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Allarme clima.......


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9 marzo 2009

Il presidente dell'Ue alla conferenza sul clima di New York

"Il global warming è lo strumento del potere"

Parla Vaclav Klaus: "Gli ambientalisti non vogliono cambiare il clima, vogliono controllarci"

“Global warming: è mai stata una vera crisi?” non è il titolo di uno sproloquio negazionista a proposito del riscaldamento globale ma la domanda seria che si stanno ponendo a New York i partecipanti alla conferenza sul clima organizzata dall’Heartland Institute. In settecento hanno assistito all’incontro di apertura di ieri sera, presieduto dal presidente della Repubblica Ceca, Vaclav Klaus, che ha arringato la folla con argomenti che svelano il fenomeno del global warming nella sua natura profonda di strumento di potere. Klaus ha parlato a lungo degli scienziati benpensanti che praticano l’arte dell’allarmismo: “Non sono interessati alla temperatura – ha spiegato il presidente ceco – all’anidride carbonica, a mettere in concorrenza ipotesi scientifiche e a tentare di testarle, nemmeno interessa loro della libertà o del mercato. Sono interessati solo agli affari, al profitto ottenuto con l’aiuto dei politici”.

Il presidente di turno dell’Unione Europea ha messo sotto torchio la retorica algorizzante che vende apocalissi climatiche un tanto al chilo e ha criticato l’impostazione creativa e antiscientifica del problema climatico. Gli allarmisti “non sono in grado di spiegare perché la temperature globale è cresciuta fra il 1918 e il 1940, è decresciuta fra il 1940 e il 1976, è cresciuta di nuovo fra il 1976 e il 1998 ed è scesa dal 1998 ad oggi; tutto questo indipendentemente dalle emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera”. E ha concluso con logica ferrea: “E’ evidente che gli ambientalisti non vogliono cambiare il clima. Vogliono cambiare il nostro comportamento, vogliono controllarci e manipolarci”. Per via della sua posizione di guardiano solitario contro gli attacchi del climatologo collettivo, Klaus ha paragonato, con punte d’amarezza e compiacimento, la battaglia per la verità sul clima alla “frustrazione che sentivo nell’era comunista”.

I lavori del convegno sul riscaldamento globale proseguiranno fino a martedì 10 marzo e fra gli ottanta relatori spiccano il fisico ed ex astronauta Jack Schmitt; il meteorologo di fama mondiale William Gray e Fred Singer, fisico dell’atmosfera. Tutti scienziati che per una elementare questione di metodo non se la sentono di accettare senza filtro i postulati della corrente di maggioranza. Niente a che vedere con la schiera di lobbisti prezzolati e volgari adoratori del dio petrolio di cui parlano molti giornali perbene, primo fra tutti l’inglese The Guardian.

Lunedì 16 marzo il presidente ceco Vaclav Klaus è in Italia, e terrà il "Discorso Bruno Leoni 2009". La sua conferenza, "Cosa è in pericolo: il clima o la libertà?" sarà nella sala Tiepolo di Palazzo Clerici, in via Clerici 5 a Milano. Per informazioni vai sul sito dell'Istituto Bruno Leoni, clicca qui.

di Mattia Ferraresi

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  • 5 weeks later...
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8 aprile 2009 - ore 20:11

Basta convincerli che sia universalmente accettata

Qualche giorno fa è stata pubblicata questa ricerca fatta su 2000 americani:

il 74 per cento di loro è sicuro che il global warming sta accadendo;

il 57 per cento è convinto che sia dovuto all'attività antropica

il 32 per cento pensa sia dovuto a cause naturali

La maggioranza è disposta a spendere di tasca propria per fermare il riscaldamento globale. Ma soprattutto, secondo il grafico qua sotto, sull'argomento l'82 per cento degli intervistati si fida degli scienziati, il 66 per cento delle associazioni ambientaliste e il 58 per cento di Al Gore.

Ora, magari dopo esservi letti tutto il sondaggio, leggete cosa scriveva Schopenauer in "Die Kunst, Recht zu Behalten":

"Non c'è alcuna opinione, per quanto assurda, che gli uomini non abbiano esitato a far propria, non appena si è arrivati a convincerli che è universalmente accettata".

di Piero Vietti

Edited by ROOSTERS99
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15 aprile 2009

Robe da Maddox

E' morto il direttore di Nature, giornalista nemico del catastrofismo

All’età di 83 anni, è scomparso John Maddox, due volte direttore di Nature – dal 1966 al 1973 e dal 1980 al 1995 – e principe indiscusso della divulgazione scientifica negli ultimi decenni.

Maddox si è sempre distinto per l’ampiezza dei suoi orizzonti intellettuali e, al tempo stesso, per la consapevolezza che comunicare la scienza al pubblico laico è almeno altrettanto importante che garantirne il progresso. La scienza non può procedere, se si avvita su se stessa, e non può convincere, se non si sforza di parlare la lingua della gente comune. Da direttore, ha compiuto diverse rivoluzioni: ha aperto per la prima volta un ufficio di Nature a Washington, cogliendo il dinamismo della ricerca americana, e ha accolto sulle sue pagine visioni eterodosse, per esempio sull’omeopatia. Ma, soprattutto, Sir John ha vissuto profondamente la sua missione di giornalista scientifico coltivando quelli che per lui erano quasi due comandamenti: il dubbio verso le visioni apocalittiche e la fiducia nella razionalità umana.

