal progresso produttivo e sociale: se l'automazione è arrivata nelle fabbriche rivoluzionando e migliorando il modo di produrre lo si deve anche alla lotta di classe, alle rivendicazioni operaie. Marchionne è certamente un manager intelligente come lo fu prima di lui Cesare Romiti, e magari i toni ricattatori e autoritari possono servire nel tempo breve, ma non alla creazione di una durevole crescita civile.

Non sembra il caso di ricorrere di continuo nei rapporti di lavoro alle superiori, indiscutibili esigenze del mercato globale, cioè della facoltà che il capitale scambia per un suo inalienabile diritto: trasferire la produzione dove più gli comoda.

È una pretesa inaccettabile da un paese civile: non si può compiere la prima accumulazione del capitale, la prima crescita produttiva e tecnica usando le risorse umane locali e poi trasferirsi dove al capitale conviene.

Soprattutto in paesi come il nostro dove la formazione di una società industriale è avvenuta anche grazie ai privilegi e alle discipline autoritarie, anche grazie ai riarmi e ai bagni di sangue delle guerre mondiali.

Come Cesare Romiti, come altri manager e imprenditori, Marchionne è convinto che la crescita economica di un paese sia la stessa cosa della sua crescita civile e che essa sia possibile solo se si rispettano le regole fondamentali che legano il lavoro al salario e che rifiutano come utopie suicide quelle sessantottesche del più salario e meno lavoro. Ma questo rispetto delle regole non può essere una prerogativa dell'imprenditore razionale da imporre ai dipendenti immaturi che preferiscono la partita della Nazionale di calcio al lavoro, non può essere la richiesta di rinunciare nel nome della produzione ai diritti conquistati con duri sacrifici.

Anche il capitale, anche il potere capitalistico inseguono utopie come quella che sia possibile e augurabile abolire la lotta di classe. Non è così, sia che i padroni siano liberali, sia che siano comunisti come la Cina, dove i grandi balzi produttivi maoisti stanno finendo secondo logica nella ripresa degli scioperi e nelle lotte per i diritti umani.

Ha detto Marchionne: "Stiamo facendo discussioni su principi e ideologie che ormai non hanno più corrispondenza nella realtà. Parliamo di storie vecchie di trenta o quarant'anni, stiamo a parlare del padrone contro il lavoratore. Sono cose che non esistono più".

Davvero? Forse il Ceo della Fiat si sbaglia o si illude. I padroni esistono ancora, come i lavoratori che dai padroni dipendono. E per governarli occorre anche modestia, pazienza e sapersi mettere, come usa dire, nei loro panni.

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A parte qualche chiaro scivolamento nella demagogia che e' del personaggio, qualche concetto ben espresso c'e' a mio avviso. Soprattutto nella parte relativa al trasferimento degli impianti.

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  • 3 months later...

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