“John non ha mai perso il suo approccio giornalistico alla scienza – ha detto Michael Barnard, numero due della casa editrice MacMillan, che per quasi 30 anni ha lavorato al suo fianco – e mi è sempre parso che gli uffici di Nature, quando lui ne era direttore, avevano qualcosa di simile a quelli di un quotidiano”. Per la forza delle sue convinzioni, Maddox è stato protagonista di diverse polemiche con gli atteggiamenti fideistici e catastrofisti.

A metà anni Settanta, il tema di scontro era la popolazione e la crescita demografica. Mentre l’ecologismo radicale muoveva i suoi primi passi e si raccoglieva attorno alla paura della sovrappopolazione, Maddox dava voce all’ottimismo. Scriveva nel 1972: “sebbene queste profezie [su crescita demografica, inquinamento, esaurimento delle risorse, eccetera] abbiano un qualche fondamento scientifico, sono in verità pseudoscienza. L’errore più comune è supporre che le cose andranno sempre per il peggio. E nella misura in cui si fondano su ipotesi relative al comportamento umano, ignorano il modo in cui le istituzioni sociali e le aspirazioni umane possono contribuire a risolvere i problemi più complessi”. Quarant’anni dopo, la polemica continua.

E Maddox ha continuato fino all’ultimo a osteggiare i profeti di sventura. Non solo sul fronte della demografia, ma anche su altri temi, a partire dal cataclisma più gettonato del momento, cioè il riscaldamento globale. La discussione climatica era, per lui, una sorta di jihad, più che un dibattito radicato nella scienza. “L’Ipcc – disse nel 2005 – è monolitico e compiacente, ed è probabile che esso stia esagerando rispetto alla velocità dei mutamenti”. Un uomo di scienza deve essere scettico; un uomo di comunicazione, deve parlar chiaro. Maddox sapeva fare entrambe le cose, per rubare le parole a Barnard, “con fascino ed entusiasmo”.

di Carlo Stagnaro

_____________________

RIP. :rolleyes:

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  • 2 weeks later...

Catastrifismo ed epidemie/pandemie; un bell' articolo sull' H1N1

29 aprile 2009

Nessuna spagnola in arrivo, è più o meno lo stesso virus della Sars che ogni tre anni cerca un posto nel mondo globale

Credo che qualcosa come svariati milioni di dosi di farmaci antivirali siano stoccati da qualche parte – Ministero, Istituto Superiore di Sanità, chissà – già dai tempi dell’allarme della Sars (Severe Acute Respiratory Sindrome, ovvero Sindrome Respiratoria Acuta Grave), vale a dire dal 2003 quando, dopo essere comparsa in Cina alla fine del 2002, la malattia infettiva arrivò per un verso in Vietnam e Hong Kong e per l’altro a Toronto, in Canada, dove fu prontamente circoscritta. Secondo l’Oms il virus della Sars nel periodo 1° novembre 2002-31 luglio 2003 avrebbe infettato 8.098 persone, e causato la morte di 774.

Se si escludono le aree d’insorgenza della malattia la Sars non si diffuse da altre parti, se non molto sporadicamente e senza conseguenze, e il tutto si risolse in una bolla di sapone, non senza prima aver dato luogo a un imponente commercio di farmaci antivirali dei quali peraltro non si conosceva in modo soddisfacente l’efficacia. Ricordo la Sars perché l’idea di utilizzare ciò che venne acquistato e stoccato allora in Italia potrebbe, secondo un’ipotesi che viene ventilata apertamente, essere oggi riciclato semmai di questo nuovo allarme riguardante l’influenza suina dovesse presentarsi in Italia qualche traccia rispetto a quelle al momento inesistenti. Possibilità remota.

Siamo in presenza di una nuova, periodica ormai, ondata di una influenza “non umana” dovuta a qualche virus che, passando da animale ad animale e da ambiente ad ambiente, finisce per trovare in qualche area del mondo condizioni che interferiscono con la sua struttura genetica così da consentirle il famoso “salto di specie”, che può arrivare alla “specie umana”. Anche questo dell’influenza suina appare come un virus tutto sommato noto, una variazione sul tema dell’aviaria, un ceppo mutato con la facilità con cui mutano i virus, e segnatamente quelli dei volatili. Volatili che rappresentano il grande serbatoio virale, probabilmente anche in correlazione con le sempre più grandi concentrazioni di uccelli e animali negli allevamenti intensivi.

Abbiamo sentito che il virus H1N1 dell’influenza suina si diffonde soprattutto attraverso contatti ravvicinati, e più facilmente ancora mediante le goccioline prodotte dalla tosse o dagli starnuti delle persone infette. E che si propaga anchae quando una persona tocca una superficie o un oggetto contaminato con goccioline infette e quindi porta le mani alla bocca, sul naso o sugli occhi. Non baciarsi, dunque, e magari neppure stringersi le mani. Anzi tra le misure da adottare per prevenire la diffusione di questa influenza suina, ricompare quella di lavarsi frequentemente le mani con acqua e sapone ed evitare di portare le mani non pulite a contatto di bocca, naso e occhi. Non è cambiato nulla. Cose risapute ben prima della Sars e dell’Aviaria. Il perché è semplice, le differenze tra Sars, Aviaria e influenza suina sono minime. Si tratta di variazioni su uno stesso tema di fondo: i virus si modificano, si trasformano così da “saltare” da una specie d’elezione a un’altra, a volte arrivando all’uomo. Sono a tal punto interscambiabili, anzi, che non soltanto l’agente eziologico è pressoché lo stesso ma i sintomi attraverso i quali si manifestano queste sindromi sono uguali e a loro volta analoghi ai sintomi delle comuni influenze stagionali.

Così si assiste a una sorta di curioso avvicendamento: scompare la Sars e arriva l’influenza dei polli, scompare l’influenza dei polli ed è ora la volta dell’influenza suina. Anche il tempo di avvicendamento sembra essersi stabilizzato, ma riducendosi alquanto: circa un triennio. Una fiammata epidemica, tre anni di silenzio, una nuova fiammata epidemica – chiamata con tutt’altro nome ma molto simile nel modo di presentarsi, negli effetti, nella letalità, nelle stesse misure di contrasto, a ciò che ha sgombrato il campo – e poi ancora tre anni di silenzio. Il tempo di passaggio da un’ondata epidemica all’altra di origine virale si è alquanto ridotto, dicevo, rispetto al passato. E questo è un dato. Difficile, straordinariamente difficile, invece, con i sistemi di sorveglianza e le misure di prevenzione e profilassi esistenti oggigiorno in molte parti del mondo, e le agenzie sanitarie internazionali in grado di mobilitarsi in tempi brevi, anche quando non ce n’è effettivo bisogno, che possa davvero manifestarsi una pandemia globale. Parlare di spagnola è del tutto fuori luogo, un’influenza come la spagnola che fece 18-20 milioni di morti non è concepibile nel mondo di oggi, anche se questo mondo è ben più interrelato e comunicante di quanto non fosse ieri.

Anzi, sembra che la ricorrenza di queste crisi sia proprio dovuta al motivo opposto, al fatto cioè che un virus, per quanto cambi e si trasformi, e salti fino alla specie umana, e insomma cerchi di potenziare al massimo il suo potere infettivo-diffusivo, non ce la fa a risultare davvero globale, a varcare i mari, a oltrepassare i monti, cosicché resta sostanzialmente confinato in un’area di mondo dove può essere circoscritto e ridotto senza gravi perdite (non si possono considerare gravi i 774 morti a livello mondiale provocati dalla Sars nel 2002-2003) all’impotenza. Con ciò, però, motivandolo, s’è possibile dir così, a ricercare ulteriori variazioni e modificazioni per riprovarci sotto altra forma. Proprio la nostra capacità di combattere i virus, in un’epoca nella quale essi non sono mai stati, grazie alla globalizzazione, agli scambi, alla crescita di coltivazioni e allevamenti intensivi, così favoriti, spinge le masse biologiche virali a cambiare e aggredire, cambiare e aggredire per sopravvivere. Giacché anch’esse a questo tendono, alla sopravvivenza.

di Roberto Volpi

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  • 2 months later...

E Tatanka disse :

Post di Tatanka 6-7-09

....e circa 12 ore dopo.....

Bloccata la linea ferroviaria PER Mortara

Un violento temporale su Milano

Black out nella zona sud-est della città

Senza elettricità 16mila utenti. De Corato: ripristino entro 4-5 ore. Traffico in tilt, chiusi diversi sottopassi

MIILANO - Un violento temporale si è abbattuto nelle prime ore del mattino su Milano. La pioggia intensa ha causato numerosi allagamenti e il centralino dei vigili del fuoco è stato preso d'assalto. Grossi disagi al traffico, stazioni del metrò allagate e treni rallentati. Il sottopasso della stazione Garibaldi Fs è rimasto per metà inagibile, e anche i negozi collocati nel mezzanino hanno dovuto chiudere per riparare ai danni dell'allagamento. Problemi anche per accedere ai treni del passante ferroviario. Soltanto intorno alle 10, con la fine del nubifragio, la situazione ha cominciato a tornare alla normalità.

BLACK OUT - La parte sud-est della città e alcune zone del centro sono rimaste senza elettricità per l'allagamento delle centraline. In piazza Repubblica, vicino alla stazione Centrale, sono rimasti bloccati i tram per mancanza di corrente sulla linea. Il black out ha colpito circa 16mila utenti. Il vicesindaco Riccardo De Corato ha detto che il ripristino avverrà nella tarda mattinata o nel primo pomeriggio: «Occorreranno quattro o cinque ore». Allagati anche gli ospedali San Raffaele, San Paolo, Santa Rita e San Giuseppe.

CHIUSI SOTTOPASSI - Chiusi per alcune ore gli svincoli di Como Sud sull'autostrada A9 e di via Mecenate, sulla tangenziale Est (direzione nord). Alle 11 lo svincolo di Como è stato riaperto, mentre restano ancora chiusi quelli di via Mecenate e di Binasco verso Milano sulla tangenziale Est. Chiusi anche diversi importanti sottopassi per allagamento: sotto quello di via Pompeo Leoni sono rimaste bloccate due auto. Bloccata via Noale in direzione della tangenziale. Via Raimberti non è percorribile a causa della caduta di un cornicione e sono caduti alberi in via Battistoli Sassi e in via Dateo. Dichiarato lo stato di allarme esondazione per i fiumi Seveso e Lambro, che comunque non hanno per il momento rotto gli argini.

TRENI E AEREI - Sempre per il maltempo è rimasta bloccata la linea ferroviaria Milano-Mortara; ritardi anche su tutte le altre linee. Difficoltà anche alle Ferrovie Nord: per allagamenti al Passante alla stazione di Rogoredo i treni sono stati deviati a Bovisa e, in alcuni casi, a Cadorna. Fra Cadorna e Bovisa la circolazione è stata limitata a due binari anziché quattro e i treni con tragitto comune sono stati accorpati insieme. Disagi anche all'aeroporto di Linate: si sono registrati ritardi fra i 30 e i 50 minuti, ma nessun dirottamento dei voli ad altri scali.

CHIAMATE ALLE AMBULANZE - Dalla mezzanotte alle dieci circa della mattina il 118 ha ricevuto 800 richieste telefoniche di aiuto. Un numero «impressionante», spiega l'Agenzia regionale per l'emergenza urgenza (Areu) della Lombardia. I mezzi di soccorso «sono usciti con difficoltà, in supporto anche ai vigili del fuoco. La situazione perdurava ancora a metà mattina a causa delle strade bloccate, che per le ambulanze rappresentano una grossa difficoltà». Nonostante gli impedimenti, comunque, la macchina dei soccorsi ha funzionato a dovere.

07 luglio 2009

________________________________________________________

Provincia

Forti temporali nella notte, strade allagate

Grossi problemi nella zona di via Peschiera a Varese e ai sottopassi di via Tasso e via XX Settembre a Busto. Difficoltà in galleria sulla 336, fulmine su una casa a Somma Lombardo. In tilt le comunicazioni del Comune di Varese

Il violento temporale di questa notte, che si è tradotto questa mattina in acquazzone, ha creato molte difficoltà alla circolazione della mattina di oggi, martedì 7 luglio 2009, specialmente nella zona che da Varese va verso la brughiera.

Problemi segnalati dalla Polizia Stradale sulla superstrada 336 per Malpensa, soprattutto ai chilometri 0 e 5, sotto i ponti.

Nella zona di Busto Arsizio la nottata è stata difficile per i Vigili del Fuoco.

I forti temporali che hanno scandito le prime ore del mattino hanno tenuto gli uomini del comando di Busto-Gallarate in allerta. Diversi gli interventi per allagamenti causati dal sistema fognario in tilt. A Busto Arsizio si è allagato il sottopasso di via Torquato Tasso (foto in alto), dove un'auto è rimasta bloccata mentre altri episodi di allagamento si sono registrati a Marnate e a Samarate. Non ci sono state conseguenze per le persone mentre due auto sono rimaste bloccate con l'acqua che è arrivata al tetto. Il problema dei sottopassi di Busto è annoso e non ha ancora trovato una soluzione. Secondo la Protezione Civile, intervenuta sul posto per pompare l'acqua, le tubature che raccolgono l'acqua piovana sono troppo piccole per temporali di questa intensità e la conseguenza è, dunque, l'allagamento.La riapertura dei sottopassi di via Tasso e via XX Settembre è prevista dopo le 11 di stamane.

Oberati dalle richieste di soccorso i vigili del fuoco di Varese, specialmente nella zona di via Peschiera e via Ca' Bassa. Tagli piante e infiltrazioni di acqua nelle case sono stati gli interventi più richiesti. In tilt le anche comunicazioni nel municipio del capoluogo: a causa del temporale, un black out ha colpito per tutta la mattina telefoni e collegamenti internet.

Problemi anche a Somma Lombardo, dove un fulmine ha colpito un'abitazione incendiando una mansarda; nelle zone circostanti i Vigili del Fuoco sono intervenuti per prosciugare alcuni locali allagati e tagliare alcune piante cadute.

Meno preoccupante invece la situazione nel Luinese dove non si segnalano problemi particolari. Una forte grandinata ha comunque colpito la zona del Medio Verbano intorno alle 5 del mattino.

Nel corso della mattina, la situazione è tornata lentamente alla normalità anche nelle zone più colpite.

7/07/2009

redazione@varesenews.it

GRAZIE, TATANKA !! :P:D

:lol:

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  • 2 weeks later...

"NON CAPISCO DI COSA VI LAMENTIATE..."

Proseguiamo la raccolta dei danni causati, per poi presentarGLI :angry::D il conto, al momento opportuno .......

Mercoledì 15-7-2009 :

Varese

La città travolta dal nubifragio

Strade e ferrovie interrotte per l’intera giornata. Attività e case allagate. I soccorsi. La conta dei danni. “Calamità naturale”

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Varese

Tribunale, piove nei corridoi

La furia del nubifragio ripropone i problemi di tenuta di una struttura nuova ma con evidenti errori nelle rifiniture

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Varese

Anche il PalaWhirlpool finisce sott'acqua

La pioggia ha divelto una porta di metallo, rotto diversi vetri e in alcuni locali è salita fino a un metro e 20 centimetri. Bagnato anche il parquet: si valutano i danni

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Induno Olona

Allagato lo storico stabilimento delle ex industrie Poretti

Il grave nubifragio che ha colpito Varese e dintorni ha causato pesanti danni anche allo stabilimento della Carlsberg Italia di Induno Olona recentemente rinnovato

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Varese

Il "Conti" completamente allagato: "Sembrava l'apocalisse"

Lo storico centro fitness sommerso dalla furia del Vellone. Attrezzi, quadri elettrici e parcheggio sotto l'acqua. Il racconto di Leonardo Conti, titolare della palestra

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Varese

Il fiume entra in casa, l'Olona devasta i Molini Grassi

Sassi e pietre sfondano gli argini, case isolate, macchine trascinate, gente che si rifugia ai piani alti. Tutto in 15 minuti di paura

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Valle Olona

Attimi di paura: i vigili del fuoco salvano dieci persone

La furia del fiume Olona ha travolto case, capannoni e automobili tra via Peschiera e via Merano

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Varese

"L'ho salvata dalle acque in via Peschiera"

Il racconto di Marco Luciano, informatico impiegato a Mendrisio, che ha aiutato una signora ad uscire dalla sua auto bloccata in via Peschiera dalla furia dell'Olona

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Varese

Alluvione, il sindaco: "Chiamate in Comune per i danni; li presenteremo direttamente al Sig. Tatanka"

Alle 15 la lista degli edifici danneggiati sarà esaminata durante una riunione in comune. Ci sono diversi palazzi da mettere in sicurezza. Il portasfiga e i suoi pannelli, stavolta pagheranno.

.............

GRAZIE TATANKA !! :P

Edited by ROOSTERS99
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  • 1 month later...

Interssante articolo che evidenzia quanto siano costati ai contribuenti tedeschi i pannelli installati dai tatanka teuonici.... :lol::lol:

......e , a proposito, dove è sparito il Tat ????

20-8-2009

ENERGIA SOLARE, INDUSTRIA TEDESCA IN BANCAROTTA

di Riccardo Cascioli

L’industria tedesca dell’energia solare, la più importante in Europa, sta andando in bancarotta. E’ quanto emerge dopo la presentazione dei bilanci del primo semestre del 2009. La Q-Cells, secondo produttore mondiale di celle solari, ha registrato una perdita di 696,9 milioni di euro e, di conseguenza, ha annunciato il taglio di 500 posti di lavoro. Da parte sua la Ersol (gruppo Bosch) ha registrato nei primi sei mesi dell’anno una perdita di 15,8 milioni di euro, e la compagnia ha già messo in atto un programma di riduzione delle ore lavorative per metà del personale allo scopo di evitare – almeno per ora - i licenziamenti.

La profonda crisi trova conferma sui mercati finanziari, visto che le azioni di Q-Cell e Solar World da maggio hanno perso il 30% del loro valore.

La notizia coglie di sorpresa quanti da tempo vanno scommettendo sui posti di lavoro “verdi” come risposta alla crisi economica, ma secondo gli analisti per l’industria tedesca del settore le cose promettono di andare anche peggio in futuro: “La maggior parte dei produttori di celle e pannelli solari tedeschi non sopravviverà”, ha dichiarato al Financial Times Deutschland l’analista dell’UBS Mark Krumpel. Una prospettiva poco allegra visto che la pur giovane industria solare tedesca contava 70mila lavoratori direttamente o indirettamente impiegati.

Il paradosso è che la Germania è il mercato più promettente per l’industria solare, quello che registra una crescita più rapida, al punto che quest’anno dovrebbe superare la Spagna per quantità di potenza installata e diventare così il mercato più grosso al mondo. Ma a beneficiare del mercato tedesco sono quasi esclusivamente le società asiatiche, che immettono sul mercato gli stessi prodotti a prezzi molto più competitivi. A farla da padroni sono soprattutto i marchi cinesi, come Suntech Power, Yingli Solar e Trina Solar: in appena 2 anni la quota di mercato tedesco occupata dalle società cinesi è passata da praticamente nulla al 30%. Ma anche Taiwan, Corea del Sud e India si stanno facendo largo.

Gli analisti sostengono che tale situazione si deve fondamentalmente alla politica commerciale aggressiva della Cina, che sovvenziona l’industria solare – per non parlare del minore costo del lavoro - ed è in grado di presentare così prezzi mediamente inferiori di un terzo a quello dei produttori tedeschi.

Ma probabilmente non è questa l’unica causa, visto che anche la Germania finanzia pesantemente questa industria al punto che il parlamento ha recentemente deciso di tagliare dell’8% per il 2009 e 2010 le sovvenzioni statali. Un fattore potrebbe essere anche l’eccessivo ottimismo sul futuro del solare: l’associazione tedesca che raccoglie le industrie del settore (BSW) stimava alla fine del 2008 che l’energia fotovoltaica coprirà nel 2050 il 25% dell’intero fabbisogno nazionale contro l’1% attuale. Una stima che appare assolutamente irrealistica – a meno di un collasso generale del’industria con relativo crollo dei consumi elettrici – ma tale aspettativa ha certamente portato non solo alla moltiplicazione di compagnie nel settore ma anche a una forte sovracapacità produttiva che si traduce oggi in costi di gestione enormi.

Che peraltro ricadono pesantemente su tutti i consumatori tedeschi: soltanto i pannelli installati nel 2009 (pari allo 0,3% del fabbisogno nazionale, praticamente nulla) costeranno ai consumatori qualcosa come 10 miliardi di euro per i prossimi 20 anni.

Ce n’è d’avanzo per farsi qualche domanda sulle tanto decantate prospettive dell’economia “verde”.

Edited by ROOSTERS99
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Ottima in questo senso la discussione a bordo piscina questa domenica con un ingegnere senese che opera per l'appunto nel settore, elettronica di potenza asservita all'eolico o al fotovoltaico.

Cosa dire, Roo, ovviamente il settore puo' essere considerato in espansione tuttavia noto queste debolezze strutturali

a. Ancora pesantemente sovvenzionato dal pubblico.

b. Poco consolidato, tante aziende piccole, non in grado di soddisfare una domanda alta

c. Poco protetto intellettualmente (questo stando al discorso fatto con il mio nuovo amico)

d. Poco legato al marchio? Come direbbe Lapo poco "brandizzato"

Questi punti fanno di questo business un business a rischio "commodity" ovvero a rischio di diventare un acquisto fatto solo in base a costo, qualita'. Ed in questo essere Cinesi aiuta.

Quello che credo accadra' e' che sorgeranno dei gruppi piu' grandi, che tenteranno di affermare una sorta di superiorita' tecnologica. Se ci riusciranno bene, se non ci riusciranno decentreranno tutti i pannelli in Cina e si limiteranno a commercializzarli.

Comunque, spiace vedere l'Italia priva di una opinione sul tema. Questo in parte si deve al governo, in parte al fatto che noi dobbiamo ancora risolvere il nostro complesso del nucleare prima di passare ad altro.

Perche' siamo italiani, quindi del tutto incapaci di prendere decisioni in maniera apolitica.

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Quello che credo accadra' e' che sorgeranno dei gruppi piu' grandi, che tenteranno di affermare una sorta di superiorita' tecnologica. Se ci riusciranno bene, se non ci riusciranno decentreranno tutti i pannelli in Cina e si limiteranno a commercializzarli.

Mi hanno detto che Bosch, almeno in parte, già faccia così...

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Io, in fondo in fondo, continuo a spspettare che ci sia chi si mette fortemente di traverso a certa tecnologia (per tutelare i propri interessi...) e dalll' altra parte chi faccia pura demagogia/terrorismo ambientale al fine di procacciarsi una elezione in qualche parlamento che lo sistemi a vita....

Manca una seria volontà politico/scientifica/tecnologica di andare a fondo.....

Ma Whrlpool o un' azienda simile, non si sogna nemmeno di "buttarsi" in questo campo ?

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...

c. Poco protetto intellettualmente (questo stando al discorso fatto con il mio nuovo amico)

...

A cosa ti riferisci?

PS:Noto che la tua parlata si sta arricchendo di terminologie inglesi, tipiche del gergo commerciale ed economico dei manager rampanti... :g[1]:

Edited by Theus
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Teo: hai ragione.

Protetto intellettualmente in effetti in italiano non vuol dire niente. Quello che avevo in testa era definire un business che ha poca proprieta' intellettuale ovvero brevetti. PEr cui piu' facile da copiare.

Mi scuso.

@Roo: no Whr non ha alcuna intenzione di entrare in questo settore per tutti i motivi che ho esposto sopra ed anche per altri motivi, non ultimo quello che noi facciamo elettrodomestici.

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Tornando a bomba. Il mio unico contatto con il mondo del fotovoltaico è stato per conto del comune. Abbiamo fatto fare dei preventivi per poter dotare edifici pubblici di pannelli (scuole elementari, municipio e pozzi). La cifra era molto importante, il grosso problema è che con il contributo statale rientri dell'investimento in tempi attorno ai 10 anni, senza i tempi si dilatano. Non è così scontato che il nostro governo garantisca contributi per tutto questo tempo, il che rende l'investimento, per quanto nobile sia, meno praticabile. Dovendo inoltre tenere conto che la spesa corrente è un argomento che assilla molto le amministrazioni comunali, più che mai ora dopo i tagli ai trasferimenti statali.

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Protetto intellettualmente in effetti in italiano non vuol dire niente. Quello che avevo in testa era definire un business che ha poca proprieta' intellettuale ovvero brevetti. PEr cui piu' facile da copiare.

Più facile da copiare, o molto semplicemente, più "facile" tecnicamente, quindi privo di caratteristiche tecniche utilmente brevettabili?

E talmente poco redditizio, in termini di business, da non invogliare chicchessia a spendere soldi in ricerca, che è poi l'unico modo per avere qualcosa da brevettare?

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Teo: hai ragione.

Protetto intellettualmente in effetti in italiano non vuol dire niente. Quello che avevo in testa era definire un business che ha poca proprieta' intellettuale ovvero brevetti. PEr cui piu' facile da copiare.

Mi scuso.

@Roo: no Whr non ha alcuna intenzione di entrare in questo settore per tutti i motivi che ho esposto sopra ed anche per altri motivi, non ultimo quello che noi facciamo elettrodomestici.

Ok, citavo Whr come modello e dimensione aziendale......

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Sì, a me è venuta male la frase che sembra polemica.

Volevo dire che WHR ha una sua competenza (limitata) e punta esclusivamente ad eccellere nel "bianco". Poi aggiungo che la tipologia di commercio è veramente molto differente. Si passa da vendere alla "sciura Maria" a vendere a...Tatanka. Non credo siamo pronti per questo, nessuno credo lo sia.

Bosh ha una grande tradizione nella caldaistica per cui si trova in un buisness adiacente rispetto ai pannelli.

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Comunque la ricerca sulle tecnologie per sfruttare le fonti energetiche rinnovabili, e in special modo sui pannelli solari, è ancora agli albori.

Spazi per migliorare, e anche di molto, l'attuale tecnologia ce ne sono, certo devono scendere in campo dei veri e propri colossi, capaci di investire in ricerca

cifre di una certa rilevanza.

Un paio di mesi fa avevo letto un'articolo in cui si ipotizzava la realizzazione di pannelli solari di nuova generazione, basati sulle nanotecnologie.

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C'e' chi ritiene che non ci sia neanche mai andato. :angry:

Quello che non so e' se i costi dell'attuale sistema di pannelli siano relativamente alti per via della tecnologia che e' costosa o e' una questione di quantita', ovvero i pannelli sono costosi perche' non sono prodotti in volumi economicamente significativi.

L'intermediazione dei costruttori, in Italia notoriamente non una categoria illuminata in termini di serializzazione e standardizzazione, non aggiunge possibilita' ma le riduce.

Prevedo quindi la necessita' di un forte impulso governativo per rendere i rendimenti economici interessanti, ancorche' in maniera artificiosa ovvio.

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Ecco un articolo non recentissimo del prof. Battaglia : lui è forse un poco estremista, ma le sue tesi son quelle che mi paiono più condivisibili in materia di clima/energia/ecologia...

mercoledì 25 febbraio 2009

UN REGALO A DUE GENERAZIONI

di Franco Battaglia

Il ritorno italiano al nucleare sarà la cosa più importante che si sarà decisa in questo Paese negli ultimi 30 anni. Dobbiamo rendercene conto: la nostra civiltà è fondata sulla disponibilità di energia abbondante, economica e garantita secondo i nostri bisogni. E i nostri bisogni sono che essa deve essere erogata nel momento in cui viene richiesta e con la potenza richiesta. Non aver compreso quanto appena detto ha indotto la sbornia da eolico e fotovoltaico che il mondo, purtroppo, non ha ancora sbollito. Quando accadrà, sarà sempre tardi.

I combustibili fossili contribuiscono all’85% del fabbisogno d’energia primaria dell’umanità. Contribuiscono anche, nel mondo, al 66% del fabbisogno elettrico: per il resto, l’energia elettrica è prodotta da idro (17%) e nucleare (15%). Il restante 2% da geotermia e termovalorizzatori: come vedete, vento e fotovoltaico sono inesistenti (oddio, gli impianti - costosissimi - ci sono: sono solo inutili).

L’Italia è messa peggio del resto del mondo: i combustibili fossili soddisfano il 73% del nostro fabbisogno elettrico, l’idro il 10%, geotermia e rifiuti solidi urbani il 3%: anche in Italia, a dispetto dei colossali sperperi del precedente governo su eolico e fotovoltaico, questi sono quasi assenti. Se avete fatto le addizioni, rimane un 13% di fabbisogno: esso è coperto dal nucleare che importiamo dalla Francia. Insomma, nel mondo il nucleare è a +15% da noi, unici al mondo, a -13%. Non avete idea del danno economico che il Paese ha dovuto subire. Per farla breve: è da 20 anni che paghiamo alla Francia, ogni anno, l’equivalente di un reattore nucleare: come dire che un quarto del parco elettronucleare francese l’abbiamo pagato noi contribuenti italiani.

C’è però una ragione più profonda della necessità del ritorno al nucleare in Italia, ed è la stessa della necessità del suo potenziamento nel mondo: bisogna programmare una lenta e dolce uscita dall’economia del carbonio. Non, naturalmente, per via del riscaldamento globale - che è un colossale falso scientifico - ma perché la Terra non è piatta e infinita ma tonda e finita, e finiti sono petrolio, gas e carbone. La loro produzione, cominciata a zero nel passato, ha continuato ad aumentare finché, prima o poi, raggiungerà un picco massimo; che è stato anzi già raggiunto dal petrolio e il gas ci è vicino (il picco del carbone è ancora lontano, grazie alla sua maggiore abbondanza). Quel picco è un grave campanello d'allarme: da esso in poi la produzione della risorsa sarà inferiore alla domanda. O si corre ai ripari o saranno guai che non oso nemmeno immaginare.

I ripari non possono essere né eolico né fotovoltaico perché, per ragioni tecniche, queste tecnologie hanno una sola funzione: fanno evitare la combustione di combustibile convenzionale quando il sole brilla o il vento soffia. Quando il combustibile convenzionale sarà esaurito, non potranno far evitare la combustione di alcunché, e non avranno alcuna funzione. Qualcuno, con poca dimestichezza con la fisica, si illude coi pregi dell’accumulo della energia elettrica prodotta dal vento o dal fotovoltaico: mi spiace deludere, ma non è possibile, e alla prima occasione lo chiarirò.

L’unico riparo possibile è il nucleare: il buon Dio ci ha dato uranio e torio a sufficienza per alimentare il fabbisogno elettrico dell’umanità per oltre 10.000 anni, per cui la nostra civiltà, fondata sulla disponibilità di energia abbondante e garantita, avrebbe ancora lunga vita. Quella dei reattori nucleari è di 60 anni: installarli oggi, significa lasciare un bel regalo a ben due generazioni future. Se in Italia riusciremo a farlo, dovremmo esserne orgogliosi.

Edited by ROOSTERS99
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Ed ancora...

giovedì 08 gennaio 2009,

Io fisico controcorrente vi spiego il bluff del riscaldamento globale

di Franco Battaglia

Scrivere proprio oggi sulla colossale balla del riscaldamento globale è, come s'usa dire, come sparare sulla croce rossa; e, a dire il vero, non ne avrei tanta voglia. Anche perché, diciamolo con l'onestà scientifica di sempre, i freddi globali - e sottolineo globali - di questi giorni non sconfessano la balla più di quanto l'afa di luglio non confessi che esso balla non è. E anche perché il pianeta sta effettivamente attraversando una fase di riscaldamento globale: ciò che balla è - colossale, gigantesca balla - è che l'uomo abbia un qualche ruolo sul riscaldamento e, men che meno, sul clima. E anche perché, infine, è da 10 anni che ne scriviamo.

Faccio parte di un organismo internazionale, l'N-Ipcc (la N sta per «non-governativo») che ha valutato la stessa letteratura scientifica a disposizione del più famoso Ipcc, ma è giunto a conclusioni opposte, e ha pubblicato il rapporto «La Natura, non l'Uomo, governa il clima» (tradotto in 5 lingue, la versione italiana è pubblicata dall'editore 21mo Secolo). Il rapporto è stato inviato - assieme alla firma di oltre 650 scienziati da tutto il mondo - al Senato americano, per far ascoltare ai membri di quell'alto consesso, la voce del dissenso (o, visti i numeri, direi più correttamente, del consenso sul dissenso). Ciò che è importante, sul tema, è capire, una volta per tutte, perché col riscaldamento globale l'uomo non c’entra. Vi sono una mezza dozzina di indizi, a nessuno dei quali nessuno ha fornito spiegazione e che tutti insieme fanno una schiacciante prova.

1) Il pianeta è già stato più caldo di adesso: senza invocare tempi geologicamente lontani, lo è stato per molti secoli nel cosiddetto «periodo caldo olocenico» di 6000 anni fa, e per un paio di secoli nel «periodo caldo medievale» di 1000 anni fa.

2) L'attuale riscaldamento è cominciato nel 1700, quando erano l'industrializzazione assente e mezzo miliardo la popolazione mondiale, e ha continuato fino al 1940 quando erano l'industrializzazione quasi assente e la popolazione 1/3 della odierna.

3) La temperatura del pianeta è diminuita dal 1940 al 1975, tanto che a metà degli anni Settanta del secolo scorso era popolare un'isteria per il freddo paragonabile a quella odierna per il caldo; peccato, però, che furono, quelli, anni di boom industriale, demografico e di emissioni di gas-serra.

4) È dal 1998 che la temperatura del pianeta ha smesso di crescere e il 2008 sarà probabilmente dichiarato il più freddo degli ultimi 10 anni; ma dal 1998 le emissioni di gas-serra sono ininterrottamente aumentate.

5) Tutti i modelli matematici che attribuiscono ai gas-serra antropici il ruolo di governatori del clima prevedono che nella troposfera a 10 km al di sopra dell'equatore si dovrebbe osservare un riscaldamento triplo rispetto a quello che si osserva alla superficie terrestre; orbene, le misure (ripeto: misure, non chiacchiere) satellitari non rivelano, lassù, alcun aumentato riscaldamento, men che meno triplo, ma, piuttosto, un rinfrescamento.

Come si vede, quindi, l'attuale riscaldamento è occorso nei tempi e nei luoghi sbagliati rispetto alla congettura che lo vorrebbe d'origine antropica. L'ultimo indizio, poi, non è un indizio: nato come «prova regina» della teoria antropogenica del global warming esso si è evoluto in prova regina della sua inconsistenza. La parola chiave è «sensitività climatica», cioè l'aumento della temperatura conseguente a un raddoppio della concentrazione atmosferica di gas-serra; orbene, la sensitività climatica è di mezzo grado, il che significa che alla fine del 2100 potremmo aspettarci un contributo antropico alla temperatura della Terra di, forse, 0,2 gradi; contributo ben nascosto dalle molto più ampie variazioni naturali.

Mi piacerebbe che nessuno parlasse più di riscaldamento globale, anche perché comincio ad annoiarmi; ma più che un auspicio è, la mia, una pia illusione: quella del riscaldamento globale antropogenico è una fiorente industria, ben oliata dal denaro delle nostre tasse - una quantità fantasmagorica di denaro pubblico - diretto verso progetti tanto grandiosi quanto inutili, tipo: il fantasioso sequestro della CO2, la burla della realizzazione di parchi eolici, la truffa della realizzazione degli impianti fotovoltaici. Il tutto con la benedizione del Parlamento europeo; il quale, promuovendo la politica energetica suicida del cosiddetto 20-20-20, fondata sul falso scientifico di pretendere di governare il clima, sembra ansioso di dare il via ai lavori di scavo per la nostra fossa. Che qualcuno lo fermi.

Edited by ROOSTERS99
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Mamma mia Roo sei un fiume in piena...allora in azienda il sottoscritto segue il settore della Multiservizi mentre da circa 3/4 anni ci siamo "buttati" nel mercato delle energie alternative/rinnovabili; non me ne sono mai interessato ma proverò ad approfondire con qualche collega sulle potenzialità dei pannelli solari (che noi acquistiamo per esempio in India...) ecc.

